Chapter 2.

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Chapter two.



Una settimana dopo, l'albero di pesco era diventato ufficialmente il mio posto tranquillo e non avevo perso occasione per rifugiarmi lì, appena ne avevo avuto la possibilità. Nessun altro occupava mai quello spazio isolato dal resto del giardino, forse non apprezzandone a pieno la magia. Guardai l'orologio sullo schermo del cellulare, alzandomi dall'erba con una mossa repentina. Ero in ritardo, ancora. Un sospiro stanco fuoriuscì dalle mie labbra mentre raccolsi freneticamente la mia roba, riponendola nello zaino. Quella veloce azione mi portò a qualche giorno prima, all'incontro con quel ragazzo dai capelli castani dal quale mi ero prontamente allontanata. Mi venne da sorridere, ripensando al suo modo di fare sfacciato e disinvolto, anche se probabilmente non avrei mai ammesso che mi aveva quasi provocato una risata mentre accendeva la sua sigaretta, sicuro di sé.

Non lo avevo più visto da quella mattina, né per i corridoi costantemente affollati, né in qualsiasi altro posto nel campus. Per un secondo pensai addirittura di averlo immaginato.
Il pensiero venne sostituito velocemente dalla consapevolezza di essere ancora una volta ad un passo dal ritrovarmi la porta della lezione di letteratura sbattuta in faccia. Ironia della sorte, era l'unico corso che mi interessava davvero e quella alla quale arrivavo sempre tardi. D'altronde, la mia intera vita sembrava uno scherzo, quindi prima o poi avrei dovuto farci il callo.
Accelerai il passo una volta arrivata nel corridoio che mi avrebbe condotta fino all'aula dove il professore ci stava aspettando, poggiato contro la scrivania con fare elegante ed altezzoso.

Gemetti di frustrazione nel notare che c'era più folla di quanta ne avessi prevista.
In maniera svogliata provai a tirare il cellulare fuori dalla tasca per accertarmi di avere a disposizione ancora qualche minuto prima restare chiusa fuori dalla classe.

Distratta nel controllare ancora una volta l'orario, colpii per sbaglio il petto di qualcuno, che prontamente mi afferrò, evitandomi così di perdere l'equilibrio. I miei capelli sferzarono l'aria quando il mio capo scattò nella sua direzione, soffermandomi a pensare a quanto saldamente le sue mani stessero stringendo le mie braccia, come se temesse che cadendo avrei potuto andare in mille pezzi. Scoprii un ragazzo con un sorriso amichevole che mi stava osservando con fare divertito oltre gli occhi luminosi, mentre le mie guance si tinsero di rosso a causa della mia sbadataggine. Le parole di scuse si fermarono in gola, quando riconobbi colui che mi stava ancora sorreggendo, senza permettere al suo sguardo di abbandonare il mio anche solo per un secondo.

Il ragazzo delle sigarette, la mia mente mi ricordò con prontezza.

"Dovresti stare decisamente più attenta quando cammini." Mi rimproverò, lasciando però che una risata abbandonasse le sue labbra, sorridendomi ancora.

"Avresti potuto schivarmi, se tu eri così vigile!" Parlai con calcolata freddezza, mentre l'irritazione cresceva man mano che la risata di quel tipo riecheggiava tra le mura.

"A dire il vero avevo proprio sperato che cadessi tra le mie braccia." Sussurrò, ammiccando e regalandomi un occhiolino. Solo allora notai che le sue mani stavano ancora stringendo le mie braccia e che nel farlo, mi teneva fastidiosamente vicina a lui.

"Io devo andare. Sono in ritardo." Dissi semplicemente, nonostante la mia mente avrebbe potuto elaborare mille diverse risposte. Più taglienti, ma sopratutto più cattive. Mi scostai da lui riprendendo a correre verso la mia meta. Ero assolutamente in ritardo. Maledizione.
Accidenti a me, alla mia sbadataggine e a quel ragazzo spavaldo ed egocentrico che piombava nella mia vita quando era meno opportuno.

"Aspetta!" Alzò la voce, facendomi voltare. "Dammi il tuo numero. Magari un giorno di questi sarai così fortunata da trovare un mio messaggio sul display." Mi rivolse un sorriso sghembo e provai l'impulso di prenderlo a schiaffi.
"Tu sei completamente fuori di testa." Lo guardai esterrefatta un paio di secondi, scrutandolo attentamente in viso. La sua espressione di sfida non accennò a scomparire neanche per un attimo ed io tentennai, fissando i miei occhi, ora truci, nei suoi leggermente arrossati. Scossi il capo e dopo avergli dato le spalle tornai a camminare.

Damaged (#Wattys2020)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora