Parte 1

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Finalmente finisco di piegare l'ultimo maglioncino, lo ripongo su quello in lana azzurro e subito chiudo il cassetto in legno, creando uno stridore fastidioso, quasi molesto per le mie orecchie. Non oso immaginare quanto vecchio sia quest'armadio, la cui anta chiudo successivamente. Erano le ventitré e trenta passate e non avevo neanche molta fame. Da qualche mese mangiavo solo ciò che bastava per non finire in ospedale con delle flebo attaccate alle braccia. Fortunatamente non ho dormito neanche un po' questa notte, mi favoreggia il fuso orario di Los Angeles.
Mi sfilo la maglietta grigia a maniche corte che indossavo e la butto sulla scrivania, rimanendo completamente in intimo. Vorrei fare una doccia ma lascio che il disgusto del bagno comune sia un senso dell'Alissa di domani. Solo a pensarci mi viene la pelle d'oca.
Il clima di Los Angeles è decisamente più caldo di quello di Dampier, perciò decido di dormire mezza nuda, lasciando che siano solo le coperte a coprire il mio corpo. Le sfilo da sotto il cuscino e mi lascio cadere a peso morto sul letto, alzando così i tessuti incredibilmente profumati fin sopra le mie spalle. Mi volto su un fianco e prendo il cellulare poggiato sul comò, mettendolo sotto carica senza neanche leggere i messaggi di mio fratello James. Dio, troppo protettivo. Okay, mi piace il fatto che metta tutte le sue forze e la sua pazienza per prendersi cura di me, ha le sue ragioni per essere preoccupato dato che mi sono trasferita dall'altra parte del mondo e non rispondo alle sue chiamate o messaggi da quando sono arrivata al campus, ma a volte esagera troppo. Prima mi aveva minacciata di prendere il primo volo solo per farmi la predica. Risi e attaccai, mettendo il silenzioso.
Chissà come starà solo a Dampier, chissà se starà bene come dice lui, o magari peggiorerà tutto. Spero che quella bisbetica della sua ragazza provi a capire un minimo la situazione e non sia ossessiva come ogni santo giorno da quando ha scoperto di aspettare un bambino. Lui non mi sembrava così entusiasta, sicuramente ci sarà qualcosa che non va, anche se quando gliel'ho chiesto ha cercato di rassicurarmi dicendo che fosse felicissimo della notizia. Forse perché come me era stato accettato qui, e forse ci teneva anche più di me, ma ha annullato tutto all'ultimo.
Mi giro a pancia in su e fisso il soffitto illuminato solo dalle luci dei lampioni che attraversano il vetro della finestra e dopo un paio di minuti sento le palpebre calare e la stanchezza impadronirsi del mio corpo.

____

Sento un forte fragore provenire dal piccolo e stretto corridoio che porta all'uscita della stanza e istintivamente alzo di scatto il busto, forse anche un po' dispiaciuta per aver abbandonato il fantastico concerto dei Radiohead, apro gli occhi stropicciandoli e mi sporgo dal letto guardando in quella direzione.

Sento dei mugolii e dopo poco una voce con l'accento così fluido e frasi dette così rapidamente con un'intonazione forse un po' elevata al termine delle parole che sembrava di sentirmi quasi a casa. Ma ero in America, e questo vuol dire che lui non proveniva da qui, bensì dal mio paese. Fantastico direi?

"Oh, mondo cane." mondo cane?! Scherza, vero?

