Il potere dell'incipit

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L'incipit di un romanzo è fondamentale. È ciò che ci spingerà a continuare a leggere oltre pagina dieci, e scriverlo bene è una vera e propria arte. Allenarsi a scrivere incipit nuovi e originali è un esercizio che tutti possono fare, magari inventandosi una storia e scrivendo lo stesso inizio in modi diversi, variando genere, punto di vista e personaggi.

INCIPIT 1

Piero si alzò di buon'ora, così come gli era stato detto. Indossò i guanti e gli stivali di gomma, così come gli era stato detto. Uscì di casa, chiuse a chiave, salì in macchina e percorse, rispettando il limite di velocità, il tragitto che lo separava dal campo da golf di Sant'Anna, così come gli era stato detto. Si chiese se il fatto di aver agito seguendo le indicazioni di un'altra persona lo avrebbe reso meno colpevole se lo avessero scoperto.

Quando arrivò alla buca quindici, trovò Alfonso seduto su una panchina.

Il suo amico d'infanzia stava fumando un sigaro, mentre fissava l'orizzonte con aria sognante e soddisfatta. Le loro sacche da golf erano già posizionate sul cart. Una volta completato il lavoro si sarebbero giocati una birra, e Piero già sapeva che Alfonso avrebbe vinto: era un giocatore formidabile.

«Sei in ritardo», gli disse Alfonso allargando le braccia e invitandolo a sedersi accanto a lui.

Piero si avvicinò e si sedette. Gli tremavano le mani. Non riusciva a controllarsi.

«Una bella mattina non trovi?», disse Alfonso.

Piero si limitò ad annuire, abbozzando un sorriso tirato e poco convinto.

«Sì, è proprio una bella mattina. Vedrai, faremo un gran giro oggi: due sotto il par, o magari anche meglio», continuò Alfonso.

Piero sospirò. Si passò una mano tra i capelli ormai grigi e radi, così com'era solito fare quando era giovane. Si domandò quando avesse cominciato ad invecchiare.

«Quando lo facciamo?», domandò infine Piero.

«Che cosa? Il lavoro?», chiese Alfonso.

Piero lo guardò perplesso. Non era forse ovvio il motivo per cui si erano trovati così presto quel mercoledì mattina? Fece quella riflessione mentre cercava con lo sguardo il loro vecchio amico Carlo. Si chiese dove fosse.

Alfonso si alzò in piedi ed estrasse dalla sacca il ferro tre.

«Possiamo cominciare anche subito», disse Alfonso mentre faceva segno a Piero di alzarsi.

Insieme si diressero verso il bordo del laghetto alla loro sinistra.

Fu solo quando furono a pochi passi dalla riva che Piero lo vide. Nascosto tra i rovi Carlo era legato come uno di quei maiali pronti per essere arrostiti, e proprio come loro il suo sguardo esprimeva puro terrore: sapeva che presto sarebbe morto.

INCIPIT 2

L'omicidio perfetto.

Alfonso mi aveva convinto che avremmo potuto uccidere un uomo senza essere scoperti se avessimo studiato alla perfezione tutti i dettagli: un alibi, nessun movente, un'arma del delitto facilmente reperibile. In teoria avrebbe funzionato.

Ancora oggi mi chiedo dove abbiamo sbagliato.

Il detective Ramagli non aveva avuto dubbi quando era venuto a prelevarmi nella mia casa di campagna.

«Lei è in arresto per l'omicidio di Carlo Bonfanti», aveva detto mostrandomi un foglio di carta scritto a caratteri piccoli e illeggibili.

Appresi solo in seguito il significato della parola mandato d'arresto.

Al processo ero stato l'unico imputato. Alfonso era già morto da un anno, e ricordo di averlo odiato per essersene andato. Pover uomo. Un aneurisma cerebrale. Come ho potuto odiarlo per questo?

Non avrei voluto essere solo, ecco tutto. In fondo l'idea era stata sua, perché sono stato io l'unico a pagare?

