04. anormal

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Sfioro le piume morbide, lasciandole passare fra le mie dita, accennando ad un sorriso quando sento le perline tintinnare.

In questo momento, i sogni stanno scendendo dalle piume, sperando di entrare, anche di sfuggita, dentro la mia mente, così da portarmi un poco di sollievo.

Osservo il nome dorato, Jennifer, e mi chiedo se mai riuscirò a sognare lei, se, nella mia mente, sia davvero rimasto un ricordo che sia solo mio e non rubato da qualche fotografia o dalla memoria di qualcun altro.

Abbiamo passato solo ventisette minuti insieme, ma, in fondo, ventisette minuti sono sufficienti a far capire ad una persona quanto la sia ama.

Vorrei davvero ricordare quell'amore, lo vorrei ricordare come mio, dedicato solo a me.

Vorrei che le cose fossero più semplici.

"Christine?"

Sposto lo sguardo, notando Peter, appoggiato all'uscio della porta, che mi guarda con sguardo colpevole.

Non si è ricordato di pulirsi la faccia, ancora sporca di sangue, ma è palese che, dietro la schiena, nasconda dei fiori di campo.

"Posso entrare?"

Scuoto le spalle. "Questa è anche camera tua, ormai."

Non sembra convinto, ma entra comunque, sedendosi sul suo letto, continuando a fissarmi con i suoi occhi scuri, che, insolitamente, sembrano aver perso la solita luce.

"Questi sono per te," dice, sistemando i fiori colorati sul comodino che divide i nostri letti: una mossa strategica per farmi evitare il contatto fisico. A quanto pare, ha davvero paura di infastidirmi. "Ho controllato, non ci sono ragni."

Sorrido, sfiorando i petali bianchi delle margherite. "Sono belli, Peter: ti ringrazio."

"Mi dispiace, se ti ho spaventato, prima," controbatte lui, velocemente, quasi volesse liberarsi di un peso. "In realtà, non so nemmeno io che mi sia preso. C'era Carter che cercava di colpirmi ed io volevo semplicemente difendermi."

"Non è normale ciò che hai fatto," sottolineo, puntigliosa. "Il modo in cui ti sei mosso: sembravi quasi abituato a combattere."

Lui non sembra capire, anche se sono sicura che abbia cercato di ricordare e darsi una spiegazione, mentre raccoglieva le margherite dal mio giardino.

"Non so perché sono in grado di fare quello che hai visto, Christine: magari, semplicemente, seguivo un qualche corso a scuola."

"O magari sei davvero un serial killer psicopatico," controbatto, e lui subito si blocca, rimanendoci male.

Sorrido, divertita, lanciandogli addosso un cuscino, così da fargli capire che sto scherzando. "Sei buffo quando fai il ragazzino spaventato."

"Ragazzino spaventato?" Ripete, quasi sconcertato. "Stai forse cercando di essere la mia nuova vittima, Christine? Sai, potrebbe farmi bene allenarmi un po' in qualche scontro, anche per la memoria."

"Io penso," ribatto, scivolando sul materasso fino ad arrivare sul bordo, allungando poi una mano verso il suo viso, sfiorando con il pollice la sua guancia sporca di sangue: "che l'unica cosa che potrebbe farti bene, al momento, è darti una ripulita."

Continuo a sorridere, ma, quando noto che Peter non lo sta facendo affatto e che mi sta fissando, quasi a bocca aperta, anche io mi blocco, notando ciò che sto davvero facendo.

Tolgo la mia mano dal suo viso, così imbarazzata da non riuscire nemmeno a guardarlo.

"Penso che dovresti andare in bagno: abbiamo anche un kit del pronto soccorso," dico, mentre continuo a fissare le mie dita, nervosa.

The lost hero || spider manDove le storie prendono vita. Scoprilo ora