I gatti magici

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C'era una volta un castello d'avorio racchiuso in una sfera di cristallo. All'esterno case di ogni colore e sfumatura, strade, veicoli, persone ed inquinamento, sembravano incorniciare quel piccolo mondo antico. Il castello era di una bellezza singolare e tutti lo ammiravano. Le mura interne erano ricche di fregi ed oggetti preziosi, unici per il loro valore e la loro antichità.

Nel castello abitavano il giovane sovrano, la regina, e le due principesse, Aras ed Eclicia, ancora bambine, che il re amava più di se stesso. Gli impegni di palazzo erano molti, ma il re riusciva comunque a dedicare loro del tempo, per educarle alla lettura, all'amore per la natura e per le sue creature.

Spesso salivano tutti insieme in cima alla torre più alta e da lì, abbarbicati alle bianche merlature, osservavano il mondo esterno, protetti dalla sfera di cristallo. Amavano quei momenti, in cui osservavano il cielo, come la volta in cui Aras chiese: "Padre, cos'è che sfreccia in cielo con tanta rapidità?". "E' un falcone, un rapace che dimora nella torre di guardia. Adesso sta cacciando per la propria prole." rispose il re, contento dell'interesse che il mondo animale suscitava in lei. Eclicia amava soprattutto osservare la volta celeste nelle notti tiepide e una sera domandò: "Ma dove vanno a dormire di giorno le stelle?", suscitando risate in tutti.

La sfera fatata che avvolgeva il castello era un dono per la nascita del re, affinché il sovrano potesse trascorrere la propria infanzia e giovinezza in serenità, e costruirsi poi una famiglia, libero di ammirare la realtà ma protetto da essa e dai suoi pericoli. La vita, al riparo della sfera, procedeva tranquilla, grazie alla regina, impegnata ad accudire amorosamente la famiglia ed a rendere accogliente il proprio nido, posto al centro della sua vita.

Col passare degli anni, però, le giornate al castello divennero meno allegre e spensierate. Si assomigliavano tutte e l'osservazione del mondo attraverso la sfera risultava triste, perché muta. I suoni della vita e della natura non potevano attraversarla, generando così nella famiglia reale un crescente senso di disagio.

La città tutta intorno continuava a crescere al punto che, prima di incontrare un prato fiorito o un bosco era necessario camminare per ore attraverso strade rumorose e maleodoranti lungo le quali il re non amava addentrarsi con le figlie. Così la famiglia reale, chiusa nel magico maniero, giorno dopo giorno si intristiva nel suo dorato isolamento.

Un giorno il re chiamò moglie e figlie e disse: "Devo porre rimedio al nostro malessere. Partirò e troverò una soluzione". L'indomani intraprese un lungo viaggio ed incontrò saggi e filosofi, scienziati, sacerdoti e stregoni, senza venire a capo di nulla. Fra gli esperti non c'era accordo e le riunioni finivano spesso in rissa, con libri sacri e formule magiche sparse dappertutto. Una mattina si presentò al castello e disse, sconsolato "Miei cari, ritorno a mani vuote. I saggi non sanno risolvere il nostro problema. Il castello è stregato da un incantesimo troppo forte". Allora la regina disse: "Marito, lascia che sia io ad occuparmene. La mia sensibilità mi guiderà alla soluzione". Con la benedizione del re la regina uscì e si recò presso l'abitazione di una maga, che abitava poco lontano. Le disse: "Maga, il mal di vivere affligge la famiglia reale. Il castello ci è caro, ma è isolato dal mondo esterno. Puoi rompere l'incantesimo che ci impedisce di essere felici?". La maga le porse una cesta dicendo: "Prendi questi due gattini appena nati, loro ti aiuteranno". La regina ne fu intenerita, ma era incerta, e chiese: " Perché mi doni questi animali? Pensi forse che due cuccioli possano risolvere il problema che ci tormenta?". La maga rispose: "Illyb ed Ellior sono le due metà di un universo fatato. I loro amuleti sono il simbolo del loro magico potere. Porta i cuccioli con te, accudiscili e loro vi restituiranno la gioia di vivere che avete smarrito. Ora va', ma ricorda, sono nati da un'unica placenta. Fai che non si separino mai. Altrimenti sciagura cadrà su di voi". La regina lo promise e ripartì felice.

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