24 Dicembre

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Oggi è la Vigilia di Natale, riesco a sentirne addirittura il profumo.
Quel misto di dolci, cibo e frenesia nell'attesa che sia domani, che scocchi la mezzanotte per potersi dare gli auguri di un felice Natale.
Anche io ho la mia frenesia, ma non devo di certo aspettare la mezzanotte, mi bastano dieci minuti.
La frenesia di dover incontrare lei.
Dalla finestra del mio ufficio vedo le persone quasi correre per le strade, forse hanno dimenticato di fare gli ultimi regali, o forse lo spirito natalizio li ha indemoniati al punto di seguire il ritmo delle frenetiche canzoncine che inondano le strade.
-Distratto Frost?
-Mancano otto minuti alla pausa.
-Adesso addirittura li conti?
-Sette minuti.
Vedo il mio collega ridere di gusto, credo si stia davvero divertendo.
-Una volta nemmeno la facevi la pausa, e poi ti sei offerto tu di lavorare sia oggi che domani. Pentito Frost?
-Smettila Hans, non sono affari che ti riguardano, e poi mi sembra che anche tu sia qui.
-Siamo gli unici due che non hanno motivo di festeggiare oggi.
-Sei minuti.
-Ultimamente sei sempre pronto a scappare di qui per la tua mezz'ora libera.
-Ti ripeto, sono affari miei.
-Per caso c'entra una ragazza?
Il suo sguardo diventa subito malizioso, non ho mai sopportato questo lato di Hans e soprattutto adesso che osa intendere una cosa del genere su Elsa.
Ieri ho cercato il suo cognome, Neige è davvero francese e vuol dire "neve". Mi è sembrato davvero ironico dato che il mio significa gelo.
-Ammettilo che vai a farti fare qualche servizietto per allentare lo stress!
Sono due secondi, mi alzo dalla scrivania e lo sbatto contro il muro. Non mi importa, ci siamo solo noi.
-Ripetilo e ti arriva un pugno sul naso.
-Hey amico calma, stavo scherzando.
Il mio sguardo cade sull'orologio alla parete. Posso andarmene.
Lo lascio e lui scivola a terra borbottando qualcosa che non mi importa, il tempo di prendere il cappotto e mi precipito in strada, quasi corro, ma ho fretta di raggiungere lei, di vedere la sua purezza.
Ho bisogno di quella neve di cui porta anche il nome.
Arrivo di fretta al locale ed entro senza esitazioni.
Subito la noto e stavolta sono io a raggiungerla, lei sta pulendo un tavolino e non si rende conto di me.
-Elsa.
Lei sobbalza, non si aspettava che la chiamassi.
-Ha corso per caso?
-Sì, dovevo venire da te.
Oggi non me la sento di mantenermi distaccato, non voglio la sua gentilezza da cameriera, voglio che sia sé stessa.
-Dammi del tu.
-Non sarebbe professionale.
Sposta il suo peso da un piede all'altro e sembra in difficoltà.
-Tutto quello che è successo in questi sei giorni non è professionale.
-Io non...
-Elsa ogni giorno corro qui. Stacco dal lavoro e raggiungo questo posto.
-Lo fa perché fa freddo fuori.
-No. Lo faccio per te.
-Andiamo al bancone.
La seguo e mi tolgo il cappotto sistemandomi su quello sgabello che oramai considero "il mio posto".
-Sono tornati i ricordi?
-Sì, ho rivissuto tutto.
-Perché non crede nella magia?
-La vita mi ha portato a farlo.
E la guardo, guardo i suoi occhi luminosi e le gote leggermente arrossate e se penso alle parole di Hans ho solo voglia di tirare un pugno al muro.
-Quando avevo 14 anni ho avuto un incidente...
La mia voce esce da sola, non so perché, non riesco a capirlo. Non ho mai raccontato quel giorno a nessuno. Fa male, eppure ho bisogno che lei lenisca le mie ferite con la sua magia.
-Era il giorno di Natale ed io e mia sorella siamo usciti fuori per giocare. Nel nostro paesino c'era un lago che d'inverno ghiacciava e noi volevamo pattinare. Lei era piccola, aveva sette anni ed era così felice perché Babbo Natale le aveva regalato dei pattini nuovi...
Mentre racconto mi sembra di rivedere quella piccola peste con i capelli disordinati e gli occhi color nocciola.
-...Ci siamo incamminati e lei ha iniziato a correre. Quando sono arrivato lei stava già pattinando. Io le avevo detto di restare vicino i bordi, perché verso il centro il ghiaccio era più sottile, ma lei voleva correre e fare le acrobazie. Io sentii il ghiaccio scricchiolare e lei si fermò immediatamente...
La mia voce si incrina, ho davanti i suoi occhi colmi di terrore, lei sapeva cosa sarebbe successo.
-...Iniziai ad andare nel panico, non sapevo come tirarla via e se mi fossi avvicinato troppo avrei rischiato di far rompere definitivamente la lastra.
Presi un bastone, cercai di restare tranquillo per lei, ma stavo morendo dalla paura. La tirai via, la spinsi verso di me, ma per farlo mi ritrovai al suo posto. Il ghiaccio cedette.
Non so se riesco ad andare avanti... Fisso i suoi occhi concentrati che mi incitano a continuare. E lo faccio.
- Quando mi hanno ripreso ero quasi morto congelato, il ghiaccio rotto mi aveva graffiato in vari punti e le ferite si erano infettate. Non avevo danni alla testa e nemmeno un osso rotto, ma i batteri che erano entrati nel mio sangue avevano distrutto tutta la melanina del mio corpo. Al mio risveglio subii un intervento agli occhi, rischiavo di perdere la vista.
Lei mi osserva, osserva le mie pupille chiare. E capisce, capisce tutto.
-Per questo i miei capelli sono bianchi... E per questo i miei occhi hanno il colore del ghiaccio.
-Sono belli. Sono i suoi. Frost.
-Sì, il gelo. Neige.
-Sì, la neve.
E lei sorride ancora, quel sorriso sincero e fresco. Bello da morire.
E solo ora mi rendo conto che vorrei baciarla, vorrei essere dall'altro lato del bancone e nemmeno mi rendo conto della cioccolata calda davanti a me.
-Cioccolata.
-Come il primo giorno.
E sono io a sorriderle, il primo giorno. Quando ero entrato qui per il freddo. E forse ci tornerò di nuovo, sempre per il freddo. Volevo un caffè. Ora voglio te.
-Forse avevi ragione.
-Su cosa?
-Sul motivo per cui vengo qui.
Annuisce.
-Qui ti riscaldi, fuori fa freddo.

Baby, it's cold outsideWhere stories live. Discover now