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La fregata del capitano Avery dovette vedersela con il mare che montava a più riprese, spingendo come nel più feroce degli assalti

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La fregata del capitano Avery dovette vedersela con il mare che montava a più riprese, spingendo come nel più feroce degli assalti. La catena dell'àncora gemeva mentre la nave oscillava, i pennoni ruotavano quasi a voler fuoriuscire dalle trozze. Le vele erano state terzarolate. Se ci fosse stato un fazzoletto appeso, i marinai del castello di prua avrebbero serrato anche quello.

Il cielo rovesciava secchiate violente sulle teste degli occupanti del cassero. Il Vento aveva aumentato la velocità di parecchi nodi, sufficienti a mettere nell'animo dei marinai il terrore del traversamento. Le scialuppe battevano contro le murate, le cime si tendevano. Il gatto era scappato nella cambusa insieme al suo bottino di topi.

Vento, ti prego, placati, pensava Avery.

A pochi metri dalla riva si potevano vedere le barche dei pescatori, tirate inutilmente in secco prima della notte, galleggiare dentro una marea malvagia. La Sirena era laggiù a destreggiarsi fra le barche: le legava una all'altra per salvare ciò che poteva essere salvato. Gli occhi vagavano sul capitano al coronamento che gesticolava verso il timone, affiancato dal nostromo.

«È a bordo» disse alla manta che le volteggiava intorno alle reni. Sollevò una mano per aggrapparsi a una barca: l'anello era lì, a cingerle l'anulare. Rimase immersa con il busto svettante per tutta la notte, comandando ai mulinelli di circondare la nave in gorghi danzanti senza cagionare danni alla carena.

Al mattino la prima ondata di furia sembrò essersi placata. Il cielo era ancora basso e turbolento e nel mare si cominciavano a vedere pezzi di legno, rami, abiti, fiori.

«Devo scendere a terra, signor Kozlov, e voi verrete con me. Signor MacMourrog, a voi il comando della nave fino al mio ritorno. Se il mare dovesse montare di nuovo, sparate questo razzo. Ritorneremo immediatamente.»

Kozlov stava ordinando ai marinai di calare la lancia. Lo fecero con un tonfo; l'alto e slanciato ufficiale russo si appese a una corda e si lasciò scivolare come una perla dentro il filo. Il capitano Avery lo seguì. Il timoniere scostò l'imbarcazione dalla murata senza che necessitasse di un sollecito.

Giunti a terra, i due corsero per le vie, incuranti della popolazione che intasava le strade per contare i danni. Molti nastri neri erano appesi alle porte.

«Dove stiamo andando, capitano?» domandò Kozlov. Avanzava tenendosi il tricorno. Il vento non aveva abbandonato i suoi intenti.

«Voi possedete la rara dote della discrezione. Ve lo dirò: stiamo andando a prelevare la mia futura moglie.» Non si volse per osservare i segni che la rivelazione aveva lasciato sul viso del secondo ufficiale.

I tratti di Kozlov vennero deformati per un istante da una smorfia simile a una fitta d'invidia bramosa. «Congratulazioni.»

«Voglio portarla sulla nave prima che questo infame uragano, o quello che è, faccia maggiori sfracelli.»

Avery rallentò, riprese fiato e aggiunse: «Dobbiamo uscire indenni da questo porcaio prima di perdere la nave. Ho chiesto il vostro aiuto perché a quell'incrocio – lo vedete da qui? – ci separeremo. Voi mi farete il favore di ritirare i dispacci al Forte, mentre io andrò a prendere la mia donna.»

«Ho inteso, capitano.» Kozlov stava immobile appena dietro Avery.

«Vi attenderemo a quell'incrocio. Badate di non sbagliare strada. Persino su di un'isola come questa è facile smarrirsi.»

«Sono uscito indenne da una bufera siberiana, signore. Non perdo facilmente l'orientamento una volta che mi hanno mostrato la strada.»

«Siete l'uomo giusto, per questo vi ho voluto.»

Si separarono. Kozlov si voltò parecchie volte per vedere la figura del capitano rimpicciolire in mezzo ai campi di canna da zucchero.

Il Blues della Sirena (Un paio di gambe)Where stories live. Discover now