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Le valigie erano nel portabagagli del taxi.
Il telefono era nella mia tasca e la borsa sulla mia spalla.
Avevo lasciato la mia camera in ordine.
Avevo posto tutti i regali per i miei familiari sul tavolo del soggiorno.
Ero pronta.
Uscì dal portone di casa a passo lento, cercando di ricordare ogni singolo istante da quando avevo messo piede in quella casa a 5 anni. Sapevo che volendo avrei potuto allontanarmi dal college ogni tanto, ma comunque poco mi sarebbe comunque mancato tutto questo. Avevo bisogno di cambiare aria, di dare una svolta alla mia vita, proprio come aveva fatto mio fratello maggiore. E ai tempi, il college mi sembrava una delle soluzioni migliori.
Così feci un respiro profondo ed entrai nel taxi.
Infilai le cuffie nelle orecchie e mi abbandonai sul sedile. Ero così emozionata, ma allo stesso tempo provavo malinconia poiché stavo per lasciare ciò che era stata la mia routine per 17 anni. Era tutto così veloce e io così impreparata, costantemente.
Così, feci un gran respiro, e mi preparai mentalmente alla nuova parte della mia vita.
Dopo qualche ora, giunsi alla mia meta. Pagai e ringraziai il tassista, per poi prendere la valigia e incamminarmi verso il grande cancello.
Era a dir poco enorme, una fontana si stanziava al centro del giardino davanti all'edificio. Quest'ultimo, doveva avere almeno quattro piani, era costituito da mattoni rossi e finestre verdoni, il tutto sovrastato da un tetto a cupola sul marrone. Il portone d'ingresso era imponente, in ottone e oro.
Alla mia destra c'erano edifici più modesti, che ipotizzai fossero i dormitori.
Migliaia di ragazzi girovagano per il college, chi in gruppo e chi da solo, chi ridendo e chi piangendo. Mentre io ero lì, di nuovo rimasta immobile mentre tutto accadeva così velocemente.
Mi diressi verso la segreteria, facendomi dare tutte le informazioni necessarie per iniziare la mia nuova esperienza. Ricevetti le chiavi della mia stanza e l'elenco di tutti i corsi che potevo frequentare insieme ai rispettivi orari. Mi interessavano già quelli di scrittura creativa e di letteratura greca e latina.
Ringraziai la segretaria e cercai la mia stanza. Dopo una ventina di minuti buoni, la trovai.
Appena entrai, un odore penetrante di lacca mi invase le narici. Tossicchiai appena mentre entravo.
Chiusi la porta dietro di me.
Focalizzai la stanza e appena realizzai il tutto i miei occhi si spalancarono.
C'erano due letti, uno a destra e uno a sinistra, due scrivanie e una televisione. Non riuscii a distinguere il colore del pavimento poiché c'erano una miriadi di vestiti gettati a terra, portacenere pieni sparsi per la camera e cartacce di qualsiasi tipo ovunque: un vero disastro. Camminai cercando di evitare di calpestare i vestiti, quando una ragazza uscì dal bagno.
Era alta, molto, e magra. Il viso dalla carnagione chiara, quasi lattea, era incorniciato da capelli lisci e anche essi di un biondo molto chiaro, quasi bianco. Gli occhi blu erano appesantiti da una spessa linea di eye-liner. Indossava una giacca di pelle nera, sotto di esse un maglia a rete nera che lasciava vedere il reggiseno del medesimo colore. Le gambe erano strette in skinny neri che finivano sopra ad un paio di Rush Runner nere. Quella ragazza era una botta di vita, eh?
«Ehy...» Cercai di mostrarmi gentile e di nascondere il mio stupore sorridendo.
«E tu sei...?» Mi indicò, aggrottando le sopracciglia.
Qualcosa mi diceva che la mia presenza in quella stanza non era gradita.
«Mi chiamo Glass Walter e a quanto pare saremo compagne di stanza.» Inclinai la testa, cercando di studiare la sua reazione.
Sbuffò sonoramente, piantando le mani sui fianchi alzando gli occhi al cielo.
«Sappi che non sarà una passeggiata essere la mia compagna di stanza, soprattutto per una come te. Ma guardati! Jeans chiari, maglione rosa antico, Adidas. Poi quei capelli mossi!» Mi descrisse, emettendo una risata di tanto in tanto.
Già stufa di quella situazione, alzai gli occhi al cielo e mi abbassai per iniziare a lanciare tutti i vestiti che erano sul pavimento sul suo letto.
«Bene, se la metti così, iniziamo col mettere i tuoi fantastici vestiti nella tua parte della stanza, senza invadere tutto lo spazio. Non vorrai mica che io li contamini con il mio pessimo gusto?» La stuzzicai, cercando di sembrare il più calma possibile.
La sentii emettere un gridolino, per poi prendere le sue chiavi e uscire, sbattendo violentemente la porta.
«Ciao anche a te!» Urlai, in modo che mi sentisse.
Scossi la testa un po' frustata.
Cominciavamo bene.

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