Incontri

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Emily era seduta su uno dei letti disposti l'uno accanto all'altro nell'ampia camerata dell'orfanotrofio, era il giorno delle visite, molte coppie di potenziali genitori erano arrivate la mattina presto in cerca di un bambino che avrebbe dovuto soddisfare tutte le loro aspettative. Erano tutti così quei genitori, quanto avrebbe voluto comportarsi come tutte le altre bambine dell'istituto che la mattina presto avevano preparato le valigie confidando in una nuova mamma e un nuovo papà. Lei no. Non lo aveva fatto, era rimasta seduta su quel letto anonimo in una stanza anonima a fissare le gocce che, in quel giorno di pioggia, si stavano rincorrendo mentre scivolavano veloce sulla superficie di quell'unica e grande finestra in fondo allo stanzone. Lei non la voleva più una famiglia. Non ne aveva bisogno. O almeno lo credeva.

<<Bambine scendete di corsa le famiglie sono qui!>> alcuni strilli eccitati e il vociare di quelle bimbe invase la stanza ma tutti quei suoni seppur allegri non riuscivano a contagiarla in nessun modo, nonostante ciò dovette ugualmente scendere con le sue compagne. Fino all'anno scorso ogni volta che percorreva quei corridoi per incontrare gli aspiranti genitori si immaginava che sarebbe stata l'ultima, guardava quel vecchio stanzone grigio, attraversava i lunghi e stretti corridoi dove c'era costantemente quel cattivo odore proveniente dalla cucina per poi scendere le scale e ritrovarsi nell'atrio dove qualcuno sarebbe stato adottato. E ogni singola volta fissava quelle stanze come se fosse stata sicura di andarsene da li per sempre, non fu mai così, ogni volta doveva tornare indietro per riporre il vestito della festa nell'armadio e indossare quella divisa spenta. Delusione dopo delusione, famiglia dopo famiglia, Emily collezionò così tante sconfitte decidendo che non valeva la pena soffrire così per qualcuno che non sarebbe mai arrivato.

Gianni, quella notte, aveva deciso che la disposizione dei libri che si trovavano in soggiorno non era più di suo gusto e aveva cominciato a toglierli dai ripiani della libreria in legno. Con tutto il rumore che faceva non aveva fatto chiudere occhio a sua moglie nemmeno per un secondo e intorno alle quattro si erano ritrovati entrambi seduti sul tappeto del soggiorno con la schiena appoggiata al divano mentre la donna passava i pesanti volumi rilegati al suo strano marito. In realtà entrambi erano disperatamente alla ricerca di qualcosa in grado di tenerli occupati per le prossime sei ore, infatti la mattina dopo avrebbero fatto visita all'orfanotrofio dove i loro amici più stretti avevano già adottato qualche mese fa il piccolo Tod. Quando il pavimento del salotto fu nuovamente visibile decisero di prepararsi in anticipo per la prima volta in vita loro e proprio mentre stavano per uscire di casa Joice si accorse di aver dimenticato la macchina fotografica e corse al piano di sopra per recuperarla. Gianni iniziò a imprecare all'improvviso mentre era intento a cercare qualcosa nelle tasche della giacca. <<Amore che succede?>> gli domandò Joice respirando in modo affannoso per la corsa appena fatta. <<Le chiavi, non so dove le ho messe.>> Erano tesi, tra poche ore sarebbero diventati un papà e una mamma e non erano nemmeno capaci di portare avanti un discorso articolato. In un momento di totale follia Joice riuscì a mormorare poco convinta <<Prenderemo un autobus...>> <<Ma tu odi gli autobus!>> ribatte lui preoccupato. <<L'orsetto!>> Lo bloccò lei.

Le bambine saltellavano mentre scendevano le scale per raggiungere il salone dove si erano riunite tutte le coppie, Rowan rimase dietro alle dodici compagne che appena giunsero in fondo alla scalinata entrarono nella grande stanza ridendo. La bambina non voleva entrare, si appoggiò quindi allo stipite della porta osservando tutti quegli adulti: le future mamme erano molto simili tra loro, avevano circa una quarantina d'anni a testa, la maggior parte portava i capelli raccolti in un complicato chignon ed erano tutte molto eleganti, una di loro per l'occasione portava una lunga collana di perle e dei bracciali dello stesso tipo. Una sensazione di malinconia e tristezza la invase, nessuna di loro era la sua mamma, ne era sicura... Tutte le coppie erano intente ad osservare le bimbe più piccole e carine, lei non era carina, non aveva nulla di particolare, non aveva capelli biondi e soffici da spazzolare la sera e non aveva dei grandi occhi azzurri, o meglio aveva degli occhi enormi ma erano verdi, un verde anonimo proprio come lei. Le lacrime le offuscavano gli occhi, senza accorgersi ci aveva sperato anche questa volta e ora stava di nuovo male, indietreggiò diretta al cortile sul retro, il suo posto preferito, appena fu abbastanza lontana da non essere vista si voltò pronta a correre verso il suo nascondiglio ma appena lo fece andò a sbattere contro qualcosa di morbido. Cadde a terra e asciugandosi in fretta le lacrime e riuscì a vedere una bellissima donna che aveva l'aria sfinita e un po' smarrita ma che le sorrideva; i lunghi capelli castani le ricadevano scomposti sulle spalle coperte da un bizzarro scialle colorato realizzato da pezze di stoffe diverse cucite assieme, indossava un semplice vestito azzurro stretto in vita che terminava sopra il ginocchio ma quello che colpì maggiormente Emily erano dei lunghi orecchini composti da tante perline dello stesso colore del vestito. La donna le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, una parte di lei voleva afferrarla ma dentro di se sapeva di non potersi concedere l'ennesima delusione così, dopo averla fissata per una manciata di secondi, rifiutò la mano e scappò via.

Gianni arrivò qualche secondo dopo Siria, quando entrò spingendo la pesante porta principale dell'orfanotrofio trovò sua moglie che fissava il vuoto, un mezzo sorriso era spuntato sul suo volto. <<Cosa succede tesoro?>> domandò stringendole delicatamente l'esile polso. <<Ho appena visto nostra figlia>> rispose in un modo così naturale che a Gianni fece quasi tenerezza.

Naabot mo na ang dulo ng mga na-publish na parte.

⏰ Huling update: May 29, 2017 ⏰

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