9.

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Il mattino seguente la luce del sole filtrò dalla finestra e illuminò il viso di Adam. Il suo viso era rilassato e quasi abbozzava un sorriso. Ebbi la tentazione di toccarlo, volevo accarezzare i suoi capelli e posare di nuovo le mie labbra sulle sue.
La notte precedente ci fu solo un piccolissimo e delicato bacio, Adam non aveva intenzione di andare oltre se prima io non avessi chiarito la situazione con David. Il suo fu quasi un ultimatum: «Me o lui, scegli.»
Per quanto fossi pienamente consapevole di quanto David fosse un grande stronzo narcisista, non sapevo per quale assurdo motivo non riuscissi a staccarmi da lui. Passavamo molto tempo insieme ed è stata una boccata d'aria fresca dopo la rottura con Kevin. Mi faceva sentire così viva. Era capace di farmi fare cose che mai nella vita avrei pensato, sapeva essere romantico quando voleva e molto passionale se gliene davo la possibilità.
Ma anche Adam aveva il suo fascino. Il fascino del proibito. Ho sempre pensato ad Adam come un amico o come il fratello maschio protettivo che non ho mai avuto. In quei giorni non so cosa mi fece aprire gli occhi tanto da farmi cambiare idea sulla visione personale che avevo di lui. Forse il fatto che io sapessi cosa realmente lui provasse per me, dopo aver accidentalmente origliato alla porta mentre discuteva con la mia migliore amica, mi dava un senso di sicurezza, certezza, ovvero quella sensazione che in quel periodo sentivo davvero il bisogno di provare. Sentirsi protette, desiderate, amate: sono le principali cose che una donna desidera più di qualsiasi altra cosa.
Ero cosciente del fatto che entrambi avessero una grande influenza su di me e che forse entrambi tenevano veramente a me, ma ciò che non mi era ancora del tutto chiaro e cristallino erano proprio i miei reali sentimenti nei loro confronti. Ero consapevole di avere un piede in due scarpe ma era davvero difficile per me scegliere.
Bussarono alla porta e, senza far rumore, sgattaiolai fuori dal letto non appena riuscì a liberarmi dall'abbraccio dell'uomo che dormiva al mio fianco.
In punta di piedi chiusa la porta della mia camera da letto e andai ad aprire la porta d'ingresso.
«Ehm, David. Buongiorno. Che ci fai qui?» farfugliai sorpresa.
«Sono venuto a prendere la mia ragazza per andare a fare colazione», cinguettò felice.
«No, grazie. Non mi va molto», bisbigliai.
«Dai. Vieni con me. Metti qualcosa addosso e usciamo. Oggi non abbiamo nemmeno le riprese.»
«No. Davvero. Magari un'altra volta.»
«Perché bisbigli? C'è qualcuno?» chiese cercando di entrare in casa.
Mi parai subito davanti e negai: «Chi vuoi che ci sia? Ho semplicemente mal di testa. Tutto qua. Aspettami qui, vado a vestirmi così andiamo a fare colazione.»
«Per me puoi venire anche così.»
«Si, certo, come no. In pigiama», dissi sarcastica ridacchiando.
«Sei perfetta, lo vuoi capire?»
Arrossii. «Grazie.»
«Non sai cosa scatta in me quando arrossisci», disse avvicinandosi. Mi prese i fianchi e mi trascinò all'interno della mia suite. Chiuse la porta con un calcio e mi spinse delicatamente con le spalle contro di essa.
«Cosa fai?» chiesi mentre slacciava il mio kimono, ma non lo fermai.
«Shhh! Lasciati andare», sussurrò al mio orecchio mentre le sue mani esploravano il mio corpo.
«David! Non ora. Non qui», dissi cercando di avere il controllo di me stessa.
Cominciò ad accarezzare i miei seni nudi, baciò il mio collo dolcemente e spinse il suo bacino verso il mio.
«Lasciati andare.»
«David non è il caso ora.»
Continuò a persuadermi. Le sue mani tracciarono il perimetro del mio corpo.
«Dai, Nina! Non posso più aspettare.»
«Andiamo a fare colazione prima, ok?»
David si fermò e, deluso, mi lasciò andare. «Ti aspetto di sotto», mi informò prima di uscire.
Entrai nella stanza da letto e Adam era ancora lì che dormiva beato. Andai in bagno, mi lavai e vestii in fretta. Presi un post-it e scrissi:
"Grazie per esserti preso cura di me.
Ci vediamo nel pomeriggio.
Pranza pure senza di me.
Con affetto,
Nina."
Lo misi sulla testata del letto e uscii.
Nella hall, David era lì che si passava le mani nei capelli mentre mi aspettava spazientito.
«Finalmente! Dove eri finita?»
«Una donna ha i suoi tempi per essere sempre perfetta e impeccabile.»
«Ma smettila. Ti ho dimostrato poco fa quanto tu sia bella sempre.»
Arrossii. Di nuovo.
«Allora dove ti va di andare?»
«Farei colazione anche qui nel nostro albergo», disse avvicinandosi, «poi potremmo salire su da me. Nella mia suite. Potremmo passare un po' di tempo insieme», continuò malizioso sussurrando al mio orecchio per poi mordermi il lobo in modo sensuale. Mi sciolsi al solo tatto. "Adam!" Pensai. Non potevo. Non era giusto nei loro confronti. Dovevo prendere una decisione.
«Andiamo a fare colazione. Ho una gran fame. Ho visto una pasticceria molta carina dei dintorni.»
«D'accordo. Ma dopo saliamo da me.»
Prima che io possa rispondere alla sua affermazione vedo spuntare nella hall una chioma nera abbastanza familiare.
«Nicole!» urlo per richiamare la sua attenzione mentre corro da lei.
«Nina. Ah, è qui che alloggi?! Niente male. Come stai? Ti sei ripresa?»
«Grazie per aver chiamato Adam ieri. Ora ho solo un cerchio alla testa ma sono dovuta per forza scendere. David mi ha quasi obbligata ad andare a fare colazione.»
«E Adam dov'è?» chiese guardandosi intorno. Sarà un'altra sua nuova ammiratrice?
«Dorme.»
Nel frattempo David si avvicinò. La sua espressione mutò non appena fu vicino a noi. I suoi occhi scuri guardarono quasi con rabbia quelli verdi e incantevoli di Nicole. Lei mi ricordava tanto Esmeralda del cartone Disney, il gobbo di Notre Dame. Pelle olivastra, occhi verdi magnetici... veramente stupenda.
«Tu che ci fai qui? Cosa vuoi?» le chiese nervoso con voce tremante.
«Vi conoscete?» chiesi. Il comportamento di David era alquanto strano e il suo tono sgarbato nei confronti di questa ragazza non me la contavano giusta.
«No», si affrettò a rispondere lei. «Che maleducata. Piacere sono Nicole», disse porgendogli la mano che non le fu mai afferrata e che riabbassò con imbarazzo.
«Si, si. Nicole. Beh, noi dobbiamo andare. Nina, tesoro, andiamo?»
«David da quando sei così sgarbato con le persone?» chiesi delusa dal suo comportamento. «Nicole, vuoi aggiungerti a noi?»
«Credo che la signorina qui presente abbia altri progetti.»
«Volentieri», accettò sovrastando la voce di David. «Il tempo che lascio un attimo una cosa alla reception.»
«D'accordo ti aspettiamo fuori.»
Andammo a fare una ricca colazione. David fu stranamente silenzioso tutto il tempo. Una riga gli solcava lo spazio tra le due volte sopracciglia. Sapevo il motivo per cui era visibilmente arrabbiato. Non era tanto la presenza di Nicole ad infastidirlo, ma il fatto che non fossimo nella suite solo io e lui. Aveva altri piani con me in quella giornata ed erano stati cambiati. Dovevo ringraziare Nicole per questo. Se non fosse stato per lei, probabilmente mi sarei ritrovata nel letto di David a quest'ora. Me ne sarei pentita sicuramente, ma non avrei resistito al suo fascino. David è bello e dannato, c'è poco da discutere.
Stranamente, proprio in quella mattinata, nessun paparazzo era nei dintorni. Che quiete. Che libertà.
«Che ne dite di venire a pranzare a casa mia?» propone Nicole entusiasta.
«Mi sembra un'ottima idea.»
«Non per me», mormora seccato David.
«Non fare il brontolone.»
«Nina, puoi venire anche da sola. Non c'è bisogno che ti porti la cavalleria», mormora sarcastica.
«No. Verrò anche io. Non la lascerò sola con una estranea.»
Poche ore dopo eravamo a casa di Nicole. Lei era in cucina preparando il pranzo, mentre io e David eravamo occupati ad apparecchiare la tavola.
David si voltò verso la parete attrezzata curiosando tra i vari oggettini presenti sulla mensola. «È incredibile che abbia ancora questo Buddha», mormorò tra se e se, tanto che non riuscì a sentirlo.
