Intro - Sollevare Il Velo

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"Ricominciare da meno di zero e finalmente sollevare il velo, e raccontarvi veramente non l'immagine vincente che la gente prova a vendere di sè. Non voglio vivere su un grattacielo, solo sputare indietro un po' il veleno, e raccontarmi veramente lo spettacolo riprende benvenuti a tutti quelli come me"

Intro - J-Ax

[Loop - Chicago, IL]

January 6th, 1999

Lo riconosco dall'incedere regolare. Lo riconosco dal rumore leggero dei tacchi delle sue Police 883 sul marmo del corridoio.

"Ta-tac, tac. Ta-tac, tac."

Lo riconosco e il mio cuore accelera. Nonostante sia uno stronzo, lui è il mio stronzo. E ogni volta è come se fosse la prima volta: un'esplosione a colori.

Il mercoledì non è il suo giorno. Il suo giorno è la domenica e raramente subisce variazioni non preavvisate.

Per un po' sento anche altri passi e delle parole recitate sottovoce, poi una porta si chiude e capisco che Victor si è ritirato nella sua stanza.

Sono tesa, come sempre. Oggi forse di più perché non ho nemmeno avuto il tempo di prepararmi alla visita. Mi sistemo meglio contro la testiera del letto, e Jamie protesta aggrottando la fronte e serrando forte le gengive sul mio capezzolo.

«Tranquillo, Pulce, non vado da nessuna parte» gli sussurro, massaggiandogli la schiena con delicati movimenti circolari.

Steven si ferma fuori dalla porta semi aperta, lo vedo, con le nocche tamburella sul legno per chiedere permesso.

Abbozzo un sorriso involontario. «Entra.»

Lui entra e si guarda intorno, stupito e curioso della nuova location. Sfiora il bordo della culla e i suoi occhi passano in rassegna i muri e l'arredamento.

«E' comoda» lo anticipo. «Non devo scendere le scale per andare in cucina, la stanza di Victor è vicina, quella di Agata è in fondo al corridoio e il bagno ha una vasca più piccola. Stava diventando un delirio lavare Jamie di sopra.»

Steven annuisce, osserva di nuovo le pareti, fa un sorriso sghembo e blocca lo sguardo di cioccolato nel mio. «Ce la farai?» mi chiede, e io so a cosa allude.

«Non credo» ammetto, sincera. «Porterò qualcosa... la locandina e le foto che ho incorniciato, per iniziare.» Io, in una stanza senza Brandon Lee - truccato e non - che mi guarda da ogni angolo? Escluso!

«Mi sembra giusto» commenta. Non è ironico, sa perfettamente quanto sia importante per me quel ragazzo e tutta la storia della sua famiglia. Non mi ha mai preso in giro per la mia ossessione, né credo lo farebbe mai. In fondo, è sempre piaciuto anche a lui.

«Perché sei passato oggi?» domando, e mentre lo faccio chino la testa: un po' perché temo la sua risposta, un po' perché Jamie si sta agitando; tra la sua bocca e la mia pelle si è formata una grande bolla e dei rivoli di latte gli scendono sul mento. Lo metto in posizione eretta per farlo digerire e mi copro il seno con la maglia.

Steven si toglie il cappotto, appoggiandolo sul baule ai piedi del letto, e si avvicina. «Domenica non posso: vado fuori città.»

"Ah, allora un motivo c'è..."

Voglio sapere dove andrà, ma non glielo chiedo. Mi limito a tornare su di lui, bello come un dio greco, a studiare il suo abbigliamento curato, cercando tra il maglione azzurro di Tommy Hilfigher e i jeans blu qualche dettaglio che possa raccontarmi cosa mi nasconde. Sono troppo stanca in questo periodo per far lavorare a pieno regime il mio cervello: i tempi di qualità se li succhia tutti Jamie. Letteralmente.

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