1 Luglio 1942

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Stamattina abbiamo sferrato l'attacco, ed è già sera. Stamattina l'intera Afrika Korps ha attaccato la linea difensiva alleata. Io e la mia squadra siamo andati all'attacco come tutti gli altri. Stavamo andando avanti mentre usavamo un panzer come copertura. Sentivo i colpi sparati dal suo cannone che mi entravano nel cervello, e i proiettili nemici rimbalzare sulla sua corazza. Avevamo tutti molta paura. Lars era accanto a me, che cercava di ripararsi il piu possibile proprio come facevo io. E poi accadde. Un colpo di anticarro colpì in pieno il panzer, perforandolo da parte a parte, colpendo il motore che prese fuoco istantaneamente. Capendo che sarebbe esploso da li a poco, io e gli altri scappammo, ma il carro esplose poco dopo. L'onda d'urto era troppo forte, quindi caddi a terra e svenni. Mi svegliai poco dopo, grazie a Lars. Quel bastardo non mi aveva abbandonato, cercava disperatamente di farmi svegliare. Quando mi vide riaprire gli occhi urlò di gioia, mi aiutò ad alzarmi, e andammo in un piccolo cumulo di rocce, abbastanza grande da salvarci il culo dalle mitragliatrici inglesi. Da li non avevamo una gran vista della battaglia, ma vedemmo molti carri alleati avanzare. Le esplosioni, le urla, gli spari, continuarono ininterrottamente per diverse ore. Mentre mi guardavo in giro, vidi il nostro carro. Dopo l'esplosione dovuta al motore in fiamme e alle munizioni, il carro era esploso come un palloncino. L' esplosione aveva squarciato il fianco destro, e la torretta era letteralmente saltata in aria. Cercai la torretta, e la vidi a circa un metro di distanza. Quel'esplosione doveva essere stata fottutamente forte. L'equipaggio aveva provato ad uscire, ma non riuscì a salvarsi. Ho visto i loro corpi bruciati dallo squarcio del carro. Uno di loro aveva ancora l'espressione della paura stampata in faccia. Mi dispiacque tantissimo per loro. Li avevo conosciuti mentre cuocevano le uova sul loro panzer. Mentre io e Lars eravamo intrappolati in quel piccolo mucchio di rocce, abbiamo provato a sporgerci un momento per capire chi stesse vincendo e chi perdendo. Poi, all'improvviso, arrivò la calma. La pioggia di colpi di artiglieria era cessata, così come gli spari, le esplosioni, ma le urla erano rimaste. Erano diverse però, non erano urla di dolore, o di rabbia: erano urla di gioia. Io e Lars non capimmo subito, ma quando ci sporgemmo, capimmo tutto: Abbiamo visto le nostre truppe attraversare la linea difensiva inglese, mentre una massa gigantesca di soldati in britannici si avvicinava. L'8° armata, che per tanto abbiamo combattuto, si era arresa. Non c'era più niente che i britannici potessero fare per fermarci. Quella sera, eravamo alla stazione, e stavamo festeggiando. Ero seduto su un panzer insieme ad altri ragazzi del mio battaglione, quando vidi lo stesso gruppo di soldati italiani che avevo visto prima della battaglia. Guardai i loro volti e le loro espressioni: erano felici. Ridevano, scherzavano, e ovviamente si ubriacavano. Stavano gironzolando attorno ad un palo, senza un preciso motivo. Ero contento di vederli in questo stato, voleva dire che il morale era alto. Dopo un po che ero immerso nei miei pensieri e a cazzeggiare con gli altri, mi resi conto di non vedere da un bel pezzo Lars. Scesi dal panzer e andai a cercarlo in giro per la stazione. Non lo trovai. Cercai nei dintorni, chiesi se qualcuno lo avesse visto. Un ragazzo mi disse che aveva visto un uomo piuttosto basso, con capelli corti e scuri, girare vicino alla stazione, che guardava i cadaveri. Capii subito che era Lars, ma non riuscii a capire il perchè di questo comportamento. Chiesi a questo soldato dove lo avesse visto di preciso, e lui mi rispose di averlo visto vicino all'entrata della stazione, dov'erano sistemati i corpi di alcuni nostri ragazzi. Lo ringraziai e mi avviai verso l'entrata. Pensai cosa potesse spingere Lars a comportarsi così in questo clima di festa. Mentre ero immerso nelle mie supposizioni, lo vidi inginocchiato su uno dei corpi. E li tutto ciò che stava avvenendo intorno a me scomparve dalla mia mente. In quel momento ero capace di vedere solo il mio amico che era la, inginocchiato, che stringeva la mano ad un cadavere. Cominciai a camminare verso di lui con calma. Non sapevo come avrebbe potuto reagire, e francamente, non sapevo neanche cosa dirgli. Forse dovevo solo avvicinarmi e fargli compagnia, oppure dovevo parlargli distraendolo. Poco prima di arrivare da lui, scelsi di stare zitto e accovacciarmi accanto a lui. Appena mi fermai lui girò la testa, e assunse un'espressione mista a sollievo e sorpresa. "Ah, sei tu" disse. Mi sedetti accanto a lui e guardai il corpo. Aveva un'espressione di terrore ancora impressa sul viso. Aveva un una ferito sul petto, ma non di arma da fuoco, ma sembrava quella di una baionetta. Quell'espressione piena di terrore e la ferita al petto volevano dire che il soldato che lo ha ucciso era davanti a lui, e non ha avuto un minimo di pietà nei suoi confronti. Lars lo guardava incessantemente, e vidi piu di una lacrima scendere dal suo volto. Io non me la sentii di parlargli, fu lui a cominciare: "Sono sempre stato abituato a stare da solo. A casa, a scuola, ovunque. Solo una persona mi era vicino. E questa persona è questo tizio qua." Qui, la mia curiosità prese il sopravvento, e gli chiesi: "Lo conoscevi bene quindi." Lui rispose: "Cazzo, certo che lo conoscevo bene. E' mio fratello." A questa affermazione, il mio cuore sussultò. In parte so come ci si sente a sentirsi soli, ma io ho una storia ben diversa da quella di Lars. Mia madre era una prostituta, e io sono il risultato di un rapporto finito male. Mio padre non l'ho mai conosciuto, ma suppongo che neanche mia madre lo conoscesse. Quella stronza mi abbandonò all'entrata di un orfanotrofio. Nessuno venne mai a trovarmi. Di conseguenza non so cosa si provi alla perdita di un proprio caro, e non sapevo cosa rispondere a Lars, ma le parole mi uscirono fuori in maniera del tutto naturale: " Mi dispiace amico, purtroppo non so cosa si provi a perdere un familiare, ma una cosa la so: sei libero di sentirti triste, è naturale che tu lo sia, ma non devi soffermarti troppo, altrimenti non ne uscirai fuori. Puoi e devi solo accettarlo. E' inutile ripensarci troppo. E scommetto che neanche tuo fratello ne sarebbe contento". Lars mi guardò con aria triste, ma convinta. Le mie parole dovevano aver fatto effetto. Guardò di nuovo il corpo del fratello e disse: " Diamine, hai ragione. Mi dispiace lasciarlo qua, ma se sto qua a pensarci non ne esco". Lo guardai negli occhi e gli dissi: "Dai, andiamo dagli altri, dobbiamo festeggiare per la vittoria, no?" Mi guardò e annuì con la testa. Percorremmo quella stradina all'ingresso con molta calma, e tornammo a festeggiare con gli altri, che ovviamente erano tutti ubriachi.

L'amore ritrovato (CONCLUSO) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora