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L'aereo

«Pochi minuti e arriveranno 200 boriosi turisti. Fatevi belle e mostratemi un sorriso a trentadue denti! Molto bene, e ora ai vostri posti.»

E subito scattarono. Quindici graziose signorine con i loro delicati décolleté rosso scuro e il tailleur beige, con il foulard bianco, attaccato per un'estremità dal cappellino rosso e il trucco perfetto. Si prepararono ad accogliere i passeggeri, si sistemarono, si ritoccarono, alla ricerca... chissà, magari di un'avventura a bordo del British Airways (Airbus 380-800, per la precisione, il più grande, il più efficiente di tutti, il migliore). Poteva succedere di tutto su quell'aereo, e Anita non aspettava altro.  Voleva vivere avventure e quando fece richiesta di diventare hostess lì, aveva avuto il terrore di non essere presa. E invece l'avevano chiamata per un colloquio, volevano essere certi che sarebbe stata adatta a prendere posto nell'equipaggio di uno degli aerei più grandi del mondo. Quando l'accettarono non potè essere più felice. Avrebbe viaggiato e vissuto avventure, avrebbe baciato i passeggeri più carini e forse, chissà, loro si sarebbero innamorati di quegli occhi verdi e quei capelli rossi e ricci, tenuti ben saldi dietro la nuca da uno chignon rigido. 

Ovviamente non si aspettava nulla di tutto ciò che le sarebbe stato sottoposto durante il suo primo viaggio.

Anita si occupava di servire la prima classe, sia al bar che ogni volta che loro l'avrebbero chiamata. Era davvero eccitata e anche terrorizzata, non riusciva quasi a controllarsi. Si morse l'interno delle guance e prese due grandi respiri, poi iniziò a vedere i signori e le signore della prima classe arrivare accompagnati dai pulmini. Non appena i passeggeri scesero, con immensa calma iniziarono a raggiungere le scalette, chi con le borsette e chi con gli zainetti, tutto, ovviamente sarebbe costato più della stessa macchina di Anita che li guardò come se fossero degli dei. La compagna di fianco a lei, invece guardò i passeggeri terrorizzata. Eppure prima sembrava così sicura di sé e sorridente...

«Ommiodio... non ci posso credere» il suo sguardo si posò verso la ragazza. «Quella lì... quella strega... accidenti, buona fortuna!» Anita, presa dal panico la guardò senza capire. Stava già per chiederle qualcosa, ma i passeggeri iniziarono ad arrivare e lei si limitò a sorridere, osservare il biglietto e indicare la via da prendere. Tutto stava andando liscio e già era arrivato qualche passeggero interessante... tipo... un biondino... le aveva sorriso. L'ultimo passeggero di prima classe era una donna alquanto anziana, un bel po' in carne, tutta ingioiellata. Quando arrivò, quasi tutte le hostess sgranarono gli occhi. La povera novellina era rimasta immobile, impaurita.

«Cos'è, ti sei imbambolata, bamboccia?» chiese la donna. Davvero scorbutica, la guardò male e le porse il biglietto. «Primo volo, eh? Già, già, riconosco quegli occhi! E le tue compagne sono dietro di me, a torturarsi le mani nervosamente» era vero. «Beh, ti do un paio di consigli, io me ne intendo... non fare cose strane con Nicholas Forbey, il biondino che avevi adocchiato prima, non lo conosco bene, ma non credo sia bravo a fare ciò che vorresti fare con lui... mani troppo massicce e lui è troppo basso e ha una pistola all'interno della giacca» Anita sgranò gli occhi e provò ad allontanarsi. Ora era spaventata a morte. «Suvvia, tesoro! Non ti traumatizzare, cerca piuttosto di non andare a spifferare tutto alle tue colleghe! Quel poveretto è inseguito dalla sua ragazza pazza!» la novellina la guardò stranita. «Sì, una modella canadese... Anni Muise... ha tatuato sul collo il suo nome, deve essere davvero un'idiota per pensare che quella ragazzina possa tentare di ucciderlo» aggiunse con noncuranza. «Comunque, ti consiglio di stare lontana da lui e da quell'altro tipo dai riccioli neri, lui oggi è sicuramente di pessimo umore... e pensare che ce l'avrò ancora di fianco! Comunque, tesoro, non avvicinarti a lui se non te lo chiede, perché la sua impresa non sta andando completamente per il meglio e... sai com'è ovviamente non la sta prendendo bene! Potrebbe spedirti da dove sei venuta in un attimo» si bloccò per qualche secondo, essendosi distratta dal vociare del resto dei passeggeri che si stavano dirigendo verso di loro con altri pulmini. «Ah, e ti consiglio di muoverti, perché sto perdendo la pazienza» le porse nuovamente il biglietto, ma con più insistenza e quella volta Anita non se lo fece ripetere due volte. Con mani tremanti controllò velocemente il biglietto sul quale c'era scritto... Rose Hemingway, posto G3. Restituì il biglietto e continuò ad accogliere i passeggeri, ma più terrorizzata di prima.

