Capitolo 8

78 5 0
                                    

《Era da parecchio che non uscivo, la sera. A vent'anni, si sa, il mondo è una discoteca, ma non per me, costretta in casa dagli impegni e soprattutto dalla timidezza. Amo la tranquillità di un buon libro, una tazza di tè e il plaid sulle ginocchia - precorro i tempi: ho l'animo da pensionata a ventidue anni! - perché l'unico tipo di confronto richiesto è quando tua madre ti chiama per sapere se sei ancora viva, mentre in un locale, indipendentemente da quante persone ci siano, mi sento sempre sotto un riflettore, come se avessi un cartellone lampeggiante con la scritta: "Non perdetevi lo spettacolo più imbarazzante del mondo: ecco a voi il Disagio Ambulante!"
Quella sera, però, mio fratello era di turno all'ingresso del Cielo, il locale dove lavorava, per ispezionare gli invitati all'evento della serata, e aveva ottenuto due inviti per me e Georgia, la mia migliore amica.
Georgia e Jake ci tenevano enormemente, e poi, insomma, si trattava di una festa in maschera nella discoteca più esclusiva di New York: nessuno mi avrebbe riconosciuto, tra la maschera e il fatto che abitualmente non frequento il jet set, giusto?

Decisi quindi di lasciarmi andare e accettai, ma al momento di trovare il costume, non potei smentirmi! Scelsi l'armatura di Iron Man che avevo acquistato per il Comic Con dell'anno successivo, intenzionata a farmela firmare dal mio eroe preferito che sarebbe stato presente; l'armatura si era ciucciata un bel po' dei miei risparmi, ma era il mio orgoglio, e non avrei potuto fare a meno di indossarla, se non altro come portafortuna! 
Nonostante le proteste scandalizzate di Georgia e Jake, non mi lasciai dissuadere ed entrai con passo deciso nella folla che gremiva il locale. Diamine, ero Iron Man, adesso, e non avrei permesso a nessuno di intimidirmi! 

Guardandomi intorno, mi ricordai perché di solito evitavo le discoteche: gente seminuda che ballava su altra gente semivestita, luci confuse, fumo, il classico calore appiccicoso e umido, e, naturalmente, la musica da far tremare i muri... Feci fatica a tenere a mente che il mio alter ego amava quell'atmosfera: tutto mi urlava di fuggire, dai divanetti con le coppiette incollate, alla luce strobo, mescolata con la puzza di chiuso e corpi umani accaldati.
La mia amica, invece, sembrava nel suo elemento, vestita da Biancaneve, e mi abbandonò presto in un angolo, in compagnia di un intruglio alcolico qualsiasi, per assicurarsi che almeno avessi un'aria naturale. Memore della massima di Georgia - "L'alcol è senza dubbio il miglior lubrificante per relazioni sociali", come ripeteva sempre -, tracannai metà del contenuto del bicchiere, gentilmente offerto dal barman alla vista della profonda scollatura sorridente di Georgia, poi piantai il cocktail al suo destino, come ero stata mollata io, e mi avvicinai al limitare della pista da ballo, per non vanificare gli sforzi di mio fratello per farmi avere un invito.
Dopo qualche minuto che ballavo da sola, mi ritrovai intorno tre o quattro sbarbatelle che si appropinquavano pericolosamente, pronte a strusciarmisi addosso senza alcun ritegno, convinte che fossi Tony Stark; vedendo che non accennavano a fermarsi, sgusciai fulmineamente in bagno, sfuggendo alla marea di Cenerentole, conigliette e chissà cos'altro, per cercare una soluzione; per quanto fosse piacevole essere un genio-miliardario-blah-blah-blah, le squinzie intorno a me rovinavano tutto, per cui optai sull'elemento più evidente: i capelli.
Poco dopo tornai nella sala affollata con i capelli sciolti che spuntavano di trenta centimetri buoni dal casco, e la torma che mi attendeva si dileguò prontamente. 
Ballai un altro po', da sola, finché non mi raggiunse un cowboy sconosciuto; ballava bene, e avrei voluto conoscerlo, ma improvvisamente spuntò dal nulla uno spazzacamino con il volto nero di fuliggine che lo spinse via con prepotenza e si mise a dimenarsi di fronte a me.
Qualche canzone più tardi, eravamo ai tavolini del bar, meno rumoroso e affollato, davanti a una fila di dodici shot, parlando e scherzando come amici di vecchia data: Bert - lo soprannominai così pensando a Mary Poppins - sapeva affascinare e si era rivelato, sebbene piuttosto presuntuoso, un'ottima compagnia; del suo volto si intravedevano appena la barba e i baffi, nerissimi, mentre i lineamenti rimanevano indefinibili a causa della fuliggine che li celava, con gli occhi azzurro ghiaccio che spiccavano,scrutando indagatori - e un po' brilli - intorno a sé.
Non mi ero mai sentita così viva, così spensierata, così libera!
La mia nuova conoscenza mi propose una sfida: l'ultimo a finire gli shot si sarebbe tolto la maschera. Risi e accettai - certa che, anche se avessi perso, il mio viso non lo avrebbe per nulla impressionato - e, al segnale del barman, la gara cominciò.
Prevedibilmente, persi, ritrovandomi ben presto ubriaca e a volto scoperto. Quando mi tolsi la maschera, sentendo l'aria soffocante sulla pelle sudata, Bert rimase a lungo a studiarmi, e fece per accarezzarmi la guancia, con lo sguardo vagamente allucinato, ma si fermò bruscamente a pochi centimetri dal mio viso e ordinò un altro giro.
Ormai i freni inibitori erano completamente andati, perciò mi unii anche a quella follia e ingollai, uno dopo l'altro, i dodici bicchierini.. Bert, forse più sbronzo di me, mi disse, allora, con voce incerta e sconnessa: "Vieni, ora tocca a me, ma io devo andare in bagno!" Ero restia ad alzarmi, ma lui mi pungolò con lo scopettone da spazzacamino finché non ebbi raggiunto la porta della toilette, attraversata la sala con passo malfermo. Entrammo, e Bert cacciò la faccia sotto uno dei rubinetti, fregandosi il volto con foga e spruzzando il lungo specchio che seguiva la parete.
Ero davvero ubriaca fradicia, ma, quando lo vidi senza la maschera di fuliggine, lo riconobbi subito: era Tony Stark.
Rimanemmo qualche secondo senza parlare, scambiandoci sguardi ebbri e carichi di significati, poi mi si avvicinò pericolosamente, bloccandomi contro il muro dietro i lavandini. Sapevo cosa sarebbe successo, ma allo stesso tempo non riuscivo a crederci: Tony Stark, ubriaco marcio, davanti a me con un'espressione inequivocabile nelle schegge di ghiacchio del suo sguardo che mi perforavano l'anima, stava per rendermi la persona più incredula del pianeta.
Attesi, vedendolo avvicinarsi ancora, dolcemente, fino a quando non sfiorò le mie labbra con le sue...》
Tony si interruppe con naturalezza e Laura, sopraffatta dall'imbarazzo, non riusciva nemmeno a trovare un'imprecazione abbastanza forte per sfogare la tensione; "So che non sei la Bella Addormentata nel bosco, né tantomeno io sono il Principe Azzurro - le soffiò all'orecchio, improvvisamente vicino - e che quello che sto per fare è una completa idiozia, ma... damn it!" Esclamò, e un istante dopo, Laura fu travolta da una sensazione sconvolgente che la strappò dal buio del suo limbo, facendole spalancare gli occhi di colpo: Tony la stava baciando.

Breaking illusionsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora