Capitolo due.

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Doncaster, 2001.



“LouLou tu cosa vuoi fare da grande?” Mi lascio cadere sul grande divano di casa di Louis e lui sorride con la bocca piena e la faccia sporca di briciole di patatine. Questa è diventata la mia seconda casa ormai, Jay e mamma sono ottime amiche e non riuscirei nemmeno volendo a ricordarmi un momento in cui non mi sono sentito a mio agio. Questa casa è casa, forse perché le persone che la abitano sono mie amiche.
“Non lo so bene.” Risponde accendendo la tv e sistemandosi vicino a me. “E poi non chiamarmi LouLou.” Fa dandomi una piccola spallata.
“É cosi carino chiamarti cosi.” Dico mettendo su un piccolo broncio. “E poi devi pur avere un sogno nel cassetto.” E’ questo che la nostra maestra oggi ci ha dato come compito, cosa vuoi fare da grande? L’idraulico? Il pompiere? Io non lo so, o meglio ho scritto qualcosa, ma forse non ciò che lei voleva. Perché io non ho scritto nessun mestiere in particolare, ho scritto semplicemente di voler aiutare la gente, di voler far bene alla gente.
“Più che nel cassetto sta in tutto l’armadio il mio sogno.” Esclama sorridendo. “Voglio diventare famoso.” Sussurra guardandosi le mani con fare nervoso, delle volte quando si imbarazza ha questo vizio di abbassare lo sguardo.
“Vuoi fare il cantante?” Chiedo con una voce troppo squillante, fare il cantante sarebbe una bell’idea. “O l’attore?”
“Nooooo.” Afferma scuotendo la testa e prendendo un’altra manciata di patatine. “Voglio diventare un modello.” Ammette con un lungo sospiro, come se la confessione li fosse costata troppo.
“Davvero?” Domando confuso.
“Si. Voglio indossare tanti abiti diversi, posare per centinaia di fotografie, e girare il mondo.”
“Waao.” Dico sorpreso. Il modello, come quelli per cui mia sorella impazzisce, quelli che fanno tante foto, che sfilano sulle passerelle di tutto il mondo.
“E poi mamma dice che quando ero piccolo tutti volevano che mandasse delle mie foto a qualcuno, ma adesso è diverso.” Abbassa ancora lo sguardo sulle sue mani e diventa improvvisamente triste.
“Perché?”
“Ma tu gli hai visti i modelli che ci sono sulle riviste?” Domanda, e mi sembra arrabbiato con la voce che gli trema e il labbro fra i denti piccoli.
“Ma loro sono grandi!” Rispondo io ovvio.
“Non diventerò mai grande come loro.” Fa sconsolato, ed io gli appoggio la testa sulla spalla e mi ci strofino contro.
“Hai ragione tu sarai molto più bello.” Faccio risoluto dopo un po’ e lui in tutta risposta sorride, di un sorriso enorme e bello, di quei sorrisi che sanno essere suoi.
“Lecchino.” Dice. “Ma davvero se non esistessi dovrebbero inventarti.” E non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima. Sento questo momento urlare per sempre.







Doncaster, 2002.


“Louis!!” La strada fra casa mia e il nostro solito punto di incontro non mi è mai sembrata cosi lunga e saltare lo steccato mai cosi difficile. Sarà il freddo, sarà che ho mangiato tantissimo…
“Louis!” Urlo ancora più forte senza vederlo. “Fa freddissimo, esci fuori.”
“Guarda cosa ti ho portato!” Esclama uscendo da qualche parte e tirando fuori dalla tasca due bastoncini bianchi.
“Cosa vuoi farci!?” Domando avvicinandomi a lui.
“Mangiarle!” Risponde ridacchiando piano. “Fumarle no?” Allora sono proprio due sigarette quelle.
“Da dove le hai prese?”
“Dai miei cugini!” Risponde iniziando a saltellare sul posto.
“Ma sei sicuro?” Chiedo ancora, sento qualcosa scorrermi nelle vene, la paura, la consapevolezza di fare qualcosa di sbagliato, ma allo stesso tempo l’eccitazione di farlo.
‘Si ho 12 anni ormai. E tu quasi 11…”
“Non siamo più piccoli.” Dico io convinto togliendogliela dalla mano e mettendola in bocca.
“Al contrario.” Dice lui sfilandomela dalle labbra e riposizionandola nel modo giusto, sorridendo teneramente e lasciandomi una carezza. Poi porta l’accendino all’estremità della sua sigaretta che in un istante si accende, e tira respira forte. I suoi occhi diventato lucidi e gli strizza un paio di volte, ma mi guarda sorridente e fa “Tocca a te riccio, pronto?”
“Prontissimo.” E imito i suoi gesti, solo che in un secondo sento i polmoni bruciare come percorsi da fiamme vive, gli occhi lacrimare e la bocca contorcersi per colpa della tosse. Louis mi da dei colpetti leggeri sulla schiena mentre lui continua a fumare con gli stessi occhi lucidi di prima, ma con un’espressione diversa, sembra improvvisamente più grande, più lontano, come gli amici di Gemma che l’aspettano la sera oltre il cortile di casa.
“Harry?” Chiede dopo alcuni secondi che mi ha lasciato per riprendere fiato. “Tutto bene?”
“Si mi é tornata l’aria nei polmoni, credo.” E sorride ancora, di quei sorrisi tutti suoi.
“Fai tiri più brevi ma mandali giù come se fossero semplice aria.” Faccio come mi ha detto e ricomincio a tossire forte. Allora mi appoggio ad un albero e lui ridacchia ancora.
“Abbiamo capito chi dei due fumerà da grande.” Gli faccio una smorfia e lui si siede con un tonfo per terra. “Mi gira un po’ la testa.” Ammette fissandosi le ginocchia.
“Un po’?” Domando appoggiandomi all’albero. ”Quella nuvola, non vuole smetterla di muoversi.”
“Vieni qui Hazza.” Dice battendosi sulle cosce, ed io non me lo faccio ripetere due volte poggiando la testa sulle sue gambe. “E anche questo lo abbiamo fatto insieme..” Fa lui.
“L’ennesima prima volta.” Continuo io.
“E questa da chi l’hai sentita?”
“Da Gemma.” Rispondo io facendo scoppiare entrambi a ridere. Ma lui non lo sa che ho notato bene la mia sigaretta lasciata a metà poco lontana da noi, e la sua stretta fra indice e medio, che si avvicina sistematicamente alla bocca aspirando piano. Una nuova volta, noi due insieme, le sue mani fra i capelli, la mia testa sulle sue gambe e non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima. Sento questo momento urlare per sempre.
Eppure quando pensa che io non stia ascoltando o che forse mi sia addormentato sussurra un debole “Questo a papà non piacerà proprio per niente.” E sorride con negli occhi qualche anno in più, quegli anni che hanno preso il posto della sua meravigliosa luce.



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