28. Soluzione

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Fu orribile entrare nel cortile della scuola e vedere gli sguardi dei miei compagni di classe soppesarmi con gravità.
Forse Adele aveva raccontato a tutti la ridicola e improbabile storia in cui l'avevo ingiustamente messa in mezzo. O magari qualcuno aveva semplicemente visto ciò che era accaduto e aveva parlato con gli altri.
Dubitai che quello fosse il modo in cui mi guardavano ogni giorno e a cui non avevo mai dato molto peso, ma non ci avrei messo la mano sul fuoco.
Evidentemente, però, le notizie erano arrivate a Stefano, probabilmente attraverso Emma; infatti, non appena mi vide, si precipitò verso di me.

— Mi vuoi dire cosa ti è saltato in mente ieri?
Non l'avevo mai visto così arrabbiato e deluso. Nemmeno quando l'avevo lasciato in quel modo orribile.
Io misi le mani in tasca: — Ho fatto quello che era giusto fare; dopo l'ennesimo torto ho reagito. Non c'è niente di male.
— Ma Adele non c'entra nulla! Ne sono certo! Il responsabile è qualcun altro — ribatté lui deciso.
Ero davvero irritata: — La smetti di difenderla sempre? Chi altri potrebbe essere se non lei?
Lui non diede segni di cambiare idea: — Lei ha... Ascoltami, Cat.
— Me ne vado, lasciami. Ora non voglio parlarne.
Cominciai a camminare e lo soprassai.

Lui non mi bloccò, mi lasciò semplicemente andare via così. Probabilmente non voleva credermi e riteneva le mie idee solo delle sciocchezze.
Ritornai così dal mio unico punto stabile, il mio angolo di calma nel mondo.
Davide mi accolse con un sorriso sornione: — Alla faccia di essere la ragazza calma e riflessiva... Dovrei avere paura di te, Cat, dopo quello che hai fatto ieri.
Mi accorsi solo dopo che accanto a lui vi era anche Emma. Aveva l'aria particolarmente stanca, i capelli raccolti in una coda di cavallo alla ben e meglio e gli occhi spenti.

— Le notizie corrono in fretta, allora — ribattei, rivolgendo un sguardo a Emma.
Lui scosse la testa: — In realtà sono stato ad aspettarti per un po', e dopo lei mi è venuta a raccontare quello che era successo. Sono orgoglioso di te, Cat.
— Tu accetteresti qualunque atto criminale, purché contro Adele — sospirai, accomodandomi sul muretto accanto a loro.
Davide rise: — È vero, non lo nego. E forse sarei io il primo a commetterne uno contro di lei.
Sia io che Emma ridemmo delle sue battute, che riuscivano sempre ad alleggerire anche le atmosfere più cupe.

— Ragazzi — dissi, dopo un breve sospiro. — Oggi vi chiameranno per chiedervi se, in base alle vostre conoscenze, io abbia mai subito atti di bullismo.
Avevo deciso di dirlo loro senza mezzi termini, poiché volevo evitare che ricevessero una sorpresa.
Avevo immaginato le loro reazioni, che si manifestarono proprio come avevo previsto: Emma aumentò la sua aria grave e preoccupata, mentre Davide si aprì in un sorriso trionfante. Lei, però, fu più veloce a commentare l'accaduto.
— E poi cosa succederà, Cat? — chiese piano, quasi provasse timore a fare quella domanda.
Io le sorrisi: — Non lo so, Em, non lo so. Spero che tutto questo finisca, solo questo.
— Lo sai, vero, che accadrà dell'altro? Qualcuno ti sarà più amico, altri ti staranno invece più lontani.
Annuii: — Lo so perfettamente... Ma non vedo l'ora che si allontanino da me.

***

La notizia venne comunicata all'ultima ora: Adele era stata sospesa.
Dopo la fine della lezione, Davide e io ci fermammo per una decina di minuti nel cortile. Entrambi volevamo parlare e sapevamo che l'altra era la persona giusta.
— E così ti ha chiesto molti particolari? — domandai, visto che non avevamo ancora avuto l'occasione di parlare del suo colloquio.
Lui alzò le spalle: — Ho provato a dire alla preside il mio numero di scarpa ma non le interessava... Comunque no, solo se ti ho visto subire atti di bullismo... E io ho detto di sì. E poi che sono il tuo migliore amico e che in questi anni molti compagni sono sempre stati "poco gentili" con te.
Sospirai: chissà cosa avevano risposto Carola, Francesca... Se avessero difeso o incolpato la loro amica.

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