Rose, invece, si sentiva solo inquieta. Da quando Sarah era morta in quel modo così crudele lei... non riusciva più nemmeno a pronunciare il suo nome. Così, in fretta e furia aveva preparato lo stretto necessario, era andata a comprare le medicine per il viaggio, aveva affidato alla servitù il compito di sistemare il resto dei bagagli per il trasferimento e aveva preso il primo volo per Phoenix. Se l'era cavata bene, ma continuava a sentire quell'odiosa sensazione che sembrava non volersi staccarle di dosso. Era piuttosto fastidioso. Si guardò intorno, schedò ogni singolo individuo in quell'ala dell'aereo, ma nessuno era chi cercava. Anche se nemmeno lei sapeva bene chi cercare. Solo un'assassino. Uno spietato assassino che aveva fatto dello spettacolo di una celebre ballerina, la sua morte. Doveva andarsene. Scappare.

Si sedette al suo posto e cercò di godersi la partenza, leggendo i dolci libri d'amore di Jane Austen, che le infusero tranquillità.

Intanto, Anita la osservava da lontano, non sapendo che la vecchia passeggera era a conoscenza di tanta curiosità nei suoi confronti. La osservava, la studiava nei minimi dettagli, ma... non era tanto brava in questo genere di cose. Guardare Sherlock non aiutava nemmeno! Dopo parecchi minuti, si maledisse e tornò a servire i suoi drink, con un bel sorriso stampato in faccia, volendo dimenticarsi completamente di quella strana donna, vestita completamente di nero.

In lutto. Un profondo lutto.

Il viaggio proseguì bene, alla fine. Mancavano ancora due ore prima di arrivare finalmente, a Phoenix. Anita aveva passato quattro ore completamente a servizio dei passeggeri, per poi dare il cambio alla sua compagna per altre quattro ore, ma adesso doveva tornare al lavoro per le restante tre, assieme alla sua compagna con la quale avrebbero fatto ulteriori scambi. Ma per ora toccava a lei.

Per i primi venti minuti non arrivò nessuno e nessuno chiamò. Stava quasi per addormentarsi, quando improvvisamente, suonò un campanellino. G3. La signora Hemingway! Si alzò in piedi e si sistemò il vestito per poi correre da quella strana donna. La trovò intenta a leggere Emma, di Jane Austen.

«Ha bisogno di qualcosa?» chiese gentilmente. Sperò con tutto il cuore che non si ricordasse di lei anche se erano passate solo otto ore.

«Oh, cara, sei tu!» ed ecco che le sue speranze svanirono subito. «Puoi portarmi un bicchiere d'acqua per cortesia? Devo prendere le mie medicine» le sorrise gentilmente e tirò fuori delle aspirine. Anita non fece domande, era troppo stanca per chiedere come aveva fato a far passare dei farmaci e comunque quella donna le ispirava fiducia. Andò a prenderle dell'acqua a temperatura ambiente, come successivamente aveva precisato. Era davvero stanca, perciò prese due bicchieri, anche a lei avrebbe fatto comodo una delle aspirine (che si trovavano appositamente nello scompartimento adibito alle hostess, poco lontano dalla sua postazione.

«Ecco a lei, consegnò il bicchiere a Rose, che prese la pillola e in un secondo bevve. «Ha bisogno di qualcos'altro?» chiese, sempre gentile la novellina.

«No, grazie, puoi andare.» disse distrattamente la signora. Beh, alla fine non era tanto terribile come se l'era immaginata! Le sue compagne erano davvero esagerate.

Come aveva precedentemente detto, andò a prendere la sua aspirina (appena dopo aver svegliato la sua collega che si stava facendo un piccolo sonnellino) e non appena l'ebbe presa tornò pimpante alla sua postazione. Il suo primo volo stava andando alla grande!

Pochi minuti dopo suonò un altro campanellino. G2. Matthew Schneffer, il ricciolino corvino che la donna le aveva consigliato di evitare. Andò da lui in men che non si dica. Sembrava turbato.

«Mi scusi, la signora di fianco a me... credo che stia poco bene. Ha fatto cadere bicchiere e libro in un colpo solo.» disse sconcertato. Guardava male sia Anita che Rose, come se entrambe fossero inferiori di lui. Ma all'hostess non fregò molto di quell'atteggiamento idiota. Era preoccupata per la signora Hemingway.

Corse verso di lei e la chiamò più volte, sicura che si sarebbe svegliata, ma niente. Le controllò il battito cardiaco, dal polso, ma niente. Chiamò la sua amica, in cerca di un disperato aiuto. Tastò il collo, ma niente.

La signora Rose Hemingway era morta.

















La Trappola Del DiavoloDonde viven las historias. Descúbrelo ahora