Papà parcheggia di fronte al museo. Shawn, durante il viaggio, ha scattato alcune fotografie. A me, alle strade e alle persone. Non mi piace essere fotografata, ma se Shawn è dietro la macchina va bene. Non so perché, ma con lui non mi sento in imbarazzo. È come se lui conoscesse già ogni parte di me. Cosa che, ovviamente, non è vera. Per ovvie ragioni.
«Mi dai la mano?» chiede, con un sorriso a trentadue denti in viso. Cerca di imitare una voce da bambino, facendo il labbruccio. Stiamo davvero scherzando come se niente fosse dopo quattro anni? La risposta è sì.
«Solo se ti fermi anche questa sera.» lo prego, cercando di convincerlo con gli occhi dolci. Lui annuisce e prende la mia mano e intreccia le nostre dita. Sembra di essere tornati indietro nel tempo.
È bello vedere come, dopo anni, riusciamo a legare ancora perfettamente. Siamo ancora l'uno la metà dell'altra e niente potrà distruggere questo legame che ci unisce. Nonostante il tempo passato separati, le lettere scritte tra le lacrime e le foto sfocate della Polaroid, siamo ancora qui. Dimentichiamo completamente la vita che abbiamo ora, torniamo al passato.
Tra una settimana sarà tutto finito ed io tornerò ad essere sola.Il Museo delle Belle Arti è fantastico. Ci sono un sacco di quadri appesi alle pareti e sculture sul pavimento. Questo luogo mi affascina, non tanto per ciò che espone, ma per l'energia che trasmette. Forse, essendo io una specie di artista, riesco a comprendere meglio i quadri, quello che i pittori vogliono esprimere attraverso i colori o forme strane. Mi piace disegnare, trascinare la matita sul foglio, 'guidare' il pennello con la mia mano, mentre una striscia di colore s'incide sulla carta.
«Mi piace questo posto.» sussurro a Shawn, che tiene ancora stretta la mia mano. Lui arriccia il naso e fa spallucce, osservando un quadro che raffigura un paesaggio collinare. Il sole che tramonta e gli alberi spogli. È un quadro davvero triste e non mi viene in mente una ragione per definirlo così. È triste e basta.
«I quadri sono noiosi.» si lamenta, accarezzando la pelle del dorso della mia mano. È un movimento lento e circolare, leggero e dolce. E molto, molto rilassante.
«Non devi guardare tanto i quadri, quanto ciò che trasmettono.» È ciò che mi ha insegnato mia madre. A lei piace l'arte e tutte quelle cose lì. Ama disegnare, vestiti soprattutto, dato che è una stilista.
«Sei saggia, KimKim.» sussurra, inclinando la testa. Annuisco, dando mentalmente il merito a mamma.Usciamo dal museo poco prima che chiuda, stringendoci nei nostri cappotti. È ancora freddo ed è solo pomeriggio. Non oso immaginare come sarà questa sera il clima.
Shawn ci dà indicazioni per la casa dei suo nonni, dicendo di girare a sinistra, poi a destra, poi a sinistra. La loro casa è ricoperta di luci colorate di Natale e in giardino c'è un abete decorato: è enorme.«Wow.» riesco a dire, con la bocca leggermente aperta. Non avevo mai visto qualcosa di così luminoso e accecante. C'è un miscuglio di colori sopra l'albero e altri sul tetto, un piccolo Babbo Natale ci saluta sulla porta d'entrata. Una renna dal naso rosso è al suo fianco: Rudolph.
«A volte sono un po' esagerati.» sussurra Shawn, ridacchiando. Noto che l'interno della casa è ancora più luminoso, quando la mamma di Shawn, Karen, viene ad aprirci. Ha un'aria più giovanile, con il suo vestito rosso senza spalline.
«Kim?» Spalanca le braccia e mi stringe a sé. Mi era mancata pure lei. «Josh, Grace!» Abbraccia anche i miei genitori e iniziano a chiacchierare, coinvolgendo anche i nonni di Shawn. Piace a tutti parlare con i miei.«Aaliyah!» grida Shawn, correndo incontro a sua sorella e abbracciandola. Lei le cinge la vita con le gambe e lo stringe fortissimo. Adoro questa bambina, somiglia proprio a suo fratello. È simpatica e dolce.
Saluto anche il padre di Shawn, i suoi nonni e il loro cagnolino. Adoro i cani, ma quello che mi piace di più, è per certo la pedina di Monopoly. È così tenera!

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