Prologo

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Cherice adorava osservare l'alba. E adorava stare sola.

Ogni mattina vagabondava nei pressi dello stagno camminando a piedi nudi sull'erba lucente. Era in quel momento che la brina cominciava a sciogliersi e la distesa erbosa per pochi minuti assumeva un luccichio porpora e arancio. L'aria del mattino era poi sempre pungente, ma non per questo gelida, più che altro carica di magia. Quella magia grazie alla quale le ragnatele, tese tra un filo d'erba e l'altro, rimanevano dispiegate per tutta la notte a farsi cullare dal vento. La stessa magia che tingeva le foglie di rosso in autunno e che spogliava gli alberi in inverno. Cherice era stata sola per così tanto tempo che aveva imparato ad osservare attentamente ciò che la circondava. Per questo sapeva chi doveva temere. La moglie di Clifford per esempio.

Edytha e suo marito accolsero Cherice quando questa era ancora in fasce. La trovarono avvolta in un drappo di seta celeste, adagiata tra le zolle di terra scura che erano state divelte il giorno prima per la semina. Edytha, che aveva appena avuto il terzo figlio, allattò con lui anche la bambina. I due si presero cura di lei, ma in seguito ad una terribile carestia che causò la morte del loro primogenito, la donna cominciò sempre più spesso a percuoterla.

Bastava un nonnulla. A volte Edytha si accorgeva che il cibo era troppo poco e dividerlo con chi non aveva il suo stesso sangue le sembrava assurdo. Così cacciava la ragazzina fuori di casa poco prima che gli altri rientrassero dai campi e la rincorreva finche questa non scompariva dalla sua vista. Spesso Cherice passava la notte fuori, tremando e stringendosi i pochi stracci addosso, troppo terrorizzata per rientrare. A volte finiva per addormentarsi, sfinita dal freddo o dalla fame, ma nel momento in cui il debole sole mattutino incontrava il suo corpo lei apriva gli occhi. Allora sapeva che presto sarebbe potuta tornare in casa, sapeva che la notte era finita.

Le sue forzate escursioni notturne però, cominciarono ad insospettire il padre adottivo, che iniziò a farsi domande sulle sue sparizioni. La moglie che solitamente inventava scuse, decise di allontanare definitivamente la ragazza. Così cominciò ad instillare nel marito il dubbio e a raccontargli delle menzogne malevole... finche anche lui cominciò a battere la ragazzina. Edytha pensava che presto l'uomo si sarebbe stancato della figlia adottiva, ma fu lei a precederlo, fuggendo.

Un giorno al ritorno dai campi l'uomo la picchiò più forte del solito, senza un vero motivo, solo preventivamente. I suoi fratelli la tennero ferma, mentre lui la colpiva ripetutamente. Cherice ormai non piangeva più. Sobbalzava appena nel sentire il ramo flessibile battere contro la sua schiena nuda con un sibilo, ma non emise nemmeno un fiato. Aveva già preso la sua decisione.

Il sole non era ancora calato, quando lei si rialzò dallo spiazzale di terra battuta sul quale era stata picchiata. Tirò giù l'abito di lanina grigiastra che era stato sollevato per scoprirle la schiena, e si incamminò con passo malfermo verso il campo di grano. La sua marcia diventava più sicura ad ogni passo, nonostante il dorso le dolesse terribilmente. Si morse un labbro e aumentò l'andatura. Sentì la voce dei suoi fratelli chiamarla, ma decise di non voltarsi. Ad ogni passo la sua convinzione si rafforzava e la sua camminata si faceva più decisa, fino a diventare una vera e propria corsa.

Cherice non seppe mai se i suoi fratelli l'avessero rincorsa, perché non si girò nemmeno una volta. La piccola casa in legno e pietre scomparì alle sue spalle come un ricordo lontano, nello stesso modo in cui il fumo fuoriusciva dal camino della stessa vecchia fattoria, diffondendosi nell'aria. La ragazza si addentrò nel bosco e corse più che poté, cadendo sulle ginocchia che si era quasi fatto buio. La gola le doleva terribilmente e quasi non riusciva ad emettere un fiato. Le sue esili gambe non potevano reggere un altro passo. Cherice si arrese alla notte, e dopo essersi spinta verso il tronco di un albero lasciò che la sua coscienza scivolasse via, addentrandosi nel mondo dei sogni.

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