Conducevo una vita normale prima che tutto andasse a rotoli.
Avevo tredici anni quando mi dovetti trasferire in un altra città per il lavoro di mio padre, ma la situazione non era delle migliori.
Io ,nonostante cercassi di fare amicizia, rimanevo sempre sola e i miei genitori stavano divorziando ; la mia vita era diventata uno schifo.Stavo nella mia camera a messaggiare con gli amici che avevo lasciato, quando sentii un ticchettio, sembrava quello di un vecchio pendolo.
Mi ricordai che c'era un pendolo nella mansarda, ma che stranamente non lo avevo mai sentito suonare.
Esco dalla camera e con passo felpato raggiungo la mansarda, da lì i litigi e le urla dei miei genitori non si sentivano, finalmente un pò di pace.
Mi guardo intorno, la mansarda era completamente vuota, c'era solo un pendolo fermo...fermo?
Un altro ticchettio, e poi un altro ancora, fissai intensamente le lancette del pendolo che non vollero muoversi, poi una voceCrudele il tempo. Vero?
Sobbalzai, mi guardai attorno ma non c'era nessuno, ma stranamente quella voce sembrava in parte a me, anzi sembrava quasi dentro la mia testa
Già, dentro la tua testa
Un altra voce, questa volta più femminile ,ma sempre e comunque dentro la mia testa.
<sono impazzita? >
Chiesi a voce bassaAhaha chi può dirlo? In fondo noi abitiamo solo la tua mente.
<noi? In quanti siete là dentro? >
Molti piú di quanto tu pensi, ma non preoccuparti, imparerai a conoscerci molto pesto.
Fu da quel giorno che la mia sanità mentale crollò.
Cominciai a parlare con loro, sia a casa che a scuola, giorno e notte.
Le altre persone non le sentivano, solo io potevo, finalmente mi sentivo speciale, ma comunque venni etichettata come pazza.
Mi portarono da vari psicologi ma ogni cura che mi prescrivevano non le facevano sparire, non che io volessi ciò, erano le unice che parlavano con me.
Ogni giorno a scuola venivo presa di mira in tutti i modi possibili ma loro mi dicevano di pazzientare che il mio momento sarebbe arrivato, e cosí feci.
Ne ho passato di tutti i colori per due anni ma sopportavo, mi fidavo di loro, e intanto la rabbia cresceva in me.
Giunse infine quel giorno, a scuola si doveva fare un lavoro di gruppo, e io era capitata nel gruppo dei costumi.
Il lavoro era semplice, creare dei costumi di varie nazionalità e metterle a confronto, se fossi stata da sola avrei già finito, ma pultroppo ero capitata con dei deficienti.
Ad ogni mia mosso avevo addosso i loro occhi che mi scrutavano, ma non era uno sguardo curioso, era uno sguardo disgustato.Non ci pensare, fra poco ti potrai vendicare
<okay>I tre ragazzi mi continuarono a fissare, ma sta volta erano divertiti
<che fai svitata? Parli da sola? >
Mi sentivo ribollire, di prese in giro come queste ne avevo sentite molte, ma sta volta mi innervosii più del dovuto
<deficiente >
I ragazzi si guardarono tra loro divertiti
<oh oh osi sfidarmi? >
<e se anche fosse? >Iniziammo a spintonarci, ma visto il mio corpicino minuto finì subito a terra, ed il mio avversario ne approffitò per sedersi su di me.
Si sedette proprio sul mio stomaco, era pesante.
Il ragazzo lanciò delle occhiate complici ai suo amici<hey sfigata facciamo un gioco...chi grida per primo perde>
Prese un paio di aghi da cucito e me li conficcò nel braccio. Ogni ago che perforava la mia pelle mi procurava delle fitte dolorosissime, così gridai.