Professore sospetto

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«Rowaaan! Ti devi alzare!».

Lo strillo di mia madre mi fece aprire gli occhi di scatto, e ci misi qualche secondo di troppo per capire dove mi trovassi. Quando riconobbi il mio zaino nero e grigio poggiato sulla scrivania, capii anche il perché di tutta quella fretta: oggi sarebbe stato il mio primo giorno di scuola, anche se con una settimana di ritardo.

Saltai giù dal letto stropicciandomi gli occhi e scesi in cucina a fare colazione, sbadigliando senza ritegno.

Girovagando per la casa come uno zombie, mi resi conto che il pomeriggio precedente io e mia sorella avevamo fatto un lavoro eccellente nell'addobbare la casa in vista di Mabon: ora i davanzali erano stracolmi di foglie secche e pigne, mentre ghirlande di fiori e fettine di mele essiccate erano poggiate su tutte le superfici libere. Inoltre la casa era pervasa da un'allettante odore di mele cotte e cannella, che mio padre adorava preparare tutti gli anni.

Pensare a mio padre mi fece tornare in mente ciò che era accaduto la sera precedente: lui e la mamma avevano comunicato ufficialmente a me e a mia sorella che di lì a poco si sarebbero separati. In realtà non era stato nulla di traumatico, sia perché io e Keira già lo sapevamo, sia perché i nostri genitori non ce lo stavano facendo affatto pesare. Mamma e papà sembravano tristi, sì, ma anche soddisfatti, come se entrambi si fossero tolti un immenso peso dal petto. A quanto pareva avevano compreso che la loro storia d'amore era giunta alla fine, e lo avevano accettato.

A me un po' dispiaceva, certo, perché comunque mi avevano cresciuta insieme e avevano sempre vissuto sotto lo stesso tetto, ma preferivo vederli separati e felici che sposati e tristi.

«Tesa per il primo giorno di scuola?» mi chiese papà, allungandomi una tazza di caffè bollente.

La afferrai e ne sorseggiai un poco prima di rispondere: «No... è poi soltanto la scuola. Nulla di particolarmente eccitante».

Lui mi sorrise e, dandomi un bacio sulla fronte, mi disse: «In ogni caso, buon primo giorno di scuola, tesoro».

«Grazie, papà» risposi, finendo il mio caffè.

In quel momento due colpi di clacson mi fecero sobbalzare. Mi affacciai alla finestra della cucina e vidi i miei amici che mi facevano strani gesti dalla vecchia Dacia di Michan.

Che diavolo, loro erano passati a prendermi e io ero ancora in pigiama!

Corsi in camera mia alla velocità della luce e mi vestii con le prime cose che mi capitarono sotto tiro, poi mi lavai i denti mentre mi infilavo i miei adoratissimi anfibi neri e afferrai al volo mascara e eye-liner mentre mi allacciavo il cappotto di lana.

Meno di sette minuti dopo ero fuori di casa.

«Dai, Rowan, non possiamo aspettarti tutta la vita!» strillò Labhraidh dal finestrino abbassato del passeggero. Gli feci la linguaccia e salii nei posti dietro, chiudendo la portiera mentre Michan sgasava.

Grazie alla guida spericolata di Michan arrivammo a scuola in dieci minuti, mentre normalmente ce ne sarebbero voluti come minimo venti.

«Ora, visto che siamo in anticipo di dieci minuti, mi aspettate mentre mi trucco» esclamai una volta che avemmo parcheggiato l'auto davanti all'entrata.

Mi guadagnai gli insulti dei miei migliori amici, ma li ignorai e, osservando il mio riflesso nello specchietto retrovisore, tracciai due precise linee nere di eye-liner sulla parte superiore degli occhi e, dopo due passate di mascara, ero pronta.

«Bentornata nel posto più inutile che una strega possa mai frequentare!» esclamò con finta gioia Michan, dandomi una botta sul sedere per farmi camminare.

Stirpe Di StregaWhere stories live. Discover now