Capitolo24°

17 2 5
                                    


«Ragazzi, come sapete, la festa è stata rimandata a domani sera per problemi interni.» Mi sfioro il marchio dietro l'orecchio, mentre tutti si girano a guardarmi storto, ma io sono concentrata a fissare il pavimento sotto di me, allontanandomi dalla realtà. Sento la mano di Ryan scivolare nella mia e ripenso di nuovo a quello che mi ha detto Benson nella stanza d'infermeria: Devi essere mortale quando loro arriveranno.. quando Josephine, arriverà. Continuo a ripetermela nella mente, ma non riesco a darle un senso. Perché Josephine dovrebbe arrivare? Per uccidermi, certo. Ma perché adesso? Perché non l'ha fatto subito dopo la morte di mia madre? Forse, non vuole solo vedermi morire.. vuole qualcosa di più. Qualcosa che Benson ha custodito nella gemma. Soffoco un respiro e mi giro verso Ryan per non far vedere a nessuno la paura stampata sul mio volto. Lui abbassa gli occhi, poi la sua mano mi sfiora i capelli. «Crys, va tutto bene.» sussurra. Come può andar tutto bene, se tutto quello che mi circonda sta crollando? No, non va per niente bene. «Vieni, ti porto via.» La sua mano lascia la mia e preme contro la mia schiena per condurmi fuori dalla mensa, dove tutti sono ancora radunati intorno a Benson. Il corridoio è vuoto, quando ci sediamo fianco a fianco. Sto meglio qui, almeno nessuno può giudicarmi e osservarmi come se fossi io la causa di tutte le loro disgrazie. Ma lo sono. Premo la guancia contro il petto di Ryan, ascoltando il suo respiro. Mi sento come se la vita mi stesse dando un'altra opportunità per ricominciare, mettendomi continuamente alla prova per vedere fino a quanto resisterò, senza sapere che sono già crollata. «Ryan? Perché aiuti sempre le persone?» chiedo, senza guardarlo.

«Perché so cosa si prova quando si è soli e si sta cadendo nel vuoto.»

«Posso farti un'altra domanda?»

«Dimmi.»

«Ricordi quando sei entrato in camera mia e mi hai sussurrato di ricordarmi chi sono, perché tu l'hai scordato da tempo?»

«Sì.. credevo dormissi.» Non rispondo. Perché mi sembra chiaro ormai che io non stavo dormendo, ma fingevo. Il suo torace si gonfia come un palloncino per poi svuotarsi. «Vedi, molti anni fa, ho dovuto affrontare una sfida che non credevo spettasse a me. Ero un ragazzino, solo un ragazzino, Crys.» Lo guardo confusa, riappoggiando la schiena al muro. «Quello che voglio dire è che ho dovuto uccidere uno di voi. Un soldato teneva alle strette la mia famiglia, minacciandola di mandarla dall'altra parte della recinzione, dove c'era il nulla. Almeno quello sapevamo noi. Così lo feci. Loro non potevano ucciderlo, non era più loro compito poiché la guerra contro gli Illusion si riteneva conclusa. Ma c'era una ragazza, anzi, una bambina che aveva disobbedito a un soldato e, a quanto sapevo a quel tempo, lei lo aveva minacciato con le sue capacità. Lui non poteva vendicarsi perché, come ti ho detto, gli Illusion avevano stretto alleanza con il governo e finalmente si era trovata quella pace che tanto si bramava. Ma a quel soldato non piaceva il modo in cui la bambina si era rivolta a lui senza portare rispetto. Così, ho dovuto ucciderla io, un innocuo ragazzo a cui il governo non avrebbe torto capello. Ma quella bambina era innocente, Crys. Il soldato voleva solamente vendicarsi contro l'uomo che gli aveva rovinato la vita in passato, quindi è toccato a me uccidere la figlia di quel civile. E ciò che ho fatto mi ha allontanato dalla mia famiglia. Ero cambiato, secondo loro. Non ero più loro figlio. Mi ero dimenticato chi ero. Così, sono scappato. Solo dopo qualche mese successivo alla mia scomparsa, ho saputo che la mia famiglia era stata uccisa.» Gli lancio una breve occhiata. Il tempo necessario per vedere una lacrima scivolargli sulla guancia. Mi allungo e lo abbraccio. «Se dobbiamo cadere nel vuoto lo faremo insieme, Ryan.» bisbiglio contro il suo orecchio.

