Capitolo 2

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Decido di ritornare in camera verso le 6:30. Lo faccio solo perché oggi è l'ultimo giorno quí, nella mia città natale.

Domani mattina all'alba infatti mi dovrò dirigere all'aeroporto per prendere l'aereo che mi porterà via di quí. Sono italiana e vivo quí da quando sono nata.

Sono sempre stata fortunata in tutti i punti di vista, avevo infatti una bella casa e soprattutto una bellissima famiglia, "modello" se si può dire.
Ne andavo fierissima.

Poi un giorno, così di punto in bianco, all'età di undici anni, la mia famiglia non c'era più. 

È stato un lampo.
Una tortura.
Una morte interna lenta e sofferente.

Un giorno, precisamente un pomeriggio, stavamo andando al mare per surfare quando mi svegliai all'ospedale.
I miei nonni, due signori anziani di circa settanta-settantacinque anni erano di fronte a me in lacrime.

Mi abbracciarono con violenza.
Una violenza compulsiva, non voluta, come tristezza mista a rabbia in un solo abbraccio.

Un brivido mi percorse la schiena e mi mise un certo ché di adrenalina. Avvertì una paura, un timore, una brutta sensazione ma la affrontai comunque e con un fil di voce, ancora distesa sul lettino d'ospedale chiesi:"Dove sono mamma e papà?".

Avevo all'incirca compreso, o almeno immaginato, cosa era accaduto quel pomeriggio e non  volevo sapere la risposta.
Come può una bambina subire un tale trauma, una tale disgrazia,  una tale perdita.

Quando la risposta dei miei nonni mi arrivó al cervello un senso di malinconia si fece strada in me e mi avvolse.

Mancanza d'aria e brividi.
Mi sentivo male.
Solo una.
Solo una lacrima rigó il mio viso e poi basta.
Guardavo il vuoto.
L'ho guardato per tanto tempo.
Quasi otto anni.
Quasi otto anni in cui non ho mai pensato, in cui non ero presente.
Non c'ero con la testa.
A scuola.
A casa.
Di notte.

Non ho mai più pianto dopo.

Mai più.

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È ancora presto e decido di dedicarmi in questo ultimo giorno alla mia "famiglia".
I miei nonni sono speciali e dopo aver perso non solo la loro amata figlia, ma anche un nipote, avevano deciso di badare loro a me. Avevano lottato contro i servizi sociali ed erano stati in tribunale innumerevoli volte, ma ogni volta che chiedevo loro il perché mi dicevano solo che lo dovevano a qualcuno a cui tenevano. Ogni volta che saltava fuori questo argomento esso veniva sviato da questi ultimi e cercavano di non parlarne più. Non ho mai insistito troppo, forse perché non ne avevo la forza.

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Scendo le scale di legno e vengo percossa da un brivido quando i miei piedi nudi vanno a contatto con il freddo pavimento. Decido di preparare un caffè e dei muffin con le gocce di cioccolato,  i miei preferiti. Sono molto mattiniera e capita spesso che preparo colazioni "elaborate" alla mattina, anche perché mi piace cucinare e sennò mi annoio.

Dopo aver infornato l'impasto e aver preparato la tavola mi siedo nella mia amata poltroncina di pelle vicino alla finestra con una tazza bollente di caffè in mano.

Penso.
Penso a quello che lascerò qui. Infondo non mi mancherà nulla di materiale perché quello che ho qui verrà spedito nel nuovo appartamento dove andrò a vivere. Sono un po' in ansia per questo perché vivrò da sola e, apparte i primi due mesi dove avrò aiuti economici dai miei nonni, dopo dovrò arrangiarmi.

Sinceramente non so se sono veramente pronta per tutto questo. Alla fine lascio ciò che mi ha aiutato a vivere, o forse solo a non morire.
Vado comunque fiera della mia scelta, alla fine nessuno mi ha mai obbligato a fare nulla, sia perché sono una testa di coccio e quindi non mi interessa di cosa pensano gli altri e sia perché alla fine i miei secondi genitori sono i miei nonni e anche se hanno cambiato i loro stili di vita, per non dire la loro intera vita per me, rimangono pur sempre nonni; e quali nonni non ti sostengono nelle tue scelte?

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Il trillo del timer del forno mi risveglia dai miei pensieri contorti e offuscati dall'ansia e mi riporta alla realtà. Non mi ero ancora accorta del buon profumo dei muffin cotti e l'acquolina non tarda ad arrivare come non tardano ad arrivare entrambi i miei nonni che con facce rilassate e allo stesso tempo assonnate varcano la porta della  cucina con un gran sorriso alla vista dei muffin.
"Tesoro, non dovevi disturbarti a preparare queste squisitezze!"
"Nonna stai tranquilla, l'ho fatto volentieri, così ti ricorderai bene di me."
"Amore, non ho bisogno dei muffin per ricordarmi di te, ci hai fatto tribolare come matti, vero Corrado?"
"Mai stato più certo nella mia vita di qualcosa" rispose di getto mio nonno, il quale si asteneva dalla conversazione intento a mangiare i muffin. Sorrido convinta come risposta e lascio che un silenzio avvolgente e familiare mi tranquillizzi. Mi soffermo a guardare i miei nonni. Sono insieme da tanto tempo. Veramente tanto. Spero veramente di riuscire a trovare qualcuno di speciale che voglia restare con me per il resto della mia vita e non scappi come ha fatto mio padre. Spero.

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Decido di tornare in camera mia e preparare le valigie e i vari scatoloni per il trasloco. Accendo un po' di musica per aiutarmi a schiarirmi le idee su quello che è veramente fondamentale portare con me e quello che posso lasciare qui. Alla fine opto per un trasloco totale e non lascio nemmeno una briciola nella mia camera, tranne una foto. È una delle mie foto preferite. Ci siamo io e la mia famiglia, mia mamma che abbraccia me e mio fratello e mio padre che le cinge il fianco con una mano e con l'altra chiude il cerchio creato dalla mamma attorno ai "piccoli". Sorrido nel guardare la foto e prima di lasciare la mia stanza le dedico un bacio. Mi giro e esco dalla stanza ancora un po' in subbuglio per i ricordi raffiorati in modo così veloce e incontrollabile. Scendo le scale lasciando scivolare la mano sul muro, accarezzando le pareti e le foto che mi ritraggono le quali tappezzano le pareti. Chiudo gli occhi e giuro di poter sentire le mie risate rieccheggiare nella stanza, risate vere anche se bisognose di una vera famiglia.

Arrivo in salotto e...

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Sono tornata :)

Ocean waves || Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora