Capitolo 5

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Pov Giacomo


Un'imponente villa e un giardino tanto grande da occupare lo spazio di un'intera palazzina, si stagliarono di fronte a me. Ero pietrificato. "Ma quanti soldi ha questo qui".

Fu l'unico pensiero più o meno coerente che riuscii a formulare a confronto con quella magnificenza.

«Coraggio entra.»

Mi volsi verso la longilinea figura di Niccolò che mi fissava, con evidente irritazione, oltre il cancello appena spalancato. Mossi con fatica la gamba rovinata, affiancandomi col fiatone.

Lo sguardo dell'albino si fissò sulla mi figura tremante dal dolore, osservandomi per qualche secondo. Poi sbuffò e mi sollevò di nuovo, stavolta infilandomi un braccio sotto le ginocchia e uno dietro le spalle, stringendomi contro il petto e avvicinandosi con gesto lento e misurato verso la porta della villa.

Ero così preso dal dolore che mi percorreva che non mi accorsi neppure di quello che mi stava accadendo. Poco dopo mi sentii appoggiare su qualcosa di fresco e morbido e persi totalmente conoscenza.


Pov Niccolò

Quel ragazzino era conciato davvero male. La gamba aveva una ferita profonda, probabilmente causata da un coltello. Aveva un labbro spaccato che stava diventando di un colore violaceo e una lacerazione a livello dello zigomo sinistro.

Mi alzai in piedi e uscii dalla mia camera, dirigendomi in quella di Kevin, probabilmente intento a studiare su uno di quei suoi manuali di erbe medicinali o quello che fossero. Feci scorrere la porta a soffietto e lo vidi chino sulla scrivania con un libro di anatomia e uno di genetica.

«Ciao Niccolò», disse soltanto. Io richiusi la porta alle mie spalle, andandomi ad accomodare sulla sedia accanto alla sua.

«Ho una cosa da chiederti fratello».

Lui si volse verso di me con gesto tranquillo.

«Lo immaginavo. Non vieni mai da me se non succede qualcosa.»

«Ho un ragazzo ferito di là in camera. Vuoi dargli un'occhiata»".

Kevin sbarrò gli occhi verdi. «Che hai combinato stavolta.»

Storsi il naso. «Io proprio niente.»

"Non ti abbasseresti mai a una cosa del genere, lo so, lo so. Forza andiamo".

Kevin rimase allibito, non appena vide le condizioni in cui era il sottile ragazzino raggomitolato nelle lenzuola. Tremava in maniera spaventosa e il tessuto bianco che lo copriva iniziava a tingersi di rosso in un paio di punti. Gli mise una mano sulla fronte-sudata.

«Scotta.»

Si voltò di scatto verso di me che lo fissavo con la mia solita calma glaciale.

«Muoviti Niccolò, vammi a prendere le medicine che tengo nella cassettiera!»

Uscii senza battere ciglio, come se mio fratello mi avesse chiesto di andargli a preparare il caffè.

Erano ormai un paio d'ore che Kevin si affaccendava intorno a Giacomo, che non la smetteva un attimo di tremare e sudare copiosamente. Dopo un'ultima mezz'ora di lavoro, Kevin si accasciò sulla poltrona di pelle nera che dominava la mia camera, appoggiandosi, con un profondo sospiro di stanchezza, con un piede al tavolino di cristallo.

Il mondo è grigio il mondo è bluWhere stories live. Discover now