Capitolo 15: BENTORNATA

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Il gruppo di persone vestite di nero era ancora li, intento a parlare davanti al cancello automatico. Quando la Meriva grigia si parcheggiò li accanto si voltarono e quando tornarono a guardarsi negli occhi fecero delle facce come a dire: "Quella è la ragazza di prima!".

Sofia scese subito dall'auto, noncurante di aspettare il padre. Passò dal portoncino li accanto che era accostato e quasi correndo si recò nella palazzina dove abitava Sara. Un altro gruppo di persone era li riunito, intento a parlare. I segni del pianto erano stampati sui loro volti addolorati. Sofia giurò di riconoscere lo zio dell'amica tra quelli.

Salì le scale il più velocemente possibile e quando entrò nel salotto si ritrovò gli occhi di una ventina di persone puntate addosso. La madre e il padre giacevano in un angolo, due volti stanchi e afflitti dal colorito violaceo per via della notte insonne e il lungo piangere. Sofia gli fu subito accanto e strinse la madre in un forte abbraccio, condividendo il suo dolore. Sofia era amica di Sara da troppi anni e ormai era diventata parte di quella famiglia.

<<Sofia... Sono distrutta!>>, le sussurrò la povera donna all'orecchio.

<<Mi dispiace tanto! Non ero con lei>>, disse Sofia senza neppure accorgersene.

<<Non è colpa tua cara! È il destino e se doveva accadere allora non vi era via di scampo. Ma adesso non so proprio come devo fare!>>. Le lacrime scorrevano sul suo viso.

Quando l'abbraccio si sciolse, Sofia guardò il volto della povera madre. Sapeva cosa stava passando perché già troppe volte lei aveva provato quella stessa situazione. E quel momento era uno di quelle.

<<Dove è?>>, chiese.

<<In camera sua!>>.

Il padre di Sofia apparve alle sue spalle e poggiò una mano sulla spalla della figlia. Sorrise alla mamma di Sara e si diresse nell'unica stanza che si affacciava sul salotto. La porta era chiusa.

Nella stanza tutto era buio. Le veneziane delle finestre erano abbassate e coì il colore azzurro delle pareti si tramutò in un blu notte e pareva simulare un cielo notturno in cui qualcosa di oscuro regnava. Un freddo glaciale, secco e pungente, riempiva l'intera stanza.

Sara giaceva nel suo letto, immobile. L'oscurità nascondeva il pallore del suo corpo esangue. Le palpebre chiuse. Le braccia chiuse sul petto. I capelli dorati le ricadevano sulle spalle, coprendo gran parte del collo e del petto. Sembrava la bella addormentata.

Il volto così sereno, come se la morte fosse stata veloce e l'avesse colta nel sonno senza farla soffrire. Le labbra violacee serrate.

Sofia le si avvicinò e le afferrò la mano. A contatto con la pelle fredda ebbe la stessa reazione di quando toccava Andrea. Una lacrima le cadde dal viso e ricadde su una nocca pallida.

<<Mi dispiace così tanto Sara! Dovevo esserti accanto, qualunque posto in cui ti trovavi. Dovevo stare li con te e proteggerti. La morte non ti doveva prendere adesso. Non ci sei più e io non posso lasciarti andare, non ci riesco!>>.

Vi fu una pausa. Giusto il tempo di riprendere fiato e trovare la forza di vincere i singhiozzi e parlare.

<<Io sono una Strega! Le creature di cui Alessia parlava tanto e che temeva sono tutte reali. Le streghe e i Vampiri esistono veramente. Io sono una strega e come tale per proteggervi doveva allontanarmi per andare a trovare i miei simili, perché dovevo capire come tenervi al sicuro. Non ho fatto altro che metterti ancora più in pericolo, perché eri da sola! Come ha potuto Andrea permettere che tutto ciò accadesse?>>.

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