«Inoltre»

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16 Dicembre 2017


[...] i petali cadono,
schegge diventano
e del male fanno.

Fiori, pieni di spine.
Dolore, pieno d'amore.






Mi manca il letto fatto da te la mattina. Non riesco a sistemarlo come facevi tu. Eri veloce e con pazienza, ogni mattina, con addosso il tuo pigiama chiaro, lo sistemavi. Ricomponevi i pezzi, distendendo delicatamente le lenzuola e morbidi poggiavi i cuscini come se fossero zucchero filato.

Mi alzo sempre alle otto, ma la sveglia inizia a suonare alle sette e mezza. Le lenzuola non hanno più alcun odore. Una volta profumavano di ammorbidente alla lavanda, poi avevano il tuo odore, e avrei voluto che rimanesse in eterno. I tuoi capelli lasciavano quel profumo candido da impregnare ogni singola parte di quel letto gelido la sera e caldo al mattino. Lo ammetto, dimentico spesso di fare la lavatrice e non ne sono capace. I miei abiti non hanno più alcun profumo addosso se non quello del deodorante o del dopobarba e le lenzuola hanno nostalgia dei tuoi profumi, ma piano piano, anche loro li stanno dimenticando.
La prima volta che ti portai a casa mia avevi le ginocchia coperte da dei collant scuri e fragili tremavano leggermente. Ti feci vedere la mia camera e ti sedesti sul letto grande ingenua, innocente. Scrutavi ogni cosa, come se volessi conoscere me attraverso quella camera da letto dalle pareti vuote e dalle mensole piene di libri sulla storia della Corea e filologia.
Il tuo primo regalo di Natale fu una camicia blu e per il mio compleanno mi cucinasti una torta dai bordi bruciati, ma dal pandispagna soffice come le tue labbra quel giorno.
La mattina del giorno dopo avevi le orme delle pieghe delle lenzuola sulle guance e i capelli lunghi ti carezzavano l'alta schiena. Eri di fronte allo specchio e continuavi a toccarti il viso, "come hai fatto ad accorgerti di me? Senza trucco sono orribile". Ma ai miei occhi, vedevo una donna dalle spalle ampie e dal sorriso immenso, mi bastava.

Ero un disastro, lo so. Non ero capace di dire quello che pensavo e non esternavo nulla. Quando la mattina ci guardavamo negli occhi, speravo nella possibilità che potessi leggermi la mente. Ad ogni ciocca di capelli che ti spostavo, sognavo un tuo sorriso e invece vedevo le tue guance arrossire. Ad ogni abbraccio, avevo bisogno di un tuo bacio. Ti sognavo e ti ho avuto tra le mani, bastava spostarmi di soli pochi centimetri e accanto a me c'eri tu. Le gambe nude e le mani magre nascoste tra le lenzuola. I piedi gelidi e i capelli disordinati. Ma eri lì, al mio fianco. Mi stringevo a te come se fossi la mia unica ancora. Affondavo il mio viso sul tuo petto, sentivo il tuo cuore e il suono del tuo battito calmo, che mi tranquillizzava. Una ninna nanna lenta, che solo io potevo sentire. Il tuo respiro caldo mi rilassava e le tue mani sulla mia schiena mi coccolavano. Il tuo tatto mi saziava, la tua presenza mi inebriava e i tuoi baci mi mandavano in estasi.
Forse ti amavo, ma quando hai lasciato le chiavi di casa all'ingresso e non sei più tornata, mi ero reso conto che non c'era mai stato un forse.

Ti amavo e quando ti cerco tra le camicie ancora stirate da te, affondo il viso alla ricerca del tuo profumo. Ma non ci sei, oltre ai ricordi, non esisti più nella mia vita. Sfioro i colletti ben stirati e senza mai avere il coraggio di indossare quelle camicie, rimangono inerme dentro il mio armadio. Forse dovrò sostituire quel mobile, è troppo vecchio e ingombrante, ma se ci fosse ancora una sola traccia di qualche tuo profumo?
Aspetto ancora un po', poi, magari, un giorno, lo cambierò.

