- Luna piena -

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Anche quel giorno era di ritorno dal suo lavoretto part-time al bar del paese, con le solite cuffiette consumate dagli innumerevoli utilizzi alle orecchie, seduto al solito posto dell'autobus, ascoltando le solite canzoni del solito cantante britannico. Dopo circa 30 minuti arrivò alla sua villetta sperduta in mezzo al nulla, posizionata in un punto abbastanza panoramico, che aveva scelto per perdere ogni contatto con altre persone. La finestra della sua stanza godeva di una vista sul mare spettacolare e, quando era fortunato poteva anche osservare la Luna sprofondare nelle profonde acque del Tirreno; la stessa Luna che aveva ispirato la maggior parte dei suoi quadri, di cui però non era mai realmente soddisfatto, e che finivano inevitabilmente in cantina come tutti gli altri. Proprio quando stava per scartarne un altro, notò che era finito lo spazio a disposizione e, dopo essersi guardato intorno per qualche secondo, notò un grosso armadio arruginito che probabilmente non veniva pulito da anni. Decise che, con qualche piccola modifica, sarebbe stato il posto adatto per ammassare le sue opere incomplete. Si armò di guanti in lattice, mascherina e spray per superfici e si mise all'opera. Una volta finito aprì le ante che, con un cigolio abbastanza disturbante, rivelarono il contenuto dell'armadio. A parte qualche vecchio vestito ormai fuori moda, c'era un grosso scatolone su cui era disegnata una tilde.
Curioso, lo prese e lo portò in camera cominciando ad esaminarne il contenuto.
Le lacrime gli salirono agli occhi quando trovò un raccoglitore di plastica che ricordava di aver comprato nella cartoleria dietro l'angolo con i soldi raccolti nel suo salvadanaio a forma d'orso. All'interno vi erano una serie di vecchie foto scattate con la sua Polaroid che ritraevano lui e i suoi vecchi amici che, per colpa sua, erano andati via, rimanendo solo, solo come rimane il cielo dopo che la luna, offesa, si tuffa in mare, privandolo di quell'unica fonte di luce che aveva, facendolo cadere nel buio più totale.
Tra le molte foto trovò quelle scattate ad una fiera a cui erano andati al secondo anno in treno, pagando anche biglietti abbastanza costosi. Era la prima volta che andava da qualche parte non accompagnato dai suoi -a parer suo- assillanti genitori. scavando più a fondo nella scatola riuscì anche a trovare la collana della famosa saga di "Harry Potter" che era riuscito a comprare grazie ai soldi che aveva messo da parte il mese prima della partenza. Si chiamava "Giratempo" e, nei romanzi, permetteva a chi la indossava di viaggiare nel tempo. Quanto avrebbe desiderato possedere realmente quel potere... tornare indietro... poter rivivere tutti i bei momenti passati in quegli anni in compagnia delle uniche persone nella sua vita per cui avrebbe fatto di tutto ma che poi, inevitabilmente, si era fatto sfuggire, come uno stupido.
Scoppiò così a piangere a dirotto, con le mani tra i capelli e la collana stretta in pugno, pensando a quell'innumerevole serie di sbagli compiuti nella sua vita.
Ad un certo punto cominciò a trovare insopportabile qualsiasi rumore gli arrivasse alle orecchie e in preda alla disperazione cominciò a rompere tutti gli orologi che producevano quell'assillante ticchettio e a chiudere tutte le finestre dalla quale entrava il suono prodotto dal vento che lo aveva sempre incantato, ma che ora gli sembrava la cosa più fastidiosa del mondo.
Uscì poi fuori al terrazzo per contemplare ancora una volta la stessa luna a cui ogni notte parlava, raccontava quello che provava e gridava quello che non andava. Questa volta però fu diverso; la luna gli sembrava assente, lontana, eppure era lì, davanti ai suoi occhi, poteva vederla chiaramente e persino notare i suoi più minimi dettagli... Forse -pensò- sì era annoiata di ascoltare le sue giornate sempre vuote ed identiche e, magari, aveva trovato qualcuno di più interessante e piacevole a cui dare ascolto. Questo lui non poteva saperlo ma sapeva per certo che, senza Luna, il suo cielo era vuoto e che le stelle non avrebbero mai potuto colmare il vuoto da lei lasciato.
Era stato completamente distrutto da quegli avvenimenti e, quasi automaticamente, una volta rientrato in camera, si tuffò sul letto a contemplare
-come faceva di giorno, quando la sua amata luna non c'era- il soffitto provocando lo spiacevole scricchiolio delle molle insacchettate nel materasso che non cambiava da chissà quanti anni.
Cominciò così a ripensare a tutti i bei momenti passati in quella scuola, sorridendo ricordando la spensieratezza di quegli anni, ma al contempo facendo sgorgare fiumi di lacrime dagli occhi pensando a cosa si era fatto scivolare tra le dita, perdendo tutto come un irresponsabile giocatore d'azzardo perde tutti i soldi che ha a causa della sua incoscienza. Gli mancava tutto di quei tempi; le chiacchiere scambiate durante le lezioni, la costante attesa dell'intervallo, la svogliatezza con cui lui e il suo gruppetto camminava nei corridoi rispondendo a tono agli insulti degli altri, le notti in bianco passate a studiare per un'interrogazione, l'ansia che si trasmettevano a vicenda prima e dopo un compito e l'attesa dell'autobus che sembrava non finire mai, la maggior parte delle volte svolta sotto la pioggia a causa della brutta zona in cui si trovavano.
Ma quello che più rimpiangeva non era tanto ciò che era stato ma ciò che sarebbe potuto essere, tutti i bei momenti, le follie che avrebbero potuto vivere insieme, tutto andato vano per colpa sua, solo sua.
Sfinito, e senza più una lacrima restante, crollò, dopo -forse troppo- tempo tra le braccia di Morfeo che sembravano averlo abbandonato da molti anni per chissà quale strana ragione, facendo così finalmente concludere quel giorno apparentemente senza fine, che forse lo avrebbe segnato per sempre o, magari, l'indomani, nella fretta di arrivare a lavoro in orario, si sarebbe scordato tutto, rendendo tutto ciò un'enorme nuvola passeggera, che aveva interrotto per un attimo l'aridità dei suoi giorni.

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MoonWhere stories live. Discover now