Violence

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"Senti Jayden, non voglio più sentirti ok?"sbraito.

"Non sai allora cosa ti accadrà"spiega ridendo di gusto.

Chiudo la chiamata di colpo e inizio a piangere. In questo periodo la mia vita sta andando malissimo: prima litigo con il mio migliore amico, poi il mio gatto muore e ora il mio ex fidanzato mi minaccia pesantemente.
Accendo nuovamente il telefono perché decido di chiamare il mio migliore amico Shawn ma quando sono sul punto di schiacciare il tasto chiama mi blocco e spengo il cellulare.
È da più di due settimane che non ci parliamo e lui mi manca moltissimo.
Però mi ha detto che non mi vuole più vedere e io obbedisco.
Mi stendo sul mio letto e mi addormento.
Quando mi sveglio decido di prendere una boccata d'aria ed esco di casa dopo aver avvisato i miei genitori.

Inizio a passeggiare per il mio quartiere, anche quartiere di Shawn visto che abitiamo vicini e quando passo per casa sua mi fermo e controllo se è in casa ma non vedo nessuno in camera da letto.
Allora continuo a camminare e a respirare aria fresca primaverile.
Ad un tratto mi fermo davanti ad un cestino e butto dentro la mia gomma da masticare che avevo in bocca pochi secondi fa e subito dopo sento delle grosse mani cingermi i fianchi.
Mi giro di colpo e mi accorgo che è Jayden.

"Jayden lasciami andare, ti prego"lo imploro dimenandomi.

"No, ora tu sei mia"dice con un sorriso beffardo sul volto.

Cerco di dimenarmi ma con scarsi risultati.
Lui mi benda gli occhi e mi fa salire dentro una macchina che mette in moto e che comincia a guidare pericolosamente.
Non so dove mi stia portando ma sono certa che non abbia buone intenzioni.

"Faccio quello che ti pare ma ti prego, lasciami andare"lo imploro iniziando a piangere.

"Mai"ride di gusto.

Ad un tratto la sua macchina si ferma e lui mi fa scendere per poi chiudere violentemente gli sportelli dell'auto.
Io sono ancora bendata e non riesco a vedere dove mi trovo. Sento che sta aprendo un portone scorrevole, come quello di un capannone e mi spinge brutalmente dentro la struttura per poi farmi sedere in una sedia scricchiolante di legno.
Mi toglie finalmente la benda dopo avermi legata alla sedia con una corda e si piazza davanti a me.

"Io ti amo ancora e tu?"mi chiede.

Se mi amasse ancora non mi avrebbe portata qui!

"Io..."balbetto.

"Non mi ami?"grida serrando i pugni.

"Si... Ti amo"mento balbettando.

"Bene. Ora devi dire che sei mia"mi ordina prima di estrarre il suo cellulare dalla tasca del pantalone.

Inizia a filmarmi mentre ripeto quella frase.

"Ti prego lasciami andare ora"lo imploro nuovamente non ottenendo niente di positivo.

"O stai zitta o ti faccio male"mi ordina prima di darmi uno schiaffo forte sul viso.

Un gemito di dolore esce dalla mia bocca e lui dice: "ma allora vuoi farlo con me! Bastava dirlo, no?".

No, no, no, mi ripeto nella testa.

Lui mi slega ed inizia a togliermi i vestiti di dosso. Mi toglie la felpa ed inizia a toccarmi il seno da sotto la maglietta mentre io urlo di dolore, nella speranza che qualcuno possa sentirmi.

"Ti piace allora, eh?"mi chiede prima di toccarmi ancora più violentemente il seno.

Dopo mi toglie la maglia e il reggiseno, poi anche i pantaloni e le mutande e inizia a violentarmi. Non so descrivere il dolore che provo in questo momento. Vorrei solo che succedesse come nei libri o nei film, in cui arriva sempre un ragazzo bello e muscoloso a salvarti ma purtroppo questa è la realtà.

