44 - Io non parto

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Ero in preda all'entusiasmo, alla smania di organizzare quei giorni al meglio, all'euforia di avere i miei amici in quella che a tutti gli effetti consideravo la mia seconda casa.

Avevo coinvolto tutti i ragazzi nella preparazione, avevo rotto le scatole a chiunque si trovasse nei paraggi in quei giorni.

Ero felice davvero.

Per quello fu un'enorme sorpresa per me, ricevere, di punto in bianco, uno strano messaggio che recitava:

"Io non parto con i ragazzi. Non mi chiamare perché non posso rispondere" 

Sbarrai gli occhi. Rilessi quelle parole più e più volte nella vana speranza di aver sbagliato qualcosa o quantomeno di aver perso qualche passaggio. 

Ma ogni volta, contro ad ogni mia più rosea aspettativa, quello che mi trovavo davanti era un muro alto e impenetrabile.

Io non parto

Che voleva dire?

Rilessi quel messaggio ad alta voce attirando l'attenzione dei miei compagni che mi stavano aiutando nell'organizzazione degli alloggi per i nostri ospiti.

-Hai detto qualcosa?-  chiese Andrea che mi stava più vicino.

-Leggi-  dissi porgendogli il cellulare.

Lui lo prese tra le mani e fissò gli occhi sullo schermo.

-Che significa?-  disse guardandomi con aria confusa.

-Non lo so-  dissi scuotendo la testa.

-Cosa è successo?-  chiese Andrea prendendo il cellulare dalle mani di Andrea.

-Ma?-  si guardò intorno confuso  -non è possibile-

-Hai provato a parlarle?-  domandò Andrea.

-No, non ancora-  dissi.

Rimasi ancora un istante ad osservare il vuoto sotto gli occhi attenti dei miei amici poi mi ridestai e mi allontanai con una scusa.

Raggiunsi il giardino interno allo stabile e, camminando su e giù,  tornai a leggere quel messaggio.

Io non parto con i ragazzi. Non mi chiamare perché non posso rispondere  

Lasciai perdere la seconda parte del messaggio concentrandomi esclusivamente sulla prima.

Se davvero aveva deciso di non partire doveva dirmelo a voce. Non mi sarei accontentato di un impersonale messaggio, non mi sarei bevuto futili scusanti, volevo sentire la verità dalla sua viva voce.

Provai a chiamarla più e più volte ma non ebbi alcuna risposta. Allora passai ai messaggi ma, anche in quel caso, mi sembrava di parlare da solo.

Mi stava innervosendo quella situazione, era più di quanto potessi sopportare.

Io le avevo aperto il mio cuore, le avevo confidato quanto fosse importante per me che Lei mi raggiungesse eppure mi trovavo in una situazione assurda che non avevo scelto, che non sopportavo e che non mi dava pace.

Forse fu proprio la mia insistenza a spingerla a darmi una risposta. Una risposta che, comunque, non mi soddisfò affatto.

"Non sono dell'umore giusto per partire. Ti prego, non parliamone"

Ma di quale umore stava parlando?

Davvero non riuscivo a capirla. Non mi spiegavo in alcun modo perché si stesse comportando così. Doveva esserci qualcosa sotto, doveva esserci per forza. Non poteva essere impazzita da un momento all'altro. C'era necessariamente qualcosa che Lei non voleva, o non poteva, dirmi. Ma io l'avrei scoperto. A costo di impiegare tutte le mie energie per riuscirci.

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