Carne

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Rosso su grigio, sangue annacquato su tavolo operatorio.
Ragnatele viola attraversano una grossa coscia rosa pallido.
Un'accetta affilata, pulita sulla porpora del grembiule.
Sollevata, la lama scintilla a tratti, come la lampada appesa al soffitto marcio della piccola stanza, marcio come il cielo dentro Dav, che ricorda la sua prima volta.
Occhi sbarrati, respiro furioso, bocca spalancata.
La paura canta in uno strano modo, se nessuno la ferma.
Qualcuno deve pur farlo, anche quando si ha dodici anni.
Dav l'ha fatto in passato, sa che lo farà in futuro.
Ma oggi deve solo abbattere la sua lama su quella coscia rosa pallida, inerte, silenziosa, già morta.
Un colpo sordo, un fiotto di sangue vola un po' sul suo grembiule, un po' sul suo naso appoggiato placido sulle labbra sottili piene di barba nera e un po' sulla sua palpebra sinistra che s'è chiusa in tempo per proteggere i suoi occhi tondi, azzurri, spenti.
Spezza carne e ossa con fendenti a volte precisi, a volte sbavati, riducendo comunque la coscia in sei pezzi che paiono ruote in scala, dalla più grossa alla più piccola.
Prende la più piccola, poi solca le mattonelle verde acqua con ciabatte di plastica bianca, ora raggiunge un altro tavolo grigio acciaio, su cui appoggia il pezzo di coscia accanto ad altri pezzi di carne, ripetendo il percorso per altre cinque volte.
Ha metodo.
File di fette adagiate l'una sopra l'altra, così da creare un piccolo gran canyon di carne, pieno d'insenature, dall'orizzonte irregolare.
A volte litiga con i pezzi più piccoli, scivolano giù, non hanno equilibrio.
Ogni pezzo lo impacchetta all'interno d'una vaschetta di polistirolo azzurra, mettendole poi in pila, a lato del tavolo.
Sa che non ha ancora finito.
Il secchio vuoto, il rubinetto aperto, il secchio pieno.
Il tavolo operatorio un lago rosso.
Dav getta acqua sul sangue come fosse fuoco.
Il tavolo operatorio è asciutto e lucido, il secchio vuoto, il pavimento liquido.
Straccio usurato sulle mattonelle, che assorbe acqua e sangue, mischiati paiono ruggine.
Le mattonelle asciutte, la fronte liquida.
Drena il sudore con la manica.
Ora può dire d'aver finito, invece lo pensa soltanto.
Nascosti i coltelli, si ripulisce il volto, si toglie il grembiule, lo piega, lo mette in una busta di plastica.
Ora conta i soldi fatti in una giornata.
Pochi.
Se li intasca, finalmente chiude la cassa.
"Ma cosa fa?!" chiede la voce squillante alle spalle di Dav.
Non ha chiuso la porta d'ingresso.
Impietrito, Dav ammette a sé stesso che questo è un guaio.
Ha rovinato tutto.
Arrendevole gira lentamente i tacchi, colto sul fatto, voglioso di fuggire.
"Se ne va via a quest'ora?!" chiede una piccola gracile anziana signora, occhiali tondi e grossi appoggiati su un pollice di naso, caschetto canuto riccio, cappello rosa, giacchetta verde cenciosa.
E Dav "Certo che no, signora Lebowski.".
Sotto il suo sorriso, una smorfia "Cosa desidera? Ho appena tagliato un maiale così soffice che pare velluto. Lo vuole provare?".
Esce dalla stanza del macello sporgendosi da dietro il bancone, mostrando alla signora una delle vaschette appena fatte.
La signora Lebowski osserva la fetta spostando avanti e indietro gli occhiali, sentenziando poi "Non sembra carne di maiale."
"E di che sarebbe, sennò?! Le dico che lo è. La migliore. Per questo non ha mai visto una fetta così."
La signora Lebowski dà un'ultima occhiata scettica prima di tendere la vaschetta a Dav, dicendo "No, preferisco prendere la coscia di quell'agnello."
L'agnello di cui parla la signora Lebowski sta appeso a testa in giù dentro la cella frigorifera, già spellato.
Dav tira fuori il grembiule, lo indossa, apre la cella frigorifera, tira giù il pesante pezzo di carne e lo regge in braccio passo dopo passo fino al lucido, asciutto tavolo operatorio.
"È molto forte, lei." dice la signora Lebowski.
"Non sa quanto." Dav butta l'agnello sul tavolo.
Troppo sveglia, troppo curiosa, la signora fa "Ed è anche intelligente?"
Dav, affannato, nervoso per lo straordinario "Quanto basta per dirle di no."
"Si vede."chiude annuendo la signora, poi si guarda attorno "Questa macelleria l'ha ereditata, vero?"
Dav agguanta l'accetta, prendendo le misure per colpire "Esatto. Due generazioni."
"Ricordo suo padre, brava persona."
"Vuole la coscia, vero?"chiede Dav, dentro seccato, fuori distaccato.
"Oh, sì, grazie."
La lama s'abbatte tre volte sulla coscia, si sfilaccia, si strappa.
"Lei però mi sembra diverso. Più misterioso, meno allegro." continua la vecchietta.
Dav pesa la carne, la impacchetta alla buona, la imbusta e gliela porge.
"Quindici euro." dice lui, sbuffando.
La signora Lebowski prende la busta bianca, la appoggia a terra, apre la borsa, cava il portafoglio sbudellando fuori un centone.
"Ha il resto?"
Dav risponde celando il nervoso con un sorriso "Non c'è problema." dunque cava fuori il resto, glielo porge, saluta con "A presto!"
Ma la signora Lebowski pare proprio non voglia andarsene, mette la moneta nel portafoglio, dice "E lo scontrino?"
"Eh, mi capisca, ho appena chiuso la cassa."
"Furbetto..." commenta la vecchia, indicandolo col sorriso malizioso, come se parlasse a un bimbo.
"Facciamo così:" concluse Dav "Lo scontrino non glielo faccio, ma le regalo questo pezzo di coscia."
"Oh, ma non deve farlo."
"Non si preoccupi, la prenda, la assaggi e domani mi dica cosa ne pensa."
La signora prende la vaschetta con dentro la fetta di maiale, la osserva un'ultima volta.
"È carne di maiale, si fidi."
"Provenienza?"
"Italiana."
"È che proprio non sembra maiale, sa?"
Dav dice "Si fidi.", prima di allungarle un sorriso "È il miglior maiale che io abbia mai visto."
La signora Lebowski ricambia il sorriso, ma prima di girare i tacchi dice "Questo sarà il nostro primo, piccolo, piccolissimo segreto, signor macellaio. Arrivederci!"
"Arrivederci signora Lebowski" sorride Dav "Arrivederci."
La porta d'ingresso della macelleria si chiude.
Dav ha sempre odiato avere a che fare con quei maiali degli esseri umani.

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⏰ Last updated: Feb 18, 2017 ⏰

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