Dreaming of freedom.

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1813

Londra

I primi raggi del sole mattutino, prendendosi gioco delle tende scure appositamente tirate, illuminarono il viso della ragazza distesa nel letto.

Lei, non volendo uscire dal mondo fatato dei sogni infilò la testa sotto il cuscino, non voleva svegliarsi, non voleva tornare alla dura realtà.

Ma purtroppo c'era chi non era d'accordo con lei, infatti un sonoro bussare la destò e la voce di sua madre le invase la testa.

-Elis, Elis, tesoro alzati, devi prepararti!-

La ragazza cercò di ignorarla, girandosi dall'altra parte, ma la madre non si diede per vinta, entrò e la scosse delicatamente.

-Elis, forza, devi farti un bagno e vestirti.. tra poche ore lui sarà qui!-

E' proprio per questo motivo che non voglio svegliarmi..

-Elis!- la sgridò con voce severa la donna.

-Si madre, sono sveglia- la guardò.

-Bene, perchè non c'è molto tempo, devi prepararti-

-Madre, vorrei prima fare colazione se permettete- la ragazza si alzò sui cuscini, ormai rassegnata.

La donna annuì e battè un paio di volte le mani, subito dopo comparve una cameriera con un vassoio in mano, che depositò sulla scrivania.

-Fa' in fretta Elis, non c'è un attimo da perdere!- la donna si alzò -ti concedo cinque minuti- lasciò la stanza.

La ragazza sospirò e lentamente si alzò, andò alla scrivania e bevve il suo thè, poi prese un biscotto e si diresse verso la toletta.

Prese la spazzola ed iniziò a pettinare i capelli, con lo sguardo fisso sulla sua immagine.

Osservò il suo volto magro, gli occhi blu riposati ed intelligenti, il suo magnifico corpo non troppo prosperoso, ma longilineo, ed infine i suoi lunghi capelli castani.

Eccola, quella era lei, una delle più belle donne dell'Inghilterra, tanto aggraziata da suscitare l'invidia della regina, tanto ammirata da suscitare l'odio delle altre dame, e tanto sensuale e raffinata da far crescere il desiderio di qualunque uomo la incrociasse.

Ma nessun uomo poteva averla, non più, lei era già di un altro, il più crudele e spietato, il più schifoso ed egoista degli uomini, Lord Malik.

Fece scorrere il suo sguardo lungo il braccio fino all'anulare sinistro, dove vi era il simbolo della sua schiavitù, era come un marchio inciso a fuoco sulla sua pelle, la sua fede nuziale.

Giorno dopo giorno viveva in quella gabbia dorata, prigioniera di un destino infame che l'aveva legata indissolubilmente ad un uomo che non avrebbe mai amato, lo stesso uomo la cui bocca che usava per baciarla nello stesso tempo baciava le labbra di moltissime prostitute, lo stesso uomo le cui mani che scorrevano quasi ogni notte nel suo corpo, firmavano ogni giorno miliardi di condanne a morte.

Aveva sopportato due anni di umiliazioni, due anni di dolore e tristezza, due anni di solitudine e pianti.

E avrebbe voluto uccidersi, gettarsi dal balcone e deturpare così il suo corpo maledettamente perfetto o infilare un pugnale nelle sue diafane carni per grattare via lo sporco che si sentiva fin dentro le vene e stare finalmente bene; ma non ne aveva il coraggio, non ci riusciva. Era solo una codarda.

-Elis, sto entrando- senza nemmeno finire la frase la madre entrò e dopo essersi avvicinata a lei, prese il suo posto a spazzolarle i capelli.

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