Respiro.

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Un solo raggiante stava appena sorgendo dietro le montagne Beacon Hills, illuminando la mattina del giorno dopo.
Il respiro fermo.
Regolare, leggermente alterato dalla tensione.
Gli occhi marroni chiari, immobili, le mani ferme dentro la tasca grande della felpa. Intrecciate tra di esse.
Scott guardava difronte a se il suo migliore amico, seduto, dormiente in chissà quale ambiguo e nascosto sogno.
"Non preoccuparti, Scott.
La Letharia è sempre efficace, e Lauren è stata bravissima a centrare la vena."
Mormorò una voce roca, impenetrabile dietro di Scott. Quest'ultimo rimase fermo, immobile, a rimuginare su ciò che era accaduto. Il divano di casa McCall, Scott difronte a Stiles, e tutti con il cuore in gola per il timore di una futura minaccia.
Lauren, Isaac e Jackson erano andati in cerca del trischelio, così una volta liberato Stiles dal Nogitsune, potevano rinchiuderlo subito nella sua prigione, senza ulteriori danni.
Allison e Lydia si trovavano in un'altra stanza, e la ragazza dai capelli color rame, era in uno stato...di shock. La sua mente era vuota, nel limite più assoluto, gli occhi aperti, quasi sbarrati, fissavano il pavimento, le labbra del tutto serrate e i capelli biondo fragola le cadevano dietro le spalle.
Nessuna voce era udibile nella mente della banshee, e ciò era preoccupante.
Kira, nel mentre, faceva la guardia alla porta principale, nel caso qualcuno, o qualcosa, doveva entrare.
"Quando si sveglierà, cosa faremo?"
Domandò Scott a Deaton, che finendo di curare l'ultima delle moltissime ferite, rispose, mentre le ferite si trasformavano man mano in cicatrici, incise e visibili sulla cute dell'adolescente.
"Tutto ciò dovremmo fare, sarà aspettare.
Aspettare che la sua battaglia arrivi alla fine. Aspettare e sperare che la sua parte mannara, vinca."
Disse, a malincuore e con l'amaro alla gola il dottore, stringendo poi poco dopo le labbra, come se quelle parole gli avessero pizzicato la pelle.
Scott si limitò a deglutire.
Le ferite lungo tutto il dorso della schiena, per lui non erano nulla. Avrebbe sopportato tutto, pur di salvarlo.
Non sapeva piú cosa fare. Non sapeva minimamente a cosa pensare.
Voleva fare tutto, tutto il possibile, ma poteva fare poco, troppo poco.
L'inarrestabilità del Nogitsune era ineguagliabile, e ciò che si doveva fare ora, era salvare Stiles.
Le buone maniere erano finite, e le brutte anche.

"I can't drown my demons, they know how to swim."

