VENTIDUE

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UNA MELODIA INFONDO AL BOSCO

<< Oh, andiamo Will! >>, urla il diminutivo del mio cognome, quando, per l'ennesima volta, mi spinge a terra

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<< Oh, andiamo Will! >>, urla il diminutivo del mio cognome, quando, per l'ennesima volta, mi spinge a terra. Lo guardo dal basso, stringendo un mucchietto di terra umida tra le mani. << Sforzati di più. Anche la mia defunta madre saprebbe fare meglio >>, si lascia sfuggire incrociando le braccia al petto. Alzo gli occhi al cielo, posando la testa al suolo. Alec inarca un sopracciglio, come ad incoragggiamento ad alzarmi. Ma ranto so che é inutile. Io mi rialzo e lui mi ributta giù. Ho la schiena che mi fa male per le tante volte che sono caduta a terra. Nonostante ciò, però, punto i piedi nel terriccio e faccio leva con le gambe. Mi rimetto in piedi e faccio schioccare il collo. Sciocchi sonori riecheggiano per tutto il bosco, rimbalzando sulle corteccia ruvide degli alberi. Distendo le braccia, stiracchiandomi sotto lo sguardo divertito della fata.

Sono passate due settimane dal ritrovamento del corpo di Dolores. Due settimane angoscianti e silenziose. Nessuno che ha dato di matto, niente urla e niente schiamazzi. Anche tra me e Veronica, sembrava, che ci fosse un apparente tregua. I professori poi, improvvisamente, sono diventati un po' più umani del solito. Scossi è tristi come al solito, ma almeno, in queste settimane non sembravano degli alieni disorientati... e poi c'era Derrick. Derrick, che a differenza di tutti, non mi ha dato pace. Ovunque andavo me lo ritrovavo dietro. Parlava in continuazione e in maniera molto veloce, a volte anche in gaellico, di qualsiasi cosa. Argomenti che a malapena capivo. Qualcosa, dentro di me, mi diceva che stava evitato il discorso sulla fata che ha ucciso la mia famiglia. Se tentavo solo di sfiorare l'argomento, lui se andava con una scusa stupida per poi ricomparire due minuti dopo. Eh sì, mi ha dato i tormenti anche riguardo al mio allenamento con Alec.
Quel piccoletto é una piccola riserva di imprecazion!
Anche durante queste settimane Mister Arroganza non mi ha dato tregua con i suoi continui appellativi stupidi e i continui mettermi a tappeto, come se fossi un sacco di patate, non faceva altro che irritarmi e farmi pentire della mia scelta.
Alla fine, mi ha fatto diventare davvero  un sacco di patate. La pelle è rigonfia e bitorzoluta in alcune parti, a causa di tutte queste cadute. Non ho più la forza nemmeno per alzare un pugno e premerlo con violenza contro la sua pelle perfetta. Se solo ci riuscissi, potrei prenderlo a sberle finché non compare almeno un livido violaceo che gli tolga quel brutto sorriso dalle labbra.

<< Non ti conviene paragonarmi a tua madre >>, borbotto facendo schioccare la schiena. Mi pulisco la maglietta piena di terra. Nonostante le mezze maniche, il vento di metà ottobre non mi fa rabbrividire. Sarà l'aumento di adrenalina e il movimento, ma costituisce comuqnue un evento per una freddolosa come me. Mi arrotolo, leggermente, le maniche troppo lunghe della maglietta. Alec segue i miei movimenti, con uno sguardo indagatore.
<< Okay >>, sussurro sistemando la manica sinistra della maglia. Piego le braccia, i pugni stretti, e mi preparo a colpire. << Sono pronta >>.
La fata, però, non sembra avere la mia stessa idea. Alec si avvicina, la fronte aggrottata.
<< Come te la sei fatta? >>, mi chiede sfiorandomi la pelle con la punta delle dita. Osserva la lunga cicatrice che decora gran parte del braccio destro. I suoi occhi corrono su quel segno traslucido, osservandone il lineamento frastagliato. Guardo il guizzo che fa il muscolo della mascella quando la contrae, come se provasse rabbia. Inclino la testa, osservando il suo viso; la sua espressione concentrata. Non abbasso lo sguardo sul braccio. Non ho bisogno di vedere quel brutto ed indelebile segno. Poso la mano sulla spalla, deviando il tocco di Alec, e sfioro i contorni frastagliati della cicatrice. Lascio scivolare la mano seguendo la sua lunghezza mentre, l'immagine di una lama affilata e di una ragazza dai capelli biondi mi riempie il campo visivo, come lo spezzone di un film. Abbasso la manica, coprendo quel che resta di una sera indimenticabile. Con un profondo sospiro, ribatto: << Non importa >>.
Lui sembra capire che io non voglia affrontare l'argomento, perché annuisce e si rimette dritto. Mi metto in posizione, mettendo un po' di distanza tra di noi. Cerco di mandare via i pensieri, di concentrarmi sul presente. Alzo i pugni davanti al viso e piego le ginocchia. Alec fa un lieve sorriso e inclina la testa, studiandomi. Non gli lascio il tempo di prepararsi che, lo attacco. Gli assesto una gomitata alla gola e poi una ginocchiata allo stomaco. Cerca di bloccarmi il braccio quando, il mio pugno si scaraventa contro il suo mento. Lui sputa sul terriccio umido. Prima che possa contrattaccare, gli torco il braccio destro dietro la schiena e passo il braccio sinistro sotto il suo collo. Alec, preso alla sprovvista, manda indietro la testa cercando di colpirmi,ma sposto la testa posandola sulla sua spalla. Inalo il suo profumo di caffè misto a qualcosa di acre, mentre il suo sapore mi scivola in gola. << Allora >>, sussurro poco distante dal suo orecchio. Con un breve scatto della testa, tolgo un paio di ciocche che mi coprono il viso. << Sono molto più agile di tua madre? >>, gli chiedo voltandomi verso dil suo viso. Lui increspa le labbra in un sorriso. Sento i polpacci bruciare per lo sforzo di stare sulle punte.
"Maledizione lui e la sua altezza!", penso mentre stringo la presa sulla sua gola. Lui porta una mano sul mio braccio e divincola l'altro, cercando di sbarazzarsi di me. Più lui muove il braccio destro, più glielo tiro dietro la schiena. Sento lo schiocco dell'osso, così sonoro da farmi preoccupare. Ma, non ho nemmeno il tempo di chiedergli se é tutto okay che, guardo la terra girare davanti ai miei occhi. Cado di schiena, come una bambola di pezza. Chiudo gli occhi per il dolore immediato e mi mordo la lingua per non imprecare.

THE FALCONER Where stories live. Discover now