Irene

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Era una notte buia e tempestosa. Solo il rumore della pioggia coprì le urla, strazianti, di una giovane donna.

Un avvenimento mai visto, nei secoli, stava per compiersi. Un fatto disdicevole per molti incomprensibile per altri.

Una donna era sdraiata, supina, sul letto a baldacchino della propria camera da letto, ricoperta da una leggera coperta bianca. Le pareti dipinte di rosa antico, i mobili di color panna e un vecchio specchio appeso alla parete completava l'arredamento della stanza. Solo una macchia scura e ancora fresca spiccava in quella camera. Sangue.

Ella aveva appena dato alla luce una bellissima bambina dagli occhi più azzurri del cielo, due guanciotte  rosee e capelli rossi come lava.

La teneva fra le braccia coccolandola amorevolmente; un piccolo fagottino rosa. Il suo più grande tesoro.  Il suo miracolo. Vicino a lei, seduto su una poltroncina di velluto rosso scuro, vi era l'amore della sua vita. L'uomo che l'aveva salvata da due malviventi. Il padre di sua figlia.

Lo contemplò per diversi minuti, capelli biondi come i raggi del sole, lunghe e folte ciglia incorniciarono due profondissimi occhi azzurri , labbra rose e carnose, due spalle larghe e muscolose.  Per lei era assolutamente perfetto.
Perfetto, come la piccola creatura che ora sonnecchiava fra le braccia del padre. Perfetto come il loro amore.
E con questo pensiero sprofondò, anch'essa, in un lungo sonno tormentato.

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Teneva tra le braccia quella piccola creatura,  avvolta in una copertina rosa confetto, in modo che non prendesse freddo; mentre la sua amata riposava.

Sapeva di aver commesso qualcosa di grave; un fatto per cui lui stesso non avrebbe mai tollerato. Aveva peccato.
Da quando aveva soccorso quella piccola e fragile umana, non fu più in grado di lasciarla.
Quei due occhioni da cerbiatta lo fecero cadere in un baratro senza fine. Sapeva di aver sbagliato ma non gli interessava. L'unica cosa da fare era sparire dalle loro vite per sempre.

Osservò la sua prediletta, distesa nel grande letto in mezzo alla stanza. I capelli biondi come il grano, per metà, circondavano il suo viso fatto di porcellana e l'altra metà erano sparsi sul cuscino. Le lunghe ciglia, il naso fine e,  leggermente, all'insù; le labbra screpolate e rosse dovuto al suo continuo morderle.
Non potrà mai scordarle,  non dopo che le ebbe sfiorate con le proprie. Il suo profumo floreale lo mandavano fuori di testa. Ma non poteva perdere altro tempo. Doveva occuparsi di questioni urgenti. Suo "fratello" era sempre in agguato; pronto per indurre in tentazione uomini e donne al suo volere.

Si riscosse dai suoi pensieri, adagiò sua figlia nella culla e, con dispiacere, cancellò il suo ricordo dalla mente della donna sostituendolo con dei falsi ricordi. Ricordi nei quali lui non sarebbe mai esistito. Dal loro primo incontro fino alla nascita di Irene.

Diete un ultimo sguardo a sua figlia e con mano tremante le sfioro il viso, le baciò, delicatamente, la piccola testolina e sparì nel buio della notte, mentre una lacrima si fece strada tra le sue labbra.

Lucifero - l'Arcangelo del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora