#1° CHAPTER_

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 Era un giorno come tutti gli altri, ero a scuola e stavo studiando inglese, quasi a farlo apposta.

Ad un certo punto bussano alla porta, ed entra una signora bassa e piuttosto svogliata con un fogliettino in mano, presumo con il mio cognome e la classe dato che esitò un attimo leggendo prima di tentare a dire il mio cognome, che stando all'anagrafe, dovrebbe essere ''Demopoulos''.

-D...demo-demopoo..- mormorò prima di alzare la voce distruggendo nuovamente le mie orecchie:

-Demopopolos? Demopopolos è in quest'aula?- borbottò con un fare da ''ma cosa vado facendo della mia vita?''.

-Mmh, sì, ma di solito mi chiamano Demopoulos, signora.- dissi in modo troppo da stronzo, ma oramai lei era un caso più che perso.

-Vabbè quello che è, devi andare dal preside per una convocazione straordinaria.- e sottolineò con la voce e agitando il dito in aria come se questa volta l'avessi combinata grossa, molto grossa.

Ripensavo a cosa potevo aver fatto di così male, ma niente, il panico si era già preso il sopravvento di me. Mi alzai un po' troppo di forza, e spostai leggermente il banco in avanti, ma credo di essermene accorto soltanto io, perché guardavo ogni cosa che facevo, per non peggiorare la situazione, pensavo.

Mi diressi scortato dall'essere distruggi-cognomi verso l'ufficio del preside, e se devo essere sincero, non ero proprio contento da come il professore mi aveva detto che sarei dovuto essere.

Ehm si, sul momento non mi davo una spiegazione del suo commento e del suo sorriso a 32 denti, ma comunque avevo altro a cui pensare.

Dopo 5 interminabili minuti arrivai davanti ad una porta con una medaglietta con su scritto "DIRIGENTE SCOLASTICO B. PIRAS NAXTHOS FEMIA"; cercavo in tutti i modi di non pensare negativo, che ci sarà stato un motivo del commento del prof., tutto inutile, stavo già entrando.

-Buongiorno mio caro, prego accomodati che dobbiamo fare due chiacchiere!- esclamò con molta enfasi.

-Eh no eh, così non mi aiuti neanche un po', lo sai vero?- pensai.

Intanto che stava firmando delle carte impilate sulla sua cattedra, davo un'occhiata intorno al suo ufficio, che devo dire era messo molto bene. Aveva un quadro abbastanza grande con l'Italia e i Balcani, presumo anche lui avesse origini greche. Notai anche un vago odore di vaniglia, il che in qualche modo mi calmò per cominciare a connettermi.

-Bene, giovanotto, sai perché sei venuto qui oggi?- disse con un filo di voce.

-Mmm in realtà no signore, però da come la bidella me l'ha detto non è certo niente di buono.- mormorai quasi rassegnato.

-Ma no ahaha, oggi credo si sia alzata con il piede sbagliato!- disse ancora più silenziosamente, perché sapeva che c'era la lei che stava dall'altra parte, e ovviamente non voleva farsi sentire.

-Mi scusi allora, ma come mai sono venuto da lei se non ho combinato niente di male?- chiesi perplesso.

-Beh, non è così difficile dai, ci puoi arrivare. Mmm...vediamo, oggi che giorno?- replicò come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

-Oggi non è forse il--?...- e mi bloccai. Improvvisamente ci ero arrivato, e mi si stampò un sorriso che fece sghignazzare il preside. Quel giorno, era il 4 di gennaio, e nella mia scuola dal 1° fino al 6° c'erano le riunioni per decidere a chi dare la borsa di studio all'estero.

Oh. Mio. Dio. Hanno scelto me!

-Hai capito? Non sei contento?- mi domandò.

Non riuscivo a parlare per l'emozione, annuì vigorosamente. Immaginai dove potevano aver deciso di mandarmi: Londra, Berlino, forse in Grecia, come per farmi una cortesia in un certo senso.

-...ti mandiamo a Los Angeles!- finì dopo un po' di pausa per rendere il tutto un po' più scenico.

