Capitolo quattordici.

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Pov's Paulo.

Arriva il triplice fischio dell'arbitro che segna la fine di una partita positiva per la mia squadra ma negativa per me.
Mi alzo velocemente dalla panchina e lascio il campo.
Raggiungo gli spogliatoi, chiudendo poi la porta alle mie spalle con violenza.
Raccolgo le mie cose e vado a farmi una doccia rilassante, sperando che quest'ultima possa calmare un po' il mio umore.

Finito di prepararmi, rientro negli spogliatoi dove trovo tutti i miei compagni che mi guardano stupiti.

"Mi spieghi che hai fratè?" mi chiede Federico.
Non rispondo alla sua domanda, mi siedo e tiro fuori dallo zaino il cellulare.
"Oh, ti ho fatto una domanda!" continua Federico, mentre io di rispondere non ne voglio proprio sapere.
"Non sei venuto con noi a festeggiare sotto la curva, hai lasciato il campo da solo, non ci hai praticamente rivolti la parola.
Siamo una squadra, non puoi comportarti così!" dice Federico con tono nervoso.
"Avete vinto lo stesso, anche senza di me - rispondo con sorrisino ironico - non avete bisogno per forza di Paulo Dybala" concludo poi.
"Io mi rifiuto di parlargli, basta!" grida Bernardeschi prima di lasciare lo spogliatoio.
Tutti gli occhi dei ragazzi sono puntati su di me.
Nessuno dice una parola, tantomeno io.

Dopo una ventina di minuti Federico ritorna negli spogliatoi.
Mi alzo d'istinto e vado verso di lui.
Lo abbraccio e gli sussurro un 'scusami'.
Ricambia il mio abbraccio, poi si stacca velocemente.
"Non voglio più sentirle quelle parole. Tu sei importantissimo per noi, abbiamo bisogno di te anche in partite del genere. Siamo una squadra, siamo qui per affrontare i problemi insieme." mi dice.
Annuisco e lo ringrazio.

All'improvviso vedo sbucare dalla porta Valeria.
La vedo correre verso Mattia.
Spalanco gli occhi a quella visione.

"Sei stato bravissimo!" gli dice lei.
"Grazie!" risponde lui lasciandole un bacio sulla guancia.
Stringo i pugni e Federico comprende subito il mio stato d'animo, poggia infatti una mano sulla mia spalla per cercare di tranquillizzarmi.

Valeria va via, senza degnarmi di uno sguardo.
Io la seguo passo dopo passo, la osservo e la mia testa si riempie di pensieri.
Vorrei parlarle.
Vorrei dirle scusa, ancora una volta.
Vorrei dirle che ho fatto una stronzata e che io sono solito farle.
Vorrei dirle che tutto quello che è successo con Antonella non ha avuto alcun significato per me.
Vorrei dirle che mi manca.
Vorrei.
Ma non posso.

I ragazzi cominciano ad andar via, uno ad uno.
Rimaniamo soltanto io e Federico.
Lo aspetto appoggiato allo stipite della porta, mentre lui raccoglie le sue ultime cose e le infila nel borsone.

"L'hai vista?" dico all'improvviso.
Federico capisce immediatamente di chi sto parlando.
Annuisce semplicemente.
"Perché hai avuto quella reazione quando l'hai vista con Mattia?" mi domanda poi.
"Perché non può e non deve toccarla, gli avrei spaccato la faccia!" rispondo acido.
"Amico, ti ricordo quello che è successo qualche giorno fa. Si può sapere cosa vuoi dalla vita?" mi chiede il biondo.
"Senti, Berna, è successo, ok? Abbiamo bevuto qualche bicchiere di troppo ed è successo... non so neanch'io cosa. È stata una stronzata!" dico.
"Ok, capisco, una stronzata.
Ma Antonella è ancora a casa tua e continuate a fare sesso come se non ci fosse un domani. Se fosse stata solo una stronzata, l'avresti mandata via e avresti cercato di recuperare le cose con Valeria. Invece non lo hai fatto." mi risponde lui, lasciandomi senza parole.

|Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato. Si sbaglia per crescere e per maturare. Si sbaglia perché non si è perfetti.|

Destino // Paulo Dybala.Where stories live. Discover now