Fuoco fatuo I

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Chinò le braccia sul tavolo, osservando i passanti fuori dalla vetrina e appuntando l’attenzione, di tanto in tanto, su qualcuno di essi: una signora con un soprabito decisamente appariscente, un giovane con un completo che nemmeno suo nonno avrebbe indossato, la tipa con il cagnolino nella borsetta che gesticolava mentre era al telefono.
Ognuna delle persone che le passavano davanti aveva un posto a cui tornare, un luogo da considerare casa e dove veniva amata.
Non aveva bisogno di bugie per rendere più meravigliosa la propria vita.
Il suo cellulare squillò, riportandola alla realtà e facendola sospirare: si tirò lentamente su e afferrato lo zaino, sistemato sulla sedia accanto, recuperò l’apparecchio, sorridendo al nome del mittente della chiamata: «Pronto?» domandò, venendo accolta dal latrato di un cane e poi dalla voce di sua nonna che intimava alla vecchia Betty di stare in silenzio: «Nonna?»
«Che treno prendi?» le domandò la donna, con la voce affaticata dall’età: «Mirko deve portare il figlio dal dentista, così nel caso ti può venire a recuperare in stazione e poi portarti qui a casa.»
La ragazza diede una veloce occhiata all’orologio, ripercorrendo mentalmente l’elenco dei treni che, oramai, sapeva a memoria: «Mh. Dovrei farcela per quello delle due e mezzo.»
«Quindi sei qui verso le tre, tre un quarto?»
«Sì»
«Ti preparo qualcosa, allora» dichiarò la donna, facendola sbuffare: «E non mi dire che hai già mangiato. Un panino non è un pranzo.»
«D’accordo» bofonchiò la ragazza, pensando alla gioia della cara Betty quando avrebbe favorito di metà del suo pasto: sua nonna tendeva a esagerare con le porzioni e questo rendeva immensamente felice la vecchia cagnolina di casa.
«Lila? Tesoro? Stai bene? Ti sento giù.»
«Sto bene, sto bene» mormorò la giovane, sospirando: «Sono solo stanca. Oggi abbiamo avuto matematica e storia alle ultime ore e sono state veramente pese.»
«Capisco» mormorò la nonna e Lila se la immaginò, mentre annuiva con la testa ben sapendo che lei non poteva vederla: «Ah, ha chiamato tuo padre oggi.»
«Mh.»
«E’ ancora vivo, se t’interessa.»
«L’hanno fatto vedere ieri al telegiornale, nonna.»
«Poteva essere un figurante o un sosia» bofonchiò la donna, facendo ridacchiare la nipote: «Ha chiesto di te e come te la passavi qua.»
«Ha domandato se sua figlia l’ha messo in imbarazzo anche in Italia?»
«No, Lila.»
«Strano.»
«Lila…» sospirò sua nonna, mentre lei poggiava il mento contro la mano libera e osservava una madre quasi trascinare una figlia recalcitrante, verso la grande stazione che s’intravedeva dall’interno del locale mentre la mente le andava indietro nel tempo, ricordando la bambina che aveva conosciuto il giorno in cui aveva lasciato la Francia: «Lila! Ci sei?»
«Eh? Cosa?» Il sospiro della nonna le arrivò nell’orecchio e Lila sorrise: «Ci vediamo quando arrivo a casa.»
«D’accordo. Ti voglio bene, tesoro.»
«Anche io» mormorò la ragazza, chiudendo la comunicazione e fissando lo schermo, carezzando le curve dello sfondo di base: non aveva mai personalizzato lo sfondo, non avendo foto particolari da metterci e da vedere, ogni volta che usava quell’apparecchio.
In pochi la chiamavano, in verità.
Sospirò, riponendolo nello zaino e alzandosi, sorridendo al cameriere che si stava avvicinando: «Ciao, dolcezza» mormorò, prendendolo per un braccio e stringendosi a lui, vedendolo deglutire appena e fare un passo indietro: «Sai, stavo pensando che noi due saremo veramente perfetti» si guardò attorno, avvicinando le labbra all’orecchio del ragazzo: «Nel bagno delle signore. Che ne dici?»
Lo fissò, osservando le iridi nocciola sgranarsi mentre il cervello sembrava elaborare le parole che lei aveva appena pronunciato; sorrise quando, alla fine, lo vide annuire con un sorriso incerto sulle labbra.

«Italia!» esclamò l’anziano cinese, poggiando la borsa per terra e inspirando profondamente l’aria carica degli odori della stazione: «Pizza! Pasta! Mandolino!»
«Maestro, si aggiorni, la prego» sospirò Wayzz, facendo capolino dalla tasca della giacca e fissandolo risentito: «E la smetta di mettersi così in imbarazzo.»
«Quanto sarai brontolone, Wayzz?» bofonchiò Fu, sistemandosi il cappello in testa e, recuperata la valigia, si avviò a passo deciso verso la parte finale della stazione: tutti i binari di Santa Maria Novella portavano alla parte finale, dove le persone si smistavano  fra i negozi e le varie uscite per la città.
Bene, adesso doveva solo trovarla.
Ma era certo che non sarebbe stato così complicato.

Lila inspirò l’aria carica degli odori della stazione, marciando decisa verso i vagoni del treno e cercando di ignorare quella sensazione di sporcizia che aveva avvertito, fin dal momento che il tipo che aveva adescato le aveva messo le mani addosso: aveva provato a resistere ma non ce l’aveva fatta, l’aveva allontanato da sé e abbandonato con i pantaloni aperti e lo sguardo di chi non capiva.
Se n’era andata velocemente, mettendo un segno negativo su quel locale.
Un altro posto dove non sarebbe più andata per colpa del suo…
Del suo…
Non sapeva neanche lei come definirlo: carattere? Pessima tendenza a provarci con chiunque? Bisogno di dimenticare chi era per una manciata di secondi?
Scosse il capo, mentre saliva sul treno e osservava velocemente l’interno, sorridendo dentro di sé quando vide quattro posti vuoti: si sistemò e, poggiate le gambe sul sedile davanti a lei, tirò fuori cellulare e auricolari, decisa a estraniarsi dal mondo; scivolò il dito fra le tracce nel telefono, fermandosi quando vide il titolo di una canzone di Jagged Stone ma, in special modo, la copertina di questa.
Ricordava ancora quando Adrien, orgoglioso, le aveva detto che era stata Marinette a disegnare quella cover, aveva guardato poi la moretta dall’altra parte della classe con quello sguardo dalla luce innamorata, che aveva ogni volta che si posava sulla franco-cinese.
Adrien ne era innamorato, peccato che non si fosse mai accorto dei suoi sentimenti per la compagna di classe, troppo concentrato sull’altro grande amore della sua vita.
Che stupido!
Ricordava benissimo come lo vedesse, di tanto in tanto, tormentarsi per questo suo tenere il piede in due staffe.
E pensare che gli sarebbe bastato fare due più due.
Chissà come stavano?
Avevano finalmente capito chi c’era sotto la maschera dell’altro oppure si stavano ancora rincorrendo?
In Italia non giungevano più notizie degli akumatizzati di Papillon, forse gli enti televisivi si erano annoiati e avevano deciso di darci un taglio sui servizi di quella minaccia così lontana oppure Ladybug e Chat Noir erano riusciti a mettere un freno a Papillon.
Chissà…
Scosse il capo, andando avanti con la lista delle canzoni e cercando qualcosa di adatto per il breve viaggio fino al paese dove abitava con i nonni, cercando di scacciare il periodo di Parigi dalla sua mente.
Non voleva più pensarci.
Non erano più una cosa la riguardava.
Lei non sarebbe più entrata in quel mondo.
Mai più.

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Buon sabato! Eccoci qua con un nuovo capitolo di Scene, stavolta dedicato a Lila e, come per i due di Rafael, anche questo sarà diviso in due parti: la prima con la sua vita ancora intonsa dal Miraculous e la seconda con l'arrivo del kwami e tutto ciò che ne comparta. Vi annuncio fin da ora che Fuoco fatuo II verrà postata l'8 luglio e...niente, in questo capitolo troverete Lila in Italia, dai suoi nonni, dove è stata spedita dopo le varie akumatizzazioni subite a Parigi e ho deciso di farla vivere in Toscana, nei pressi di Firenze, perchè...beh, è una zona che conosco veramente bene e quindi potevo tranquillamente parlarne senza dover andare a ricercare su Google Maps le zone (come ben sapete, sono un po' fissata con la veridicità della storia XD).
Detto questo, come sempre vi ricordo la pagina facebookper rimanere sempre aggiornati e ricevere piccole anteprime dei capitoli e vi do appuntamento alla prossima settimana, bella carica di aggiornamenti come sempre.
Come sempre vi ringrazio tantissimo tutti per il fatto che leggete, commentate e inserite le mie storie in una delle vostre liste.
Grazie mille!

SceneWhere stories live. Discover now