-Andrai in un college molto prestigioso, dove ti concentrerai nello studio delle lingue straniere e ovviamente, dell'inglese, tutto questo aiutato dai vari docenti e da un tutor che segue gli studi in quell'istituto. Potrai partire già il 10, perché molti dei documenti da sbrigare sono stati compilati.- sventolando le carte che stava firmando quando sono entrato.

-Davvero...grazie, grazie mille!- esclamai con una voce quasi commossa.

-Ma non c'è di che, dopo tutto sei uno dei miei studenti migliori, te lo sei più che meritato.-

Il colloquio finì con una stretta di mano piuttosto formale ed una firma per la mia adesione. Ancora non avevo realizzato di cosa stava succedendo, ero palesemente molto sorpreso, non avrei mai immaginato che avessero potuto pensare di mandare me a studiare all'estero, perché anche se sono tutto sommato me la cavo a scuola, ma sono abbastanza sicuro che ci sia qualcuno più bravo di me.

Tornai spedito in classe, non avevo ben idea di quanto il preside mi avesse trattenuto, feci per guardare il telefono ed erano le 13.55, cioè il colloquio è durato un po' più di un'ora e mezza.

Ah si. Io dovevo andare a casa alle 13. Cazzo.

Entrai in classe, e trovai soltanto la mia cartella già preparata con un cartellino, ma la calligrafia era impossibile da decifrare, così non ci feci molto caso e andai verso l'uscita. Dovevo andare a casa a piedi, perché avevo perso ogni autobus esistente nella provincia di Viterbo & Dintorni.

Dopo le due ore di camminata più brutte della mia vita, rincasai. Mia madre già sapeva tutto riguardo al viaggio, perché ovviamente il preside e la mia famiglia si sono sentiti giorni prima.

-Tesooooro! Allora, sei contento? Sono stati proprio contenti a dare a te la borsa di studio; Persino quella di matematica ci ha messo una buona parola.

E' risaputo che fin dall'antichità, io ero destinato ad avere il 4.666 in matematica, forse segno del diavolo ma comunque in qualunque modo era anche risaputo l'odio del mio carissimo prof. verso la mia persona, stella lui.

Salì le scale a due a due, gettando la cartella appena entrato in camera e chiusi la porta per poter chiamare i miei amici per dare la notizia.

Chiamai quasi tutti, perché da buon meridionale la maggior parte delle notizie si passano al telefono.

Non mi resi conto del tempo che passai a fare telefonate su telefonate, camminando un migliaio di volte avanti e indietro per la mia stanza, fino a quando mia madre entrò in camera dicendomi che Andrea era venuto a trovarmi per congratularsi, e anche se poteva salire.

Annuì e buttai giù, cercando in qualche modo di non implodere per la felicità. Così andai incontro ad Andrea.

Si fermò a mangiare a casa mia e passammo la serata insieme, li voglio un sacco di bene, è il mio migliore amico dalle elementari, eravamo culo e camicia.

La mattina successiva andai a scuola, come sempre; ma questa volta tutti mi guardavano con un po' di invidia, perché ovviamente la voce del mio viaggio-studio, ma infondo erano anche contenti che non abbiano scelto Laura, una ragazza due anni più grande di me, e se la tira come se fosse uno sport olimpico, ugh che odio.

Non accadde nulla di sconvolgente nei giorni successivi, anche perché poi non mi ricordo molto bene tutto visto che avevo qualcos'altro su cui fantasticare.

Arrivò la sera del 9 aprile, stavo preparando le ultime cose per il giorno dopo, sarei dovuto andare a Fiumicino per le 4.50, visto che avevo il volo alle 6.30; mi fermai un attimo e mi buttai sul letto che era già pronto per la notte.

Ancora non potevo crederci! Stavo per affrontare l'esperienza più bella della mia vita, e non avevo la più minima intenzione di fare un passo indietro, me la cavo in certe situazioni e che sono più indipendente di come i miei genitori mi descrivono.

Ora ho modo di far vedere cosa sono in grado di fare.

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