Mi sedetti sul divano e David mi seguì subito scivolando al mio fianco.
«Perché non andiamo via, finché siamo in tempo?»
«In tempo per cosa?»
«Per stare un po' soli, io e te.»
«David, a proposito di questo, non credo sia una buona idea.»
«Non capisco. Qual è il tuo problema?»
«Nessuno.» Non potevo mica dirgli di me e Adam, anche perché non so manco se esista un "noi".
«E allora? Non ti piaccio più? È per il  comportamento che ho avuto ieri? Se è per quello mi dispiace. Non sono così violento solitamente.»
«David, credo che dovremmo smettere di frequentarci.» Finalmente trovai il coraggio di dirglielo, ma non servì a molto.
«Non puoi lasciarmi. E il film? I giornali? Ci hai pensato? Cosa diranno di noi?»
«È questo il problema. Tu vuoi stare con me solo per questo motivo.»
«Non è vero... non dire sciocchezze», farfugliò.
« Eccomi. È pronto. Tutti a tavola», cinguettò Nicole entrando in stanza.
«Io non ho piú fame. Vado via», annunciò David che senza nemmeno salutare aprì la porta e andò via.
«Che gli è preso?» chiede curiosa.
«Sarà un po' nervoso.» Non avevo molta voglia di raccontarle cosa fosse successo la sera precedente e nemmeno spiegarle il mio repentino cambio di idea, d'altronde davvero era un'estranea. Sono questi i momenti in cui sento la mancanza di Chloe.
«Vabbè, c'è più cibo per noi due», sghignazza.
A tavola, mentre mangiammo il pollo arrosto preparato da lei, il quale devo dire fu di una squisitezza unica, cercai di conoscere meglio Nicole. Avevo bisogno di qualcuno con cui confidarmi , così, tentando di fargli più domande possibili, avrei potuto considerarla almeno una conoscente e non più estranea.
Mi raccontò che anche lei faceva la modella, che non aveva mai avuto la fortuna di recitare una piccola parte in qualche film e che adorava i fiori.
«Parlami di te, ora. Non so niente di te se non quello che leggo sui gossip.»
«Non c'è molto da dire. Ti ho già detto tutto ieri con qualche bicchierino di troppo.»
«Tu e David avete litigato?»
«No. Forse si. Non lo so», farfugliai.
«Hai più ricevuto minacce? Lettere?»
Per un istante la guardai perplessa. Come poteva saperlo? Sono convinta di non averne parlato con mess se non con Adam.
«Ti è sfuggito ieri sera. Eri davvero così ubriaca, allora. Per non ricordarti quello che mi hai detto significa che basta davvero molto poco per non essere più cosciente. E io pensavo fingessi», disse scoppiando in una fragorosa risata.
«Poco? Ho finito da sola una bottiglia di gin o quel che era...»
Nicole continuava a ridere. La sua risata era così contagiosa che mi lasciai trasportare.
«Mi sa che è ora di andare», annunciai dispiaciuta. Mi stavo davvero abituando alla sua compagnia.
«Promettimi che tornerai a trovarmi o che troveremo un modo per vederci.»
«Ma certo! Se non avessi promesso ad Adam di vederci nel primo pomeriggio, sarei rimasta volentieri», le confesso.
«Potrebbe nascere proprio una bella amicizia, non trovi?»
«Concordo. È davvero quello di cui ho bisogno.»
Salutai Nicole e mi incamminai verso l'hotel. Durante il tragitto pensai quante cose erano cambiate in così poco tempo. Avevo mollato il mio ragazzo perché mi tradiva, avevo perso la mia migliore amica, si può dire che frequentavo due ragazzi quasi contemporaneamente ed ero riuscita finalmente a fidarmi di un "estraneo".
Afferrai il cellulare e digitai il numero di Chloe preceduto da una formula di numeri e simboli che potesse permettermi di poter fare una chiamata anonima; temevo che leggendo il mio nome sullo schermo avrebbe ignorato la chiamata. Avevo disperatamente bisogno di lei. Dovevo parlarle.
«Pronto?» La voce non era certo la sua. Era quello di un uomo. Un uomo la cui voce era molto familiare. Justin. Il mio manager. Ciò significa che Chloe non ha mai abbandonato l'Australia. Ma dove alloggiava? E perché Justin rispondeva al suo telefono?
«Pronto?» ripeté ed io agganciai immediatamente.

Resterò al tuo fianco Where stories live. Discover now