CAPITOLO 2

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Dopo aver preso un caffè ed essermi fatto una doccia ghiacchiata, indosso i miei vestiti casual, un pantalone della tuta grigio e una maglietta a mezze maniche bianca. È fine settembre, a  Boston il tempo è abbastanza fresco, non come la California, bella, calda e soleggiata. Mi manca la mia vecchia vita, mi manca il vecchio me. Mi specchio un ultima volta prima di uscire di casa, due occhi azzurri mi fissano ma non sono felici come un tempo, sono vuoti. Non provo niente, non riesco più a provare emozioni. Mi passo le mani sui capelli biondo cenere, scostando leggermente il ciuffo dalla fronte, afferro la manciata di libri per le due lezioni della mattinata ed esco sospirando pesantemente.
La prima lezione di Filosofia passa con un ritmo lento, il tema principale? La difficoltà nel ricordare nasce dal bisogno di dimenticare.
Io ho un unico e grande problema, a distanza di tre anni non ho difficoltà a ricordare, anche se vorrei disperatamente cancellare tutta la sofferenza che mi procurano i ricordi. Non voglio dimenticare la parte più bella della mia vita, semplicemente non voglio più tutto questo dolore. Il professore ha iniziato la lezione e parlando del grande Freud ha detto che per lui esistevano due strade:" Il ricordo, ovvero l’assenza di traumi accumulati nell’inconscio e la dimenticanza, ovvero la rimozione di ricordi dolorosi, per tutelarsi dall’ansia e dalla sofferenza legata ad essi. Tutto quello che sono riuscito a pensare io? Beato Freud che riusciva a separare le due cose. Nel mio patetico caso, anche i ricordi più felici si tramutano in incubi e fanno dannatamente male, non solo quelli ma anche i ricordi belli, perché mi ricordano come uno schiaffo in pieno volto ciò che ho perso e che non posso più riavere.

Dopo l'incidente finimmo in ospedale, io ebbi una commozione celebrale e rimasi ricoverato per cinque giorni. Non ci fu un solo giorno che passò nel quale io non chiesi le condizioni della mia ragazza. Nessuno mi diceva niente, i medici rimanevano in silenzio, mia madre piangeva ed evitava di rispondere alle mie domande, l'unico che mi spiegò la situazione fu mio padre. "-AMY è morta sul colpo, Aiden." Quelle parole, ricordo, mi scossero l'anima. Continuai ad agitare la testa e a ripetere la stessa parola per tutta la giornata, dicevo a voce bassa:"No, No!" Non poteva essere morta. A fine giornata i miei battiti cardiaci erano talmente irregolari che i dottori preoccupati si precipitarono nella mia stanza.
"-Voglio vederla!" dissi, ma ricordo l'espressione gelida di mio padre quando mi comunicò che la mattina prima avevano già fatto i funerali.
Diedi di matto, mi strappai la flebo dal braccio alzandomi di scatto riuscii ad uscire dalla mia stanza.
Non sapevo dove andare, volevo cercarla, poi in fondo al corridoio vidi il padre di Amy. Lei non era morta, perché mio padre mi aveva detto una cosa simile? "-Signor Peterson, come sta Amy?" La mia voce tremò nel pronunciare il suo nome. Il suo sguardo sprezzante e sofferente mi trafisse come una lama. "-Amy non c'è più!" Poi riprese voltando la testa. "Sono passato a prendere le ultime cose rimaste in ospedale. Amy è morta! Ed è solo colpa tua!" Gridai accasciandomi a terra, i flashback dell'incidente mi torturarono la mente, l'unica cosa che vedevo era il suo volto insanguinato. Ricordo che mi sedarono, quando mi svegliai il giorno dopo, i miei genitori mi dissero che ci saremmo trasferiti, che lo psicologo sotto il quale sarei dovuto andare in cura per superare il trauma, aveva consigliato ai miei di cambiare stato. Dalla California ci trasferimmo in Massachusetts a Boston, dove avrei iniziato la mia nuova vita. Ci trasferimmo due giorni dopo nella nuova città e mi ritrovai catapultato in quella nuova realtà, mi sentii perso. Andai per un anno intero alle sedute dallo psicologo ma mi rifiutai di parlare, mi rinchiusi in un mondo tutto mio, nel quale mi incolpavo continuamente della morte della mia ragazza e ripercorrevo mentalmente quella fatidica sera pensando a cosa avevo fatto e a ciò che avrei potuto cambiare per evitare l'incidente. Forse se non avessi sterzato così violentemente per evitare di prendere in pieno il cerbiatto, ci saremmo salvati ma la verità era che non sarei potuto tornare indietro nel tempo per saperlo, io non avevo i super poteri.

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