***

Il giorno seguente, mi ritrovo stesa sul giardino posteriore al castello. Il cielo è andato a scurirsi e il sole sta scomparendo dietro le nuvole, lasciando filtrare attraverso loro solo una striscia di luce. L'aria calda è rilassante, potrei rimanere qui per ore. Abbandono la testa all'indietro e socchiudo gli occhi. Le dita scivolano nell'erba insieme alle gambe. Alzo il braccio e osservo il tatuaggio della farfalla sul polso: simbolo del mio cambiamento. L'evoluzione di una vita che non mi è mai appartenuta. Sono passati ormai diversi giorni dall'ultima volta che ho visto Aileen e mi chiedo dove sia. Sarebbe stata l'ultima domanda che avrei posto a Benson, ma ero abbastanza sicura che lui non mi avrebbe risposto. E poi, ovunque lei si trovi, è al sicuro. Deve esserlo. Mi manca, questo non posso negarlo. Mi è sempre stata vicina ed è stata lei la prima a dirmi chi sono. E' stata lei ad aprirmi le porte della verità. E' stata lei che mi ha fatto capire che tutti noi nel mondo portiamo una maschera e che a volte questa maschera diventa parte di noi. Diventiamo ciò che fingevamo di essere, quasi da non riconoscere più la finzione dalla realtà. E' stata lei a levarmi questa maschera, messa come scudo dai miei genitori. Ma ho scoperto che anche se ce la leviamo, non saremo mai i veri noi stessi. Ci troveremo sempre in bilico tra la verità e la menzogna, perché è così che è il mondo. Non esiste la verità assoluta e non saremo mai veramente liberi. Crediamo di esserlo, ma diventiamo solo schiavi della libertà. Mio padre diceva sempre che se si vuole vivere nella libertà, dobbiamo smettere di pensare, ma questo è tecnicamente impossibile perché nel momento che pensiamo di smettere di pensare, stiamo continuando a farlo. E' un meccanismo che non si può fermare. Siamo nati per riflettere, scegliere e compiere azioni. Siamo vivi perché pensiamo. Siamo vivi e schiavi della vita. Sì, schiavi. Non saremo mai liberi. La libertà esiste nella nostra mente. Nascondo la faccia tra le mani e respiro profondamente. Ho davvero bisogno di una pausa, ma so che non l'avrò mai. Da bambina ho sempre sognato di essere diversa, di sentirmi diversa. Così, potevo dire in giro di essere speciale, perché nella nostra diversità c'è originalità. Odiavo essere uguale agli altri: vestirmi come loro e comportarmi come loro. E adesso finalmente posso dire di essere cambiata, di essere originale. Adoro appartenere a questo mondo e non capisco perché mia madre lo detestava. Quando sposto le mani dal volto e apro gli occhi, Ryan è sopra di me. I piedi vicini alla mia testa. «A cosa pensavi?» chiede. E' difficile spiegare a parole tutto ciò che mi passa per la testa. «Alla vita.» rispondo evasiva. Si sdraia accanto a me, un braccio sotto il mio collo. Porto le gambe sopra le sue, come facevo quando stavo con Benjamin. «Allora pensiamo alla vita, insieme.» mormora, guardandomi un'ultima volta prima di chiudere gli occhi. Benjamin. Mi chiedo se sia possibile dimenticarsi della propria famiglia, dei momenti passati insieme in un attimo. Scordarsi di tutto e di tutti. Ma come si fa? E' impossibile. Come si può dimenticare chi un giorno ti faceva sorridere, chi ti faceva battere il cuore, chi ti faceva piangere per ore intere? Le persone non vengono dimenticate, soprattutto i fratelli e i propri genitori. Cambia il modo in cui noi le vediamo e cambia il posto che occupano nel nostro cuore e nella nostra vita. Sì, io non dimentico, ma forse lui sì. Rilascio un altro respiro profondo e richiudo gli occhi. E' triste guardarsi indietro e rendersi conto solo ora di quante cose sono cambiate. Solo qualche anno fa eravamo tutti e quattro in salotto, insieme. E adesso? Tutto quello che mi rimane della mia vecchia vita è solo un vago ricordo. Ho perso i miei genitori e ora anche mio fratello. Ho fatto scelte che non credevo potessero cambiare così tanto la mia vita. Scelte che adesso mi stanno disintegrando. Scelte che forse nel futuro mi salveranno o che forse mi uccideranno definitivamente. Siamo strani noi essere umani, crediamo nell'amore e poi no. Diciamo che vogliamo la verità e poi mentiamo. Piangiamo e appena qualcuno ci chiede se stiamo bene, diciamo di esserlo, consapevoli che non è vero.

IllusionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora