𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟑

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Canzone del capitolo: What I Did For Love (David Guetta)

Chiudo la porta e mi appoggio su di essa, esausta. Non ho mai amato così tanto la mia casa come oggi. Chiudo gli occhi e butto fuori un lungo sospiro di sollievo misto a preoccupazione.

Sollievo perché la giornata è finita e non devo più rivedere, almeno per il resto della giornata, quell'idiota di Ian; preoccupazione perché la giornata è finita, e ciò significa che mancano meno ore a quando mi sveglierò e andrò di nuovo in azienda, rivedendo pertanto la sua faccia da pollo.

"È inutile che provi a insultarlo. Ha dei bei connotati e questo lo sai benissimo."

«Argh. Sta' zitta tu» abbaio contro la mia coscienza.

«Bentornata, ragazzina!»

Riapro gli occhi di scatto con il cuore che mi balza fuori dal petto. È solo Luke.

«Che faccia!» esclama uscendo dalla cucina con una vaschetta di gelato in mano.

«Non osare chiamarmi in quel modo» gli strillo contro, lanciando la borsa per terra.

Lui aggrotta la fronte, osservandomi confuso.

Mi punto due dita ai lati delle tempie e inizio a massaggiare, sperando di calmarmi. Non ho potuto sfogarmi a lavoro, perciò ho accumulato abbastanza da esplodere adesso e prendermela con il mio amico.

«Scusa», cado sconfortata sul divano.

«Giornataccia?», prova lui. Stavolta un tantino più cauto.

«Proprio così» brontolo da dietro le mani che mi nascondono il viso. Aiutandomi con i piedi mi tolgo le scarpe, portandomi le ginocchia al petto.

«Cos'è accaduto?» mi domanda allarmato passandomi il cucchiaio colmo di gelato all'amarena.

Lo prendo, rifocillandomi subito. Deglutisco, lottando con la mia voce per tirare fuori il suo nome. Non riesco nemmeno a pronunciarlo, se non nei miei pensieri.

«Ian» rantolo ripassandogli il cucchiaio, sperando che lo riempia per poi ridarmelo. Mi passa direttamente il barattolo e io lo ringrazio, trangugiando un po' di dolcezza.

In un primo momento non ci faccio caso, troppo presa dai pensieri, ma poi lo noto. Non c'è sorpresa nel suo sguardo.

«Perché non mi sembri sorpreso?»

Luke sposta lo sguardo dal mio, colto sul fatto.

«Non dirmi...» inizio, ma lui mi interrompe.

«Hal, ti prego di non impazzire».

«Tu lo sapevi?», mi metto in piedi lasciando il barattolo sul tavolo, accusandolo con un dito.

«Dopo tutto quello che ti ho raccontato su di lui, tu lo sapevi e non mi hai detto nulla?», mi giro a cercare la prima cosa che possa lanciargli in quella faccia da fotomodello.

Adocchio un cuscino e lo stritolo tra le mie mani. Luke si alza allontanandosi da me, aggirando il divano.

Avrebbe dovuto avvertirmi. Avrebbe dovuto ricordarmi di chi era quell'azienda. In quel caso non ci avrei proprio messo piede, avrei implorato il college di scambiarmi con qualcun altro e avrei evitato di sentirmi di nuovo in quella maniera di fronte a lui. È tutta colpa sua.

Lo colpisco forte con il cuscino.

«Ahi! Mi fai male!», si protegge con le braccia mentre corre via da me.

«Non mi interessa» strillo rivolgendogli uno sguardo da omicida. I ricordi non mi avrebbero fatto visita.

Mi volto quando sento gli occhi appannarsi e respiro a fondo.

Colleghi Per CasoWhere stories live. Discover now