3. Puzzi di fumo e Vodka.

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«Sei assunto!», fisso Brandon che non riesce a trettenere un ghigno malefico e cerco di mantenere un'espressione seria e poco scomposta.
Mi ha minacciata!
Come diavolo si permette?

Il moro si passa una mano tra i capelli, «Bene», sussurra, continuando a sfidarmi con lo sguardo.
«Non vuole prima parlare con lui?», la segretaria sembra essere sempre più sconvolta dal mio operato e annuisco in fretta, indicando la sedia davanti a me, «Certo, ovviamente!», mi sfugge una risatina nervosa, «Accomodati, Brandon», e il suo nome esce fuori quasi come un ringhio.

Meredith mi schiocca un'occhiataccia sospettosa e poi si congeda, lasciandomi da sola con il barista.
Cammina lentamente verso di me e prende posto, poggiando sulla scrivania che ci separa una valigetta color cuoio.
I suoi occhi verdi sembrano cambiare colore grazie alla luce che trapela dalla finestra che li fa apparire ancora più chiari e luminosi.

Lo osservo incantata mentre apre quella valigetta e tira fuori dei fogli, porgendomeli con ancora quel ghigno malefico stampato sulla faccia.
Sarah, fatti valere.
È solo un bel faccino.
Non ti incantare.

«Questo è il mio curriculum», spiega, sicuro di sè in modo straordinario, «Mi sono laureato in lettere con il massimo dei voti e con manzione alla carriera accademica»
«Che secchione», mi lascio sfuggire e lui schiude le labbra, mostrandomi il suo stupore nel sentire la mia affermazione.
Decide di non ribattere e si ricompone in fretta, continuando il suo discorso, «Ho scritto qualche articolo per diversi giornali e-»
«Smetti di vantarti?», mi dà ai nervi.
«Non mi sto vantando», ribatte immediatamente senza scomporsi, «È tutto scritto su quei fogli e tu, in quanto direttrice di questo posto, dovresti essere più che interessata».

Colpita e affondata.
Sfoglio distrattamente tutti quei fogli e sospiro, togliendomi finalmente gli occhiali da sole.
Brandon arriccia le labbra e mi scruta attentamente.
Non ci vuole un genio per capire che si sta trattenendo dallo scoppiare a ridere, «Io li rimetterei», dice infatti.
Fanculo.

«Mi hai minacciata e ti prendi anche la libertà di sfottere?».
Alza le mani in segno di resa e sorride, facendo vacillare per qualche istante la mia sanità mentale.
Di bello è bello, non c'è niente da dire.
«Era solo un consiglio», poi torna a frugare dentro quella sua valigia e spalanco la bocca quando mi spruzza addosso un po' di profumo maschile.
«Puzzi di fumo e vodka», spiega, non riuscendo più a trattenere una risatina.

Inspiro l'odore mascolino e forte che arriva alle mie narici e strozzo un urlo isterico, «Sparisci», riesco a dire solo questo e questa volta lui smette di ridere.
Le sue labbra rosse e carnose si serrano di colpo e la sua mascella squadrata si contrae, «Mi hai assunto due minuti fa»
«Adesso ti licenzio».

Poggia i gomiti sulla scrivania in noce e si sporge verso di me, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio, «Io so che non hai una laurea», sibila, «So che non sai nemmeno dove mettere le mani. La maggior parte della gente che lavora qui dentro potrebbe spedirti dritta a casa senza problemi e prendere il tuo posto. C'è gente che studia da anni per lavorare qui mentre tu sei seduta dietro questa scrivania solo grazie al tuo nonnino che ha deciso di morire e lasciare il lavoro di una vita tra le mani di un'incapace».

Le sue parole mi colpiscono in pieno volto come uno schiaffo, ma non sono in grado di ribattere perché è la pura verità.
Dannazione.
Vedendo la mia espressione scioccata, sorride compiaciuto e si lascia andare sullo schienale della sedia, permettendomi di tornare a respirare.

