Sorridimi ancora.

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Ormai non mi stupisco più di niente.
L'amore per lei 'è una stronzata', un 'sopportarsi', un 'andare avanti', è 'destinato a finire'. Una volta ci credeva, sognava di essere una principessa, fantasticava sull'arrivo del suo principe azzurro. Ora quando vede un ragazzo vestito di azzurro o in calzamaglia solitamente gli da dell'omosessuale. Il più delle volte è vero, ma non è questo il punto. L'amore arriverà anche per lei, tutti abbiamo un'anima gemella, quel qualcuno che ci vuole vedere felice ad ogni costo, che ci completa, la nostra metà. Solo che, anche se le si presentasse sotto casa il ragazzo perfetto, con i presupposti con cui parte lei e con la sua idea cinica e pessimistica dell'amore, probabilmente lo manderebbe via come se fosse un testimone di Geova.

So che è terribile, solo che è da due anni che la pensa così, quindi ormai non mi sbalordisco più. Probabilmente non troverà mai la felicità così...

Il cielo è colmo di nubi grigiastre, lei sta camminando veloce. Oggi, dopo quel che ha risposto ai suoi compagni, nessuno l'ha voluta accompagnare a casa. Non per cattiveria, semplicemente Simone, Martina e Davide (che abitano nel suo stesso quartiere) hanno preferito rimanere a parlare altri dieci minuti della lezione di chimica, mentre Beatrice dopo alcuni secondi dal suono della campanella, con il suo scetticismo, senza nemmeno ascoltare le risposte alla sua fredda affermazione, era già sulla via di casa.

Ma, come ho già detto, ormai non mi stupisco più.

Le strade sono vuote, inizia a cadere qualche goccia, si sente qualche voce provenire dalle case a fianco a noi ma non si capisce di cosa stiano parlando. Beatrice non ha avuto nemmeno la pazienza di aspettare il pullman, si è direttamente incamminata verso il suo isolato. Indossa una felpa larga, come al solito, azzurra, della vans.

Non sento la canzone che sta ascoltando con le cuffiette, ma credo che sia 'lettera dall'inferno' di Emis Killa, la sta canticchiando. Un altro sprizzo di allegria e ottimismo, veramente.
«... la gente scrive preghiere ma tu non ami leggere...» canticchia lei.
Non ha un'idea troppo positiva del mio Signore, affatto, e la cosa mi dispiace assai.

Incrociamo una grassa signora anziana che sta portando a spasso un terranova. Cane intelligentissimo, nero come la pece e morbido come un cuscino. Forse è più lui che sta portando lei. È molto buffa, indossa un poncho giallo canarino che le sta abbastanza stretto. Faccio un cenno al cane, che mi vede e scondinzola per contraccambiare il saluto.

Beatrice adorava gli animali, ora le sembrano indifferenti. Infatti li supera, continuando ad ascoltare la sua canzone.

«... nasci in gara per poi perdere ...» continua, accelerando il passo.

«... veniamo al mondo piangendo, e questo mi ha sempre fatto riflettere...».
Mi immobilizzo. Inizio a perdermi nei miei pensieri, rimbomba nel mio cervello la voce di Beatrice, non ascolto più nient'altro.

«Veniamo al mondo piangendo...» ripeto io.

La mente mi si offusca di ricordi.
D'un tratto mi ritrovo catapultato nel passato, in un dolce passato.

Rimembro bene questo giorno, mi è appena stato assegnato il mio incarico. Ora sei lì, stai piangendo, sei appena nata. Hai la faccia contratta, color peperone, sei piena di sangue. Tra le mani dell'ostetrica urli come una disperata, le lacrime cadono come fossero pioggia, sembri determinata a non fermarti più.

Voi umani, appena dati alla luce, piangete tutti. Probabilmente perché dopo mesi di coccole, protezione e calore nell'utero materno siete scaraventati a testa in giù, tra spinte e contrazioni, in un mondo nuovo, pieno di luce, freddo, dove siete obbligati per la prima volta a respirare con dei piccoli polmoni che non hanno mai sperimentato ciò. Suppongo che non sia una bella sensazione, diciamo che non è un ottimo inizio, non sarei così felice di venire al mondo sapendo cosa mi aspetta, sinceramente.

Beh, nel tuo caso, dire che stai piangendo... è poco. Sei disperata.
Non so cosa fare, ti faccio una linguaccia per cercare di strapparti un sorriso, ma niente da fare.

Continui a piangere.

Poi... il miracolo dell'amore più indiscusso, quello materno. Il medico ti appoggia sul seno di tua madre, senti palpitare il suo cuore, e d'un tratto tutto va bene.

In paradiso lo definiamo come il primo tocco di Dio, nostro Padre.

Infatti, smetti immediatamente di piangere, i tuoi respiri si fanno più profondi. Mi avvicino a te, mi guardi con quei tuoi occhioni speranzosi.

Mentre tua mamma ti culla sul suo petto e te ti avvinghi a lei come un ragnetto sulla sua ragnatela, mi approssimo a te ancora di più.

«Non preoccuparti, principessa. Vivere non è facile, ma ci sarò sempre io al tuo fianco. Non sarai mai sola, finché vivrai, è una promessa» ti sussurro all'orecchio.

Tu pari sentirmi, mi fissi e sorridi. Muovi una manina verso di me, poi la ritrai e cerchi qualcosa da stringere. Non hai dentini, ma sei meravigliosa.

È una scena stupenda, non mi stancherei mai di guardarla.

Sento umido sulla spalla, la tocco... è bagnata.

Riapro velocemente gli occhi. Sei andata avanti una ventina di metri, è iniziato a piovere. Ti fermi dalla tua corsa e per un momento ti giri e sembri vedermi, perché mi guardi negli occhi. Poi, giri la testa e riprendi veloce, sotto la pioggia umida, come le tue lacrime... in quel giorno di Settembre in cui nascesti. Era la prima volta che comunicasti con me, e fu veramente una gioia indescrivibile.

Ehiaaa!
Scusate l'assenza, avevo proprio perso l'ispirazione. Poi, la montagna e la pioggia mi hanno ridonato la voglia di scrivere!
Ditemi cosa ne pensate e se volete che continui! 💓
Lelle

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 22, 2017 ⏰

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