"Vedo che ti è piaciuto, eh troietta?"ride di gusto.

"Non chiamarmi così!"sbraito.

Cosa ho appena detto?

Sono pronta e ricevere uno schiaffo da lui, infatti succede.

"Non cercare di scappare!"mi avvisa.

Dopo di ché se ne va chiudendo il capannone a chiave e mi lascia da sola.

Mi sento come paralizzata. Mi ricordo ancora la prima volta che io e Jayden avevamo fatto l'amore, è stata indimenticabile. Lui era un ragazzo dolcissimo e mi amava più di ogni altra cosa, poi ha iniziato ad amarmi così tanto da diventare possessivo, fino ad arrivare a quel che è adesso, nonché un maniaco sessuale.

Mi alzo dalla sedia tremante e afferro i miei vestiti per poi infilarmeli lentamente. Provo male in tutto il corpo e faccio fatica a muovermi.

••

Sono ormai passati dieci giorni da quando Jayden mi ha rinchiusa qua dentro, dieci giorni passati a mangiare cibo in scatola e a venire picchiata se non obbedisco a i suoi ordini. Dieci giorni di puro inferno.
È come se fossi diventata la sua schiava. Odio pensarlo ma è vero.

Sono ancora legata alla sedia da tre giorni consecutivi e ho male alle gambe.
Sto cercando un modo per scappare quando viene in mente un'idea.

"Dovrei andare al bagno"balbetto quasi sussurrando.

"Come si dice?"mi chiede facendo finta di non capire.

"Dovrei andare al bagno... papino".

"Lì a sinistra"dice indicando una porta in ferro.

Mi slega e io lo ringrazio, anche se non vorrei. Ha stabilito delle regole che devo rispettare, come chiamarlo papino o ringraziarlo sempre.

Mi avvio verso il bagno e apro la porta di esso per poi entrare dentro la stanza puzzolente.
Mi guardo intorno cercando una via d'uscita ma l'unica cosa che trovo è una finestra sigillata.
Cerco di aprirla ma non ci riesco, così controllo se c'è un arnese. Trovo un martello grosso dentro un armadietto e lo afferro con due mani, visto che è molto pesante.
Mi avvicino alla finestra e spacco il vetro con il martello per poi, cercando di non tagliarmi con il vetro, uscire rapidamente.

Mi sento libera! Libera come una farfalla che spicca il volo.

Inizio a correre per i boschi sperando che Jayden non mi stia rincorrendo. Ho freddo e ho male dappertutto ma questo non mi importa. L'importante è che sono libera! Mi sembra passato un anno!
Ho paura di essermi persa infatti chiamo aiuto ma nessuno risponde. Allora mi siedo appoggiata al tronco di un albero.
Incomincio a piangere sentendomi una poco di buono.

Se non avessi litigato con Shawn per uno stupido fatto accaduto ora non sarei qui a piangere e sarei a casa con lui come ogni venerdì sera a guardare film come la saga di Harry Potter e a mangiare popcorn.
Non penso neanche che lui mi stia cercando visto che ha detto che non mi vuole più vedere.
Ad un tratto sento una voce familiare gridare il mio nome: Shawn.

"Meggye"è così che mi chiama(va) lui.

"Shawn"balbetto.

"Meggye dove sei?"mi domanda sempre urlando.

"Shawn..."chiamo il suo nome più volte sperando che lui mi senta.

Vedo una figura maschile farsi avanti: è lui.
Non so che fare o che dire se non buttarmi tra le sue braccia e piangere a dirotto.
Inizio a correre verso di lui e istintivamente lo abbraccio.

Era da tre settimane che mi mancavano i suoi abbracci caldi e confortevoli!

"Shawn, ti prego non andare più via"lo prego piangendo. Credo di aver bagnato la sua maglietta.

"Meggye non ti preoccupare, ci sono io adesso e non voglio andarmene, non ora e né mai"afferma lui stringendomi ancora più forte.

Imagines 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora