4. Eric

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Sono sul letto con le cuffie infilate nelle orecchie ascoltando musica pop commerciale. Fisso il cartello stradale che ho rubato per una scommessa tempo fa. La mia stanza è così spoglia. Vi è un armadio, una scrivania con il pc e il mio letto. Non ho foto, quadri o poster appesi. Sembra sia la stanza di un bed and breakfast.
Mio fratello Gerald entra improvvisamente e, senza il mio permesso, fruga tra le mie cose. Si avvicina all'armadio ed estrae una camicia blu. «Dove pensi di andare con la mia camicia?» chiedo senza fissarlo.
«Che ti importa?»
«Hai preso la mia camicia, mi importa!» ribatto secco.
«Una festa.»
«Gerald!» urla mia madre dalle scale. «Ho trovato la tua camicia!»
«Prendi. Non mi serve più», mormora altezzoso buttandomi la camicia in faccia.
Mi alzo come una furia e prendo mio fratello per il collo della maglia con una mano, mentre con l'altra minaccio di sferrargli un pugno.
«Eric, lascia subito tuo fratello», ordina mia madre.
«Hai sentito il capo. Lasciami», esclama con area di sfida Gerald.
«Sei l'emblema del mio fallimento, Eric», mormora mia madre prima di lasciare la stanza.
Abbasso la guardia per un attimo, deluso da quelle parole che mi hanno appena pugnalato, mentre Gerard ne approfitta per darmi un pugno da vera femminuccia. Ho solo il labbro inferiore un po' spaccato, ma nemmeno me ne accorgo subito. Rido di gusto pulendomi il labbro con il dorso della mano. Gerard continua a guardarmi con area di sfida e quasi si mette in posizione da pugile per poter parare un mio possibile colpo.
«Sei proprio una "ragazzina". Esci da camera mia. Va' dove devi andare.»
«Hai paura di batterti?!»
«No, semplicemente non voglio rovinarti quel bel faccino che ti ritrovi», sottolineo tornando serio.
«Non mi va di perdere tempo con un imbecille come te. Ho una festa a sorpresa che mi aspetta.»
«Gerald, andiamo», esclama Emile entrando in camera mia. «Ho interrotto qualcosa?»
«No, Gerald stava appena andando via. Vero, fratellino?»
«Andiamo, Emile», mormora.
«Divertitevi, qualsiasi cosa voi stiate andando a fare.»
Gerald esce dalla stanza lanciandomi un'occhiataccia, mentre Emile è ancora qui che mi guarda deluso.
«Stamattina ho conosciuto Alice», mormoro malizioso.
«Sta' lontano da lei.»
«Non te lo posso promettere. Sai, ho una certa calamita verso le belle ragazze. Pensavo che Céline fosse una gran bella...»
«Modera i termini», mi ammonisci ancora prima di pronunciare un aggettivo.
«Comunque, Alice è... wow! Non capisco perché non me l'abbiate mai fatta conoscere.»
«Non dovevi conoscerla infatti. Ho provato a tenerla lontana da te per ben due anni. Lei merita molto più di un semplice giro sulla tua "giostra".»
«Oh, certo, comprendo. Io proverò a starle lontano, ma se lei incominciasse a ruotarmi intorno, potrei non rispondere più di me o delle mie azioni.»
«Emile! Sbrighiamoci. Alice a momenti avrà finito il turno», urla mio fratello dalle scale.
«Quindi la festa a cui dovete andare è di Alice? Strano che non mi abbia invitato, eppure abbiamo stretto molta amicizia», dichiaro ironico.
«Io non ti ho invitato. La festa a sorpresa l'ho organizzata io. Voglio che sia tutto perfetto, quindi sta lontano da noi», esclama in tono minaccioso.
«Emile!» grida ancora Gerald.
«Arrivo!»
«Divertitevi!» esclamo divertito.
Aspetto che i due escano di casa per poi afferrare il mio giubbotto di pelle e le chiavi della mia moto. Scendo velocemente le scale dirigendomi verso la porta d'ingresso.
«Dove stai andando?» chiede mia madre con finto interesse.
«A fare un giro», rispondo secco prima di chiudere la porta alle mie spalle.
Salgo in moto e, dopo aver avviato il motore, indosso il casco per poi immettermi in strada. Sono diretto verso "Le Crystal", ma non ho ancora idea di quali siano le mie interazioni.
Sono avanti al locale, fermo la moto, tolgo il casco e la vedo. Lei è lì. Avrà appena finito il suo turno. Probabilmente si dirigerà a casa, ignara del fatto che ci saranno i suoi cari, i suoi amici, il suo ragazzo, ad aspettarla per festeggiare il suo compleanno.
Mi avvicino ad Alice. «Ehi, tu.»
«Ciao...», mi saluta sorpresa di vedermi lì.
«Hai da fare?»
La domanda sembra metterla ancora di più a disagio. Mi fissa, non sa cosa rispondermi.
«Allora? Ti va di fare un giro in moto con me?» Cosa stai facendo Eric?
«Ok.»
La sua approvazione mi sorprende. Non avrei mai pensato potesse accettare da me, uno sconosciuto, un invito ad andare chi sa dove. Non è poi così speciale come pensavo che fosse o così diversa dalle altre ragazze se si lascia incantare da un bel faccino apparentemente angelico come il mio.
