Versailles, 1683

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Versailles, 1683

1683. Oh, una data che rievoca in me momenti tranquilli e paesaggi mozzafiato nella Francia del Re Sole. Mi ero riunita a Rose e avevamo girato assieme per un po', ma adesso sentivamo parlare di Versailles e di quale magnifica reggia Luigi XIV stesse facendo costruire sui resti del Pavillon de Chasse dei suoi avi. E io, che avevo conosciuto grazie a Nikolaj lusso e ricchezza, potevo perdermi l'occasione di vedere coi miei occhi quella che un giorno sarebbe diventata una delle regge più belle d'Europa? Certamente no.

Nell'eccitazione del momento, organizzai tutto sin nei minimi dettagli.

Rose era un po' titubante, ma io ero convinta di voler andare proprio a Versailles. Per la verità non si trattava solo di un mero capriccio: discendenti della Congrega di Rose, ancora assetati della vendetta mai consumata contro la mia fedele compagna, ci avevano attaccate a Torino ed eravamo state costrette ad una brusca ritirata fino in Provenza, da dove organizzammo il viaggio per Versailles. Lì di certo saremmo state al riparo da qualsiasi minaccia di tipo soprannaturale e, sebbene la cosa potesse ritorcersi contro di noi, ero disposta a correre il rischio.

Ci stabilimmo perciò in una città poco lontano da Versailles, presso una vecchia Marchesa rimasta vedova da tempo. Era la donna perfetta: di classe, ricca, anziana e sola, ma soprattutto, era parente della regina di Francia.

Quando arrivammo in casa sua, soggiogammo tutto il personale di servizio e poi la povera vecchia, affinché ci considerassero sue nipoti. Poi scrissi di mio pugno una lettera, mi firmai a nome di Maria Teresa d'Aragona e la inviai alla Marchesa.

Sostanzialmente, avevo inviato alla vecchia un autoinvito a Versailles per lei, me e Rose.

E così, tempo di fare i bagagli, ed eravamo in carrozza dirette alla reggia del Re Sole.

La Marchesa aveva una carrozza tutta per sé, mentre io e Rose ne condividevamo un'altra. La cosa era perfetta perché io e Rose potevamo parlare liberamente senza preoccuparci dell'anziana nobildonna. Rose rimase piuttosto silenziosa per tutto il viaggio e scrutava il paesaggio francese fuori dal finestrino della vettura con un cipiglio preoccupato che non sapevo interpretare.

«Che hai?» le chiesi dopo un po' che la studiavo.

«Niente» replicò, «mi chiedevo quanto resteremo qui».

«Non lo so. Un mese, un anno... che importa?».

«Non ti stanca, questo girovagare senza scopo?».

«Ma noi abbiamo uno scopo, Rose!» ribattei, «divertirci, fare conoscenze, proteggerci a vicenda da quei parassiti della tua ex Congrega... se non fosse per te, giuro che avrei dato la caccia a tutti loro molto tempo fa e li avrei squartati uno a uno. Vedi com'è la vita, Rose! Loro vogliono uccidere te e tu li vuoi salvare da me. Curioso. Sono sempre i buoni a pagare le conseguenze».

«Tu non sei dei buoni?» mi domandò sorridendo tristemente.

«Oh, no» risposi, «i buoni muoiono. I cattivi, muoiono anche quelli prima o poi. Io sono una che si fa i fatti suoi. È questo il segreto dell'immortalità».

Rose non disse altro e così il viaggio proseguì in silenzio, fino a quando Versailles si stagliò all'orizzonte e la reggia era una costruzione candida che si ergeva tra la folta vegetazione e i campi coltivati tutt'intorno. Non era ancora completa, i giardini non erano quelli che sarebbero stati di lì a qualche decennio, eppure emanava già un misto di lusso, potenza e pace, che stregava.

Miss Pierce - story of an old girlWhere stories live. Discover now