Smoking kills, loving you too.

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La solita sigaretta in bocca, stretta saldamente fra i denti bianchi, che facevi penzolare leggermente nel frattempo di trovare l'accendino rosso dalla tasca dei pantaloni strappati, che costantemente perdevi, comprandone ogni volta uno diverso.

Lo sguardo perso nel vuoto, appoggiato con le mani alla ringhiera arrugginita di quel solito, vecchio balcone, invaso dall'odore per me fastidioso, per te essenziale, piacevole, del fumo che d'abitudine inalavi avidamente, senza quasi nemmeno accorgetene, incurante di dove o con chi ti trovassi.

Quando ne sentivi voglia, nulla più aveva importanza: fumavi e basta.

I tuoi occhi erano intrisi di una strana, inspiegabile, o almeno per me, malinconia, mentre osservavi distratto il paesaggio che avevi di fronte, avvicinando l'oggetto letale alle tue morbide labbra, impregnate del sapore pungente, amaro, della nicotina.

Sapevi quanto tutto ciò fosse velenoso, dannoso per te, eppure perché continuavi a ripeterlo, incoscientemente?

Ti attraeva fino a tal punto l'idea di intraprendere quel gioco, fra te e la morte, e aspettare di vedere chi ne sarebbe uscito vincitore alla fine?

Amavi tanto essere dipendente da quella sostanza?

Ti portava tutta questa calma, tranquillità, che io non riuscivo proprio a capire?

O era semplicemente qualcosa che facevi così, solo perché troppo pigro per deciderti a smettere?

Ti osservavo, ammaliato, mentre ripetevi quel gesto, non badando alla mia presenza, come se ti trovassi in un altro mondo, dove c'eravate solo voi due: tu e quella trasparente nube nera che lasciavi ti circondasse senza pietà, impedendomi di intervenire in alcun modo, di unirmi a te, di salvarti da quella che vedevo come la ragione del tuo ultimo respiro, di ciò che avrebbe finito col separarci.

Ma tu non pensavi a niente, assolutamente niente; bastava che ti ritrovassi quel sottile involucro fra le dita e ogni cosa andava per il verso giusto, totalmente apposto, portandoti a non sentire bisogno d'altro.

E io restavo fermo, incapace di avvicinarti con forza a me per rubarti in fretta il tubetto dalla forma cilindrica che reggevi, calpestandolo con la suola delle scarpe e facendoti concentrare su di me, solo su di me.

Una fantasia irrilevante che non avevo più il coraggio di far avverare, date le brusche reazioni avute l'ultima volta quando avevo, stupidamente, osato provarci, nell'insana speranza di riscontrare qualche buon risultato da parte tua, pur accennato.

A discapito delle mie aspettative però, sembravi totalmente uscito fuori di te; non ci tenevo a vederti di nuovo ridotto in quell'orrendo stato, quasi incapace di riconoscerti, simile più a un mostro che a un uomo.

Ti eri lasciato manipolare da quella robaccia fino a tal punto? Da dar più conto a essa che al tuo ragazzo?

-Non ti fa bene, lo sai. Dovresti smetterla.-

Quante volte te lo avevo detto, rassegnato, togliendoti dal comodino quel dannato pacchetto colorato, ormai familiare a entrambi, e osservandolo con immenso astio, desiderando nient'altro che di gettarlo via, sperando ne dimenticassi definitivamente l'esistenza, che ti stava rovinando lentamente, senza scrupoli, raggiungendo il suo principale obiettivo.

-E tu dovresti smetterla di dirmi che non mi fa bene, lo sai.-

Mi davi sempre la stessa risposta, sussurratami all'orecchio con tono divertito e al contempo soddisfatto, fiero di ricevere quel tipo di preoccupazioni da parte del sottoscritto che, al contrario, era stufo di dartene, avendone abbastanza di avvertire quella puzza insopportabile pizzicargli sia le narici che gli occhi, invadendogli i polmoni, dando l'impressione stessero bruciando, non potendo far nulla se non lasciare che ciò succedesse.

Like a book- kaisoo [one shot]Where stories live. Discover now