Le passo il casco e Alice lo indossa subito senza batter ciglio. Saltiamo in moto e decido di portarla sul lungomare di Cannes. Una volta arrivati, la invito a fare due passi. Sembra nervosa, impacciata, non sa cosa dire.
«C'è qualcosa che non va?»
Alice chiude gli occhi e inspira profondamente l'area fresca proveniente dal mare. «No, va tutto bene. È da tempo che non assaporavo un po' di libertà.»
«Ah, sì?! Come mai?»
«Beh, tra lavoro e studio, non ho molto tempo da dedicare a me stessa o ai miei amici. Per non parlare che poi Céline ora è...», si interrompe improvvisamente. Sembra quasi abbia detto troppo, ma poi continua cambiando argomento: «non sono mai andata ad una festa universitaria, com'è?»
«Perché lo chiedi a me?»
«Beh, dubito che tu non sia mai andato ad una festa universitaria», afferma ridendo.
«Si, è vero, a qualcuna.»
«A qualcuna non sei andato, vorrai dire.»
«Che importanza ha?»
Cominciavo a sentirmi un po' in colpa per averle tolto anche questa occasione di divertirsi. Non sarà una festa da sballo come quelle a cui sono abituato, ma per lei sarebbe lo stesso.
Parliamo del più e del meno camminando senza meta. La sua timidezza sembra essere svanita, come anche la sua espressione perennemente seria, finalmente la sua bocca si allarga in un sorriso. Sembra ingenua, innocua, ma di una bellezza non comune. Non è la classica ragazza truccata con chissà quanti chili di cosmetici o vestita in maniera provocante. Alice è acqua e sapone.
Resto a fissarla, mentre lei mi racconta di quanto sia difficile trovare casa in così poco tempo, di quanto lei non abbia degli ottimi rapporti con la sorella e di quanto desidererebbe condurre una vita normale divertendosi come tutte le ragazze della sua età.
Il vento comincia ad alzarsi, il mare ad agitarsi, sembra che il cielo minaccia di pioggia.
«Hai freddo?» chiedo posandole la mia giacca sulle spalle.
«Ora non più», afferma con un sorriso.
Ho voglia di baciarla, di stringerla e fare sesso. Ma devo scacciare per il momento questo pensiero; non devo assolutamente provare sentimenti i attrazioni per lei. Non devo mancare di vista l'obiettivo per il quale sono qui stasera: rovinare la vita ai miei fratelli. Non mi importa se ci va di mezzo un agnellino come lei, io non ho sentimenti. Io non proverò mai niente per nessuno.
«Posso guidare la tua moto?»
«Non credo sia una buona idea, tengo alla mia moto più di qualsiasi cosa.»
«Guarda che so portarla», ribatte.
«D'accordo. Però attenta. Se dovessi farle qualcosa dovrai ripagarmi, anche in natura se vuoi.»
«Questo puoi scordartelo!»
Le passo il casco e le chiavi, Alice salta in moto, infila le chiavi e fa rombare il motore. È dannatamente sexy lì sopra!
Fa qualche metro per poi ritornare indietro.
«Dai, mi fido. Percorri tutto il lungomare, almeno potrai vantarti di aver guidato davvero la mia moto.»
Felice, allunga il collo per posare le sue morbide labbra sulla mia guancia. Il suo gesto è stato impulsivo e lo si nota dal fatto che ora è così rossa in volto che non riesce nemmeno più a guardarmi. Parte immediatamente e sfreccia zigzagando tra le poche macchine in circolo.
«È fantastica!» esclama al suo ritorno.
«Lo so», affermo con un ghigno. «Vuoi qualcosa da bere?»
«Si, forse è ora di una birra.»
«D'accordo, mi aspetti qui con la mia bambina.»
«Magari, nel frattempo, faccio qualche altro giro.»
Annuisco e mi reco nella brasserie di fronte. Una ragazza dai capelli rosa molto corti, dagli abiti succinti e ricoperta di tatuaggi mi accoglie all'entrata. Se fossi stato solo, sarebbe stata la mia prossima preda.
«Ciao, tesoro. Vuoi accomodarti?»
«Ah, lo vorrei tanto, ma no. Devo prendere solo due birre da portare via.»
«Peccato.»
«Già.»
Mi avvicino al bancone e ordino due birre.
«L'altra birra è per me?» chiede maliziosa, la ragazza dai capelli rosa.

«No, è per un'amica.»
«Non vedo nessuno qui.»
«È fuori che mi aspetta.»
«Sei sicuro? Sai, potremmo passare del tempo insieme.»
«In un altro momento avrei accettato.»
Afferro le mie due birre ed esco fuori dal locale. Vedo Alice arrivare verso di me in moto. Si ferma un attimo, mi fissa, ma il suo sguardo non è più gioioso come prima. Mi guarda in cagnesco. Non sfila nemmeno il casco. I suoi occhi esprimono tutta la rabbia che probabilmente sta provando nei miei confronti. Non ne capisco il motivo. Provo a darle la bottiglia con un sorriso, ma Alice con un colpo la scaraventa per terra. Sono perplesso.
«Mi fai schifo», ringhia prima di partire a tutta velocità, lasciandomi lì da solo senza parole. Vorrei gridare il suo nome e fermarla, ma non riesco nemmeno a fare questo.

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