Indietreggio per poggiare la schiena sullo schienale gelido del letto, e solo allora riesco a vedere un ragazzo esageratamente alto, forse della mia età, i capelli biondo strawberry tirati all'insù, che accende la luce e avanza verso i due letti distanti di un paio di metri circa. Rimango immobilizzata non appena mi vede e si gratta la nuca quasi imbarazzato. "Non intendevo svegliarti, pensavo arrivassi domani." si giustifica, il tono forse arrogante e menefreghista. Seguo ogni suo movimento con lo sguardo cupo e ancora assonnato, che è l'unica risposta che riceve. Si siede sul letto togliendosi un paio di converse nere alte, consumate ai lati e la gomma che sarebbe dovuta essere bianca, totalmente sporca, quasi a tinta con la stoffa. Tesoro, spera solo che non ti puzzino i piedi o ritieniti già in un'altra stanza. "Comunque io sono Luke, Luke Hemmings" si presenta facendomi un cenno con il capo. Era pieno di sé, notevole dati gli indumenti sporchi e strappati, come se vivesse sotto un ponte diverso ogni notte. Io mi giro di spalle prendendo il telefono, l'intenzione era quella di ignorarlo dato che aveva interrotto l'assolo di chitarra elettrica di Thom Yorke. Premo il tasto home mentre sento un "tu saresti?" provenire dalla voce alle mie spalle. "Sono..." sgrano gli occhi non sapendo se essere più sconcertata dal fatto che fossero le 5:15 del mattino o dalle 94 chiamate di mio fratello, seguite da molteplici messaggi. "..Alissa" dico quasi sussurrando mentre leggo un messaggio di James.
Se domani non rispondi giuro che vengo a prenderti, signorina. Noioso, potrebbe fare di meglio. Mi alzo dimenticandomi completamente di essere in intimo, e non appena lo realizzo mi volto di scatto, accorgendomi che lo sguardo dello sconosciuto fosse completamente concentrato su di me. E stranamente sul viso.
Lo sento ridacchiare. "Non avevo ancora visto bene la tua faccia" si alza, sollevando le robe che ore prima avevo lanciato sulla scrivania, e si avvicina al mio letto, poggiandole cautamente sul materasso. "Vestiti." Il tono quasi dolce, lo fisso qualche secondo prima di prendere la T-shirt grigia e i leggings neri e infilarmeli velocemente. Spero che non si noti il mio lieve imbarazzo. Decido di andare a lavarmi perché ormai non mi sarei più riaddormentata, così prendo lo stretto necessario per fuggire via dalla stanza e andare alle docce. Che l'incubo abbia inizio. Poggio la mia felpa nera, seguita dai jeans chiari, il reggiseno e mutandine combinati (sono da sempre una perfezionista) su uno degli sgabelli situati all'esterno di varie porte bianche in legno, che sarebbero quelle delle docce. Erano 11 in tutto. Di fronte ad esse lo stesso numero di lavandini e specchi, appesi su una parete interamente ricoperta di mattonelle lucide arancione chiaro, quasi giallo. Non posso fare a meno di notare che su uno degli attaccapanni al lato di una porta chiusa a chiave ci sia appeso un asciugamano rosso acceso, si sente il rumore dell'acqua scorrere e una voce canticchiare qualche nota di una canzone che mi pareva quella di uno stupido musical per bambini. Mentre appendo il mio asciugamano perdo un attimo l'equilibrio e mi trovo a indietreggiare, urtando lo sgabello provocando così il rumore stridulo del metallo che striscia sul pavimento in pietra levigata. La ragazza chiude così l'acqua e la chiave gira, la porta si apre e vedo una ragazza dai capelli rosso fuoco, le labbra carnose e gli occhi neri come la pece. Il suo sguardo è confuso, un sopracciglio inarcato. "Cosa ci fai qui a quest'ora?" alza quasi la sua voce così acuta e fastidiosa. "La doccia, come puoi ben vedere." mi guardo intorno alzando la mano per indicare le svariate docce intorno. "Questo è il luogo dove ogni ragazza di quest'ala del dormitorio si fa la doccia." sputo in un tono di disprezzo, prima di dare le spalle alla ragazza che subito ha sbattuto la porta urlando un "Che maleducata!". Io rido fiera come sempre, mentre tolgo i leggings e la maglietta, apro la porta e giro la manopola del rubinetto sul piccolo punto blu che indica la temperatura fredda dell'acqua. Così sfilo velocemente l'intimo ed entro.

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Mi siedo sul davanzale della finestra alla sinistra del mio letto e mi perdo nell'incanto della città multicolore, quasi dimenticando che quel gigante dietro di me stesse ronfando così rumorosamente, come se stesse guidando un trattore. Non avevo notato prima il panorama. File di palazzi precedono migliaia di luci che corrono per le strade perennemente affollate di LA, mentre in primo piano i salici si muovono in una dolce e triste danza accompagnata dalla melodia del vento. Poggio la testa sul vetro, appannandolo leggermente col respiro, mentre ci scarabocchio cerchi, stelle, cuori, pensando a quanto grata fossi all'antipatica vecchia addetta all'assegnamento stanze, quella che al cellulare mi rispose in un modo così malaccetto che quasi ci rimasi male, per avermi messa nell'ala che si affaccia sula città e non sul campus.

"Io disegno meglio" sento la voce roca e profonda dietro al mio orecchio che mi fa intuire che ho tardato fantasticando, per poi vedere l'imponente figura del ragazzo a petto nudo sedersi accanto a me e fissarmi. Ha un piercing nero al lato del labbro che prima non avevo visto e neanche le mille sfumature di azzurro, dal più chiaro al più scuro, che coloravano le sue iridi. "Forse prima siamo partiti con il piede sbagliato". Aggrotto le sopracciglia e quasi mi viene da ridere per la sua sicurezza "L'importante è che tu non ti ritiri ogni mattina alle 5, sennò avremmo un bel problema io e te." Non credo che la mia risposta l'abbia dispiaciuto, mi ha divertita il modo in cui le sue labbra così sexy si siano inarcate in un sorriso che ha dato spazio a due fossette che regalavano al suo viso una dolcezza incomparabile.

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⏰ Last updated: Jan 05, 2019 ⏰

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