Si abbassò la felpa dietro la schiena e la sistemó adagio, mentre non distoglieva lo sguardo dal viso inespressivo di Stiles.
Il Void era diventato talmente forte, che il veleno dovette agire obbligatoriamente in modo più violento, addormentando Stiles in un lungo e profondo sonno.
Allison cullava Lydia, con un braccio avvolto dietro le spalle cercando di calmarla, cercando in qualche modo di tranquillizzarla.
Ma Allison non sapeva, che nella mente della ragazza, qualcosa stava accadendo.
Qualcosa stava cominciando a sussurrare.
Qualcuno di molto familiare, a Lydia.
Il telefono di Scott squilló, vibrando nella tasca. Con uno scatto lo prese, leggendo il nome.
Isaac.
"Isaac."
Disse Scott, con tono duro, quasi innaturale, dato il suo comportamento protettivo da capobranco. Sembrava quasi...infastidito.
Isaac non badó molto al suo tono, e rispose.
"Scott, siamo a casa di Lydia. Lauren dice che il trischelio è qui.
Jackson ha le chiavi della porta, stiamo per entrare."
Informó Isaac, e qualcuno mormorò qualcosa dalla sua parte.
"Non pensavo di rientrare in questa casa. Soprattutto per questo motivo."
Era Jackson, che estraendo dalla tasca posteriore dei jeans le chiavi, si avvicinava alla porta. Il tintinnio delle chiavi fece sorridere ammiccante Scott, che pochi secondi dopo, disse.
"Seguite Lauren. Non siamo ancora in grado di sapere cosa sia in grado di fare."
Finendo la frase, Scott si girò lentamente verso Deaton prendendo una leggera pausa di silenzio, e stringendo leggermente più forte il cellulare nella mano, concluse.
"Almeno non noi."
Il suo tono diventó tagliente e sottile come una lama. Deaton guardò il ragazzo, e sorridendo deglutí appena.
"Jackson ha aperto la porta, ti chiamo appena usciamo."
Finì Isaac, staccando la chiamata sotto la mano di Scott.
"Lauren non è da sottovalutare, Scott."
Cominciò Deaton, guardando il ragazzo dalla felpa rossa abbassare il cellulare dal suo orecchio.
Il ragazzo, appena arrivò a casa, si cambiò gli abiti. Quei vestiti sporchi di sangue, rovinati e tagliati in ogni dove, erano destinati ad essere buttati.
Posò il cellulare nella tasca della felpa mentre guardava Deaton, e la curiosità si accese furiosa dentro di lui.
"La conobbi quando aveva deciso di scappare.
La aiutai, proteggendola da tutto ciò che le avrebbe potuto fare del male.
E proprio quando ci trovavamo a poco dal concludere il suo obiettivo, qualcuno ci rintracció, trovandoci."
Durante il racconto, l'attenzione di Scott veniva attratta sempre di più, fino a quando l'udito del ragazzo dipendeva soltanto dalle parole dell'uomo. Le parole scorrevano lente, fluide.
Sospirò, abbassando leggermente lo sguardo, afflitto dai ricordi burrascosi del suo passato con la donna.
"L'unica cosa che riuscii a capire era un ruggito.
Lei mi disse che dovevo andare via, che ormai aveva imparato; che avevo fatto ciò che avevo sperato, ciò che aveva voluto.
Rimasi con lei, fino a quando i suoi occhi divennero opachi, e il suo tono divenne quasi un sibilo.
Mi disse un'ultima volta di scappare, di tornare da dove ero venuto, che lei ce l'aveva fatta."
Deglutí, rialzando lo sguardo, incrociando gli occhi del ragazzo dai capelli castani, quasi marroni.
Il sole della mattina filtrava attraverso il vetro pulito della finestra dietro il divano, schiarendo i capelli del ragazzo e nascondendo una parte del suo viso sotto un velo d'ombra scura, quasi raccapricciante.
"Scappai.
E fu l'ultima volta che la vidi."
Terminò, quasi con un mormorio, e per la prima volta, il tono dell'uomo divenne vulnerabile.
Per la prima volta dopo molto, Scott sentí la debolezza nel suo tono, ma Deaton aggiunse, come se stesse ingoiando del ferro colato rovente:
"Mi mandó una lettera, molti anni fa, e quella fu la mia unica speranza.
L'unica speranza che avevo che lei fosse ancora viva."
Prese una pausa, e si avvicinó a Scott con un passo, accennando leggermente col capo, guardandolo più da vicino negli occhi.
"Scott.
Quel ruggito, era come il tuo.
Più debole, forse, ma come il tuo.
Se lei ha davvero affrontato un Vero Alpha, il suo potenziale da Kitsune è davvero troppo alto."
Il dottore mise una mano sulla spalla del ragazzo, stringendo la presa. Un odore, delicato ma pungente, attiró l'olfatto di Scott. Un odore freddo. Paura.
Scott non aveva mai sentito parlare dei druidi che aiutavano le Kitsune, e accigliando, guardò negli occhi Deaton.
"Perché l'hai aiutata?"
Domandó, col suo solito sguardo circoinciso e attento, puntato nelle iridi di Deaton.
L'uomo rimase in silenzio, intanto che veniva lentamente persuaso da una certa malinconia triste.
Una malinconia che lentamente gli avvolgeva gli occhi, le labbra, il volto.
Il silenzio divenne agghiacciante, e in poco Scott capì di aver toccato un punto dolente.
"Non volevo che lei vivesse nell'inferno.
Non volevo che lei vivesse in un posto dove la vita era in pericolo ogni secondo che passava.
Pensai che portarla altrove e soddisfare il suo obiettivo l'avrebbe resa felice.
Pensai che in un altro posto, lei potesse seguire il suo sogno e diventare una vera donna."
Ruppe con queste parole il silenzio, con un tono stranamente forte, ma con un punto debole e dolorante che Scott riuscì ad individuare, facendolo sorridere leggermente.
"E lo è diventata, Deaton."
Esordí il ragazzo, guardando l'uomo che gli si trovava davanti.
Ora che era a conoscenza di ciò che quella donna era capace di fare, qualcosa inquietava Scott McCall.
Sapere che, quella donna, teoricamente, è riuscita a tenere testa e a combattere contro un Vero Alpha, non lo rassicurava molto.
L'udito di Scott, come un faro, venne catapultato al divano, che si trovava alla sua destra.
Si girò di scatto, col viso e col corpo, e Stiles si era appena mosso, per trovare una posizione migliore per continuare il suo lungo sonno.
Per qualche secondo, il cuore di Scott perse qualche battito, e il respiro divenne talmente pesante da non uscire dalle sue labbra.
Deaton affiancó Scott, e girando lo sguardo verso Stiles, incroció le braccia al petto, concludendo.
"Non ho la piú pallida idea di cosa può accadere, se la parte mannara di Stiles non dovesse vincere."
Ed è lì, che un peso enorme, cadde su Scott.
Un pensiero talmente forte, che gli si paró il buio davanti, come un violento incubo.
Un incubo talmente forte che avrebbe preferito sentire la propria trachea strapparsi dal collo.
Un pensiero, che gli fece venire i brividi lungo la schiena, poi lungo le braccia, fino alle dita.
"Vincerà."
Sussurrò Scott.
"Lo so."

I tre si divisero.
Lauren entrò nella camera di Lydia salendo le scale, Jackson perlustró ogni centimetro delle altre stanze, e Isaac osservava ogni angolo della casa in cerca di indizi.
La katana di Lauren, posata elegantemente nella sua fodera ed allacciata dietro la sua schiena, pendeva delicatamente, ed ogni passo che la donna compiva, sembrava già scritto nel suo destino. Scritto con una calligrafia delicata, nobile, perfetta.
Gli occhi verdastri della donna studiavano ogni millimetro della camera.
Il silenzio regnava forte dentro tutta la casa, ed erano appena udibili i passi dei ragazzi.
I respiri regolari.
Le orecchie attente, pronte ad ogni minimo suono. E nello stesso istante in cui tutti stavano per toccare ciò che gli si parava davanti, qualcosa si propagó in tutta la casa.
Potente e tagliente.

Il sibilo degli Oni.


||I nostri Scott e Stiles...dove sono finiti?||

I'm Not A HeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora