Mrs. Malik.

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Dopo una notte insonne e due pacchetti di sigarette, la mia mente si era quasi completamente liberata dall'idea di poter cedere alla tentazione di nome Liam Payne.
Il vino, la musica e Zayn mi avevano annebbiato la testa, adesso vedevo più chiaramente.
Liam Payne doveva restare il mio avvocato, Zayn mio marito.
Nel caso in cui Mr. Payne avesse trovato prove che mio marito continuasse a tradirmi, allora saremmo andati avanti con il divorzio. Altrimenti avrei continuato la mia vita, creando la mia famiglia e dimenticando Liam Payne.

Bussarono alla porta e spensi la sigaretta, l'ennesima.
Di sicuro era Harry pronto a scusarsi per il piano fallito e per controllare che fossi ancora viva.
Aprii la porta e sobbalzai alla vista del mio ospite inaspettato.

«Cosa ci fa lei qui?! Non dovrebbe farsi vedere in giro. È pazzo?» gridai per poi tirarlo dentro casa e chiudere la porta. Per fortuna avevo dato il giorno libero alla domestica perché non la volevo in giro nel caso di un attacco improvviso di pianto.

«Non mi hai mandato un messaggio, non mi hai chiamato, avevi il telefono staccato, ero preoccupato, diamine! Sei sparita! Pensavo che tuo marito ti avesse fatto del male.» bene era incazzato nero. Non bastavano i miei di problemi.

«Senti, okay, avrei dovuto chiamarti, ma come vedi sono viva. Tutto ciò non giustifica che tu sia venuto qui, rischiando di farti vedere da qualcuno o peggio da mio marito. Come ti è saltato in mente?!» sbraitai cercando il pacchetto di sigarette. Cazzo gli avevo dato anche io del tu senza neanche accorgermene.

«Quindi adesso avrei sbagliato io?! Tu sparisci in questo modo ed io sono il pazzo?! Ti rendi conto di quello che sto rischiando vendendo qui? Pensi che non lo sappia che finirei nella merda se qualcuno mi vedesse? Ma sono qui comunque, perché ero preoccupato.» mi urlò dietro mentre io cercavo in ogni modo di non incontrare il suo sguardo. Non lo avrei sopportato.

«E smettila di far finta che io non ci sia!» mi afferrò il polso e mi costrinse a girarmi verso di lui. Aveva gli occhi sbarrati e la mascella marcata.

«Lei è solo il mio avvocato, okay? Non le devo nessuna spiegazione. Mio marito si sta comportando perfettamente, ci amiamo, vogliamo un figlio, quindi la smetta.» cacciai tutto fuori e lui rimase immobile. Confuso e arrabbiato.
Avrebbe voluto dare a pugni qualcosa, potevo capirlo dai suoi occhi.
Le mie dita tremavano mentre provavo a tenere la sigaretta e ad accenderla.
Il suo sguardo mi stava uccidendo.

«A cosa le serve un avvocato allora?» sputò con rabbia.

«Ho deciso che se l'investigatore troverà le prove di nuovi tradimenti di mio marito, divorzierò. Nel caso contrario, io continuerò la mia vita e lei la sua.» mi fissò senza dire una parola. I suoi occhi divennero due iceberg. Erano così diversi dalla sera prima.

«Per quanto? Quanto tempo dà all'investigatore?» strinse i pugni.

«Un mese, massimo due.» smisi di guardarlo. In qualche modo l'immagine della sera prima non mi si toglieva dalla testa. Ogni volta che lo guardavo pensavo a quanto mi ero sentita bene.
Presi un altro tiro dalla sigaretta e aspettai che dicesse qualcosa o che se ne andasse.
Non volevo più parlargli.
Non volevo cedere di nuovo.

«E io che dovrei fare intanto? Aspettare?» si decise a rispondere, ma il suo tono era più tagliente di quanto pensassi.

«La pagherò, non si preoccupi.» picchiettai la cenere nel bicchiere sul mobile.

«Non voglio altri soldi. Vorrei che almeno si degnasse di guardarmi mentre le parlo.» disse a denti stretti facendomi rabbrividire. Sbattei le palpebre e mi decisi ad alzare la testa.

Il suo viso era poco distante dal mio.

Ingoiai rumorosamente.

«Allora?» lo sfidai con gli occhi in una gara di sguardi. Erano così profondi e glaciali.

Mi fissò a lungo, dimostrando ancora una volta quanto fosse determinato. Beh, anche io lo ero.

«Pensavo fosse troppo intelligente e forte per credere ad un paio di promesse dette senza sincerità.» le parole mi colpirono come una secchiata d'acqua gelida lungo la schiena.
Mi morsi l'interno guancia trattenendo la rabbia e il dispiacere.
Alzai un sopracciglio e non smisi di guardarlo. Per quanto i miei occhi volessero abbassarsi, io non lo avrei mai fatto.

«Pensa di conoscermi così bene, quando non sa un bel niente di me e della mia vita.» feci una risata sarcastica e pungente.

«La conosco da poco, ma già ho capito più di quanto suo marito abbia capito in tutti questi anni.» fece un passo verso di me e ormai il mio petto era contro il suo stomaco.

«Lei sembra una donna forte, intraprendente, con un cuore di pietra e più palle di tutti gli uomini messi insieme, e forse un po' è vero. Ma sotto quella corazza nasconde un' anima debole, sensibile, tanto da essere ancora innamorata di un uomo che le ha procurato solo sofferenze. È così debole da credere ancora in un futuro felice insieme ad una persona del genere. Lei pensa di essere forte, ma infondo è consapevole di non esserlo poi così tanto. Per questo motivo gioca con me, per dimostrare il suo potere sugli uomini, quando invece non riesce neanche a farsi rispettare da suo marito. E adesso mi respinge, perché ieri ha fatto cadere le sue barriere e si è mostrata debole ai miei occhi, smentendo così tutto ciò che voleva far credere. Io la conosco, Addison, meglio di quanto pensa.» le sue parole mi lasciarono impietrita. Mi sentii presa in fallo, scoperta, umiliata.
Aveva messo in risalto tutti i miei punti deboli, tutte le mie incertezze, tutti i miei difetti.
Era stato duro, crudele, saccente, prepotente, insensibile.

Un brivido di disgusto e di rabbia mi attraversò il corpo e gli occhi mi si riempirono di lacrime di rabbia.

«Esca da casa mia, Mr. Payne.» la voce uscì tagliente dalla mia gola.

Nei suoi occhi apparve un barlume di insicurezza, che svanì non appena la mia voce divvenne più forte.

«Vada via, ora!».

Impettito mi voltò le spalle e camminò con passo lento fino alla porta. Lo seguii buttando la sigaretta nel bicchiere e trattenendomi dal lanciarglielo in testa.
Come si era permesso di venire in casa mia ad umiliarmi in questo modo?
Come si permetteva di insultarmi e criticarmi?

Gli aprii la porta, ordinandogli nuovamente di uscire.

Mi fissò e il mio cuore batteva forte nel petto.
Ero così arrabbiata e ferita.

«Addio, Mrs. Malik.» sputò quel nome con tanto odio ed ero consapevole che avesse utilizzato quel cognome per sottolineare quanto fossi ridicola.

«Addio, Mr. Payne.» trattenni le lacrime per quanto fosse difficile. Odiavo piangere.

Gli chiusi la porta in faccia, desiderando solo di non doverlo vedere mai più.

Avevo ragione su di lui, era un pezzo di merda, narcisista e affamato di potere.

Era uno stronzo, e per quanto odiassi ammetterlo, avrei preferito avere torto.

Fatal [L.P.]Where stories live. Discover now