Colpevole di tutti i capi d'accusa, aveva detto il giudice, un uomo grassottello con grandi baffi neri pieni di briciole di cibo. Che schifo. Se fossi stato assolto probabilmente lo avrei legato come un maiale e ucciso.

E ora sono qui, in questa cella buia e fredda, con una branda dura come il marmo e una coperta ruvida e sporca. Il water e il lavandino distano solo un paio di metri dal letto. I primi tempi lo avevo trovato disgustoso, ma ora mi sembra quasi comodo. Nella mia vecchia casa dovevo percorrere tutto il corridoio al buio quando di notte dovevo pisciare.

Questa settimana mi hanno concesso carta e penna e un paio d'occhiali. La presbiopia non lascia scampo alla mia età.

Ho una piccola scrivania sotto la finestra, dalla quale filtra abbastanza luce per permettermi di scrivere sin dal mattino presto. Quando ero un uomo libero non ho mai scritto una sola parola. Qui dentro, però, riesco a trovare conforto solo quando lascio fluire i miei pensieri sui fogli di carta.

Per lo più scrivo di quello che mi succede ogni giorno tra queste quattro mura, ma ultimamente ho iniziato a riflettere sugli eventi che mi hanno condotto qui, quando Alfonso alla buca quindici mi aveva parlato della sua ossessione per la morte.

INCIPIT 3

La venerazione incondizionata ci rende stolti, ma solo lo stolto venera senza porsi delle domande.

Alcuni anni fa, quando ancora lavoravo come caddie presso un piccolo campo da golf in Liguria, mi ritrovai spesso ad accompagnare una coppia anziana. Non erano un gran che a giocare, e lui si arrabbiava sempre con la povera donna che lo sopportava da quasi quarant'anni, ma solevano raccontarmi storie affascinanti sugli altri membri del circolo. Non li ho mai considerati pettegoli, solo attenti osservatori.

«Matteo», mi disse un giorno il signor Massetti mentre sceglieva il ferro per il colpo successivo. «Ti ho mai raccontato dell'omicidio della buca quindici?».

Io scossi la testa stupito.

«Un omicidio?», gli chiesi. «Ma ne è proprio sicuro?».

Lui annuì.

«Ricordo ancora il modo di fare brusco e scortese della polizia quando ci chiesero di svuotare gli armadietti», disse il signor Massetti.

«Suvvia caro, stavano solo facendo il loro lavoro», intervenne la moglie avvicinandosi a noi.

«C'è modo e modo di chiedere le cose», le rispose il marito.

«C'era appena stato un omicidio. Per quel che ne sapevano avresti potuto essere tu l'assassino».

«Io? Io avevo capito dall'inizio chi fosse il vero colpevole. Chiaro come il sole».

«Certo, certo, il nostro detective», disse la donna facendomi l'occhiolino.

I loro battibecchi mi divertivano, e solitamente li ascoltavo senza interromperli. Quel giorno però non desideravo altro che il signor Massetti arrivasse dritto al punto.

«Ma quindi chi è morto?», mi azzardai a chiedere.

Il signor Massetti mi fece un gesto con la mano per dirmi di aspettare. Si mise in posizione e colpì la pallina: un tiro raso terra, che rimbalzò più volte sul terreno, e che per pura fortuna raggiunse il bordo del green. Rimase a fissare la sua pallina soddisfatto, come se quel colpo fosse il più bello mai eseguito.

«Carlo Bonfanti», mi disse infine. «Un tipo in gamba, non aveva mai fatto del male a nessuno».

«E allora perché lo hanno ucciso?», domandai.

Il signor Massetti sospirò.

«Perché preghiamo Dio, figliolo?», mi disse.

Lo guardai senza capire.

«Cerchiamo la pace», mi disse. «A modo suo Piero era convinto di agire per il meglio».

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⏰ Last updated: Oct 11, 2017 ⏰

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