«Ma-ma tu come...»
«Sei stata tu a raccontarmi tutto», scrolla le spalle, «Pensavo stessi delirando, ma a quanto pare sei
davvero la Paris Hilton dei poveri».
Porca miseria!
Perché non riesco a tenere a freno la lingua?
«Hai davvero ereditato dieci milioni di dollari», dice piano, parlando più con se stesso che con me, «Non posso crederci»
«Non avevi altro da fare al posto di ascoltare i deliri di una povera ragazza ubriaca?».
Si morde il labbro e inchioda i suoi occhi verdi nei miei, «No».
Va al diavolo.

Mi schiaffeggio la fronte e poi massaggio le mie tempie.
La mia emicrania sta peggiorando ed è tutta colpa di questo ragazzo e del suo stupido Margarita.
Il barista si schiarisce la voce e torna a parlare, «Sono preparato, signorina Torres», e il mio cognome pronunciato dalla sua voce calda e sensuale sembra essere più sporco che mai.
Perché mi provoca questi pensieri indecenti?
Smettila, Sarah.
Smettila ora.

«Non ti pentirai di avermi qui dentro. So come portare avanti una campagna pubblicitaria, so come scrivere degli articoli che attirino il lettore e so che hai bisogno di me più che mai. Posso aiutarti, Sarah, so che sei nel panico e impreparata e visto che conosco il tuo segreto posso aiutarti meglio di chiunque altro», allunga il suo braccio verso di me e poggia la sua mano grande e calda sulla mia.

Il suo tocco mi fa rabbrividire e deglutisco vergognosamente, «Sei un barista, non cercare di prendermi in giro. Sei impreparato quasi quanto me»
«Ti sbagli», indica i suoi documenti e si alza, «Leggi tutto ciò che c'è scritto. Davvero, merito questo posto», quindi prende la sua valigetta e sistema il colletto della sua camicia, «E non
dimenticare che ti ho salvata da un branco di ubriachi portandoti a casa mia senza approfittare di te mentre eri incoscente. Sono un ragazzo ammirevole»
«Ma vuoi smettere di vantarti?», e lui scoppia a ridere mentre si avvicina alla porta.

«Aspetterò qui fuori il tuo verdetto. Parla con gli altri candidati e valuta da sola. Ci vediamo dopo, signorina Torres», quindi strizza l'occhio ed esce dalla stanza con la sua stupida espressione vittoriosa.
Lo odio.

A fine mattinata sono consapevole solamente di due cose: punto primo, odio fare dei colloqui e non capire un cavolo di ciò che mi viene detto. Punto secondo, quel Brandon aveva ragione: è il migliore.
Tutti gli altri candidati non avevano nemmeno un briciolo della sua sicurezza e da quello che ho
letto anche le loro esperienze non sono paragonabili a quelle del fastidioso barista.
Per non parlare della velata minaccia di farmi perdere il posto raccontando tutta la verità...

Indosso i miei occhiali da sole e afferro la mia borsetta, pronta per andare a mettere qualcosa sotto i
denti per la pausa pranzo.
Esco dal mio studio con lo sguardo basso e sobbalzo quando vado a sbattere contro il petto duro di
un uomo.
Non impiego molto tempo per capire di chi si tratta.

Brandon afferra le mie braccia per evitarmi una caduta e soffia via dai miei occhi una ciocca di capelli biondi, «Allora? Hai deciso?»
«Ma sei ancora qui!?»
«Ti avevo detto che avrei aspettato fuori».
Sospiro e tolgo i miei occhiali per guardarlo dritto dentro a quegli smeraldi che si ritrova al posto
degli occhi, «Va bene», sibilo, «Inizi domani».

Mi concede ancora una volta un sorriso vittorioso e schiocca la lingua sotto il palato, «Non avevo dubbi. Ci divertiremo, signorina Torres»
«Certo, come no».
Avanzo di un passo e sussulto ancora una volta non appena afferra il mio polso e mi fa girare verso di lui. Si abbassa all'altezza del mio orecchio e rabbrividisco quando le sue labbra sfiorano il mio lobo, «Il tuo segreto è al sicuro con me».
E il pavimento trema sotto i miei piedi.
Nonno Victor, dammi la forza.

Buongiorno e grazie per aver letto.
Spero vi sia piaciuto ❤️
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e dei personaggi se vi va.
Un bacio 🍸

MALEDETTO MARGARITA. Où les histoires vivent. Découvrez maintenant