Capitolo I - Inevitabile

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You gave up the fight

You left me behind  

[Within Temptation - Forgiven]


Fiocchi taglienti mi accarezzano, lievi sulle guance. Mi disperdo nella crudeltà della neve, gli occhi imbevuti del suo candore, di un bianco che sa di vertigine, vuoto come me. Trascino il mio corpo, un ammasso di nervi e sangue arido, prosciugato come un deserto. Sono pronto a scommettere che dentro di me non ci sia nessuno, solo ombre di me vibrano nascoste negli anfratti del mio stomaco. Mi stringo nel mantello scuro come per richiamarmi, liquefatto nel tempo della neve.

Mi piacerebbe morire in questo silenzio, congelato in un sonno fatale, giacere fra gli alberi muti, nella natura indifferente all'umanità. Sento le labbra tagliate dal vento, la lingua rovente succhia il sapore del sangue, il sapore della morte. Lascio che un rumore bianco mi assordi, sradicando i miei pensieri alla radice.

Accelero il passo su per la collina, gli stivali di pelle affondano senza scoprire la terra nera, avviluppati dai rami, dalle fronde marce sconfitte dal gelo. Gli alberi superstiti dormono, calmi e silenziosi, le chiome come nuvole nere sul cielo rossastro, madido d'acqua. In lontananza qualcosa si muove, alle mie spalle, un fruscio diverso da quello del vento, un ramo schiacciato da un piede frettoloso. Finalmente è uscito allo scoperto.

Il rumore bianco diviene intermittente. Che prezzo ha, la vita? Ogni essere vivente è biologicamente progettato per difendersi nel tentativo di prolungare la propria vita il più lungo possibile. Lo chiamano "istinto di autoconservazione". E io, quanto sono disposto a pagare?

La rigidità del mio corpo aumenta, inizio a percepire un dolore acuto all'altezza del collo. Rallento il passo e con noncuranza mi nascondo dietro ad un tronco. Con la coda dell'occhio riconosco il brillio sinistro di un fucile di precisione a una cinquantina di metri di distanza.

Non posso più scappare. I lineamenti del mio volto si disarticolano in un sorriso allucinato, mi mordo le labbra ferite. Un cecchino che esibisce la sua arma in un gesto così plateale è destinato a fallire, forzare le lancette per la fretta di dare la morte è il lasciapassare per riceverla.

No sta cercando di farsi uccidere, da me. Non può essere un errore, No è sempre stato il tiratore perfetto, affascinato dagli umani come birilli che si accasciano lontano, lui come artefice, non visto, non osservato, un Dio che muove i fili delle marionette e ride della loro impotenza. Lo immagino talmente forte che mi sembra di sentire il suo odore, un impasto di legno e di polvere da sparo, così familiare da essere per me l'unico odore di casa.

Mi sento paralizzato, il corpo ferreo come l'albero a cui sono appoggiato. Visualizzo le mie membra affondare lentamente nella terra, celate dalla neve omertosa per l'eternità.

Tu non diresti mai a nessuno che io sono qui.

Il cuore mi esplode in petto, la pistola incastrata nella fondina alla mia coscia mi sembra così lontana, irrangiungibile. Niente, non sento niente.

- Se ti arrendi subito ti darò una morte rapida e indolore. – la sua voce ironica spezza il silenzio della valle, scatenando uno sciame di uccelli spaventati. Mi sembra di sentire il suono dei tarli rosicchiare il suo cervello, i suoi sensi di colpa, la sua impasse che si riflette nel suo polso tremolante.

Niente, non sento niente. Ectoplasmi scuri scalano la mia gola. 

No non mi sparerà mai.

PoligoniaWhere stories live. Discover now