E mi manchi. Quel giovedì sera, quando pioveva, ho rivisto me e te fuori da quella stazione di servizio a fumare dell sigarette al mentolo. Non riuscivo ad usare il tuo clipper, i miei polpastrelli erano troppo freddi e non usciva fuori alcuna fiamma. Mi accendesti tu entrambe le sigarette che mi diedero la nausea. Il tuo profilo era bellissimo, e la sigaretta che ti lasciava socchiudere gli occhi, sfumavano la tua personalità.
Ti rivedo sotto le tettoie dei supermarket indiani ad aspettarmi con del vino rosso scadente in mano e un sorriso timido sul volto. La tua figura indossante il solito cappotto beige è tra le strade del mio quartiere e in quella villa dove mi baciasti piangendo. Vidi I tuoi occhi piangere una sola volta, e quel pomeriggio il mio cuore tremò, piangendo con te, non riuscii a consolarti. Non ti lasciasti baciare, prendesti una mia mano e intrecciando le tue dita alle mie, smettesti di piangere.

Il giorno in cui facemmo l'amore, ti aggrappasti a me facendomi sentire le tue unghie tra la carne. Il giorno dopo mi svegliai e vidi la tua schiena nuda, candida. Allungai una mano e unii i nei con delle tracce invisibili lasciate dai miei polpastrelli. Vidi la tua pelle ricoprirsi di brividi e alcune ciocche di capelli ricadere sulle spalle, lasciando scoperta la nuca nivea. Mi avvicinai a te e prima di sentire il tuo profumo, continuai ad accarezzare la tua pelle bianca. Ti abbracciai mentre continuavo a sentire il tuo respiro, era un sussurro che diceva di non andare via, ed io sono rimasto legato a te quella mattina, ma tu dormivi e i tuoi occhi, oltre al buio di un sogno silenzioso, non videro altro.

E ti amo.
Ti amo perché cucinavi pensando a me e le tue mani sul bancone della mia cucina danzavano armoniosamente.
Ti amo perché, forse, tu amavi me. Intrecciavi le tua gambe alle mie la notte e indossavi le mie felpe quando stavi a casa.

Ieri ti ho vista parcheggiare la macchina di fronte all'università. Avevi una coda di cavallo e una sciarpa che ti copriva il collo. Avevi un'aria esausta, non dormi più? Ottobre si avvicina e non chiudi più occhio. Sembravi essere triste e le occhiaie chiare sotto i tuoi occhi accentuavano il colore scuro che vige al loro interno. Una volta sembravano essere più grandi, perché adesso sembra che si stiano rimpicciolendo? Cosa ti sta succedendo?
Non fumi, dimentichi il pranzo a casa, ma hai sempre un'accendino tra le mani, ma non più una sigaretta tra le dita.
Ieri sono entrato in aula, eri in seconda fila e accanto a te non c'era nessuno.
Si sentiva un brusio leggero, piacevole. Ma tra le tante voci, la tua non c'era. Non sono riuscito a evitare i tuoi occhi, e anche se tu non mi guardavi, io volevo. Non avevi un filo di trucco, ma eri bellissima. Non indossavi un abito, ma una felpa ed eri comunque bellissima. Avevi i capelli legati, ed eri lo stesso bellissima. E anche se avevi un'aria triste, eri bellissima.

Avevo appena iniziato la lezione quando hai preso le tue cose e sei andata via. Mi hai lasciato, di nuovo. Non vuoi più sentire la mia voce, ma io vorrei di nuovo te tra le mie lenzuola al mattino e me tra i tuoi pensieri, come un tempo. Quando io, forse, ti amavo; solo dopo, quando ti sei trasformata in un ricordo ho capito.






















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Mi sono innamorata e sono triste. Leggete se volete, ma non piangete.


Sputnik

➳그리고 -kurigo- P.C.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora