Puzza di bruciato

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Profumo di terra bagnata, pioggia e legna. Profumo di fuoco, di cloro, di bucato appena fatto, di metallo arrugginito e della notte che cala sulla città. Profumo di ruota di bicicletta, di mani intrecciate, di sedile della macchina e di stereo a ventitré; profumo delle pagine del libro appena comprato, della carta consumata, dei soldi e della verità, che la senti quando sta per arrivare. Profumo di fiocchi d'avena – che fanno bene alla circolazione del sangue –, sole timido e plastica sporca. Profumo di musica incastrata nelle orecchie, gesso, monete spicce. Profumo di digiuno, gelato, grafite – e inchiostro –, profumo del tessuto, che poi è solo il profumo dell'ammorbidente che usa mamma. Profumo di cravatte, di noia, di mancanza. Mi manchi.

«Vorrei iniziare l'anno nuovo in modo diverso»

«E' una tua scelta»

«Buona fortuna»

Vorrei poter dire che sto imparando, che li distinguo davvero tutti questi profumi. Ma la verità è che sembro peggiorare, invece. E mi ritrovo a riconoscere solo quello del tabacco, dell'erba appena girata, e di una camicia che è troppo ordinata. E non mi piace. Mi piaci tu.

Vorrei poter dire che tutto va bene e che sono contenta di me stessa e delle mie scelte; non posso. A volte la vita ti opprime con il peso della responsabilità, ti riempie con l'incertezza della possibilità, ti prova con il potere della scelta. Io non ho resistito e mi sono spezzata, come gli alberi sul letto di un fiume e «se non ti pieghi» diceva Emone al padre Creonte «ti sradichi». A volte la vita ti dà tra le mani potenziale distruttivo, capacità di ferire e far piangere. Ho sofferto e hai sofferto. Vorrei poter dire che sono contenta di me stessa e delle mie scelte; non posso. Il fiume mi ha travolto e le mie radici sono state strappate via dal terreno fangoso. La corrente è forte, mi porta via. Ho paura.

Riporto alla mente quello che ho imparato in America sull'incertezza, sulla mancanza, sulla tristezza. Il mio diario di viaggio recita così: John Green scrive che particolarità del dolore è che esiste per essere provato. Ha ragione. Non c'è niente che fa crescere come contemplare il proprio dolore, capirlo, distaccarsene. Direttive: inspira. Espira. Pungono i polmoni, come quando dalla vetta della montagna guardi l'orizzonte. Ma tu continua. Obiettivo: farsi investire dal dolore, far sì che ti impregni di tutto ciò che di buono e di cattivo ha da offrirti; imparare, come una spugna, a nutrirti della sofferenza e renderla calcio per le tue ossa. Il dolore, lo devi sentire sotto la tua pelle, attorcigliato ai tendini, incastrato sotto lo sterno – tanto che non riesci a respirare – , tra l'incudine e il martello, mentre pompa con il tuo cuore, scandisce il tuo tempo, lentamente ti spegne. E poi non riesci più ad accenderti. Lo devi sentire nel telefono traboccante di messaggi che avrei dovuto eliminare ma che invece continuo a rileggere, notte dopo notte; in quella canzone che si ripete sulle mie dita, sui tasti bianchi, in quel silenzio e quell'indifferenza nei tuoi occhi che può solo significare dolore forse ancora più intenso di quello che provo io. Scusa, mi dispiace.

«Ti amo.»

Ho paura. Non sono tipa da grandi parole, grandi sentimenti. Mi si gonfia il cuore, eppure riesco sempre a buttare fuori l'aria e rimetterlo al suo posto. Lui sembra perfetto per questo, sembra perfetto per mantenere la mia omeostasi; ma non sono neanche tipa da equilibri.

Tu mi butti giù, come l'uomo di Nietzsche che cerca di arrivare sull'altra torre, camminando sulla fune. Lui non mi distrae, mi lascia camminare... ma è davvero questo che voglio? Mi manchi.

Ti piace stringermi tra le braccia, la mia cassa toracica che ormai ha preso la forma delle tue mani, la mia schiena che recita i solchi imposti dalla tua presa. Le nostre costole si scontrano, la nostra pelle appiccicosa collide, la stoffa dei nostri vestiti struscia, ricordando ciò che ci separa. Le mie scelte.

Ricordando quanto, in realtà, siamo lontani.

Mi manchi.

Forse ho fatto la scelta sbagliata. E non posso fare a meno di chiedermelo mentre cerco l'odore di te anche in mezzo a venti persone, mentre la mia gola si serra quando mi ignori, mentre abbasso la testa mortificata quando mi guardi con quello sguardo che... cavolo se fa male.

Forse ho fatto la scelta sbagliata o forse sto esagerando tutto. Mi confondi, un momento lui mi sta bene, alzo le spalle e mi lascio trascinare dalla sua corrente; mi lascio toccare sul suo letto, mi lascio baciare con la schiena che struscia sulla portiera della macchina, mi lascio invitare a casa, conoscere la famiglia. Mi lascio ritagliare un posto in questo quadretto di vita perfetta che sembra prospettarmisi davanti. Forse è inerzia.

Il momento dopo vorrei fermarti, prenderti a pugni, a calci, scusarmi, piangere, baciarti. Fare di tutto pur di suscitare in te una reazione che, ormai, mi sembra impossibile. Da quando sei diventato tanto impassibile?

Mi chiedo cosa passi per la tua testa, se mi vuoi ancora, se io non abbia davvero fatto l'errore più grande della mia vita. Non che la cosa mi turberebbe, in realtà, ci convivrei. Trovare l'amore non è comunque la prima delle mie aspirazioni.

Siamo così diversi. E tu me lo ricordi costantemente, in ogni discussione che sfrutti per venirmi contro, in ogni frecciatina che indirettamente mandi, in ogni tuo ideale, in ogni tua ambizione. Nei profumi che avrei voluto imparare a riconoscere ma nulla, non ce la faccio proprio.

Profumo di stucco, cera e vernice. Profumo di pioggia estiva, di Spagna ad Aprile, di casa estranea, di legna asciutta e dell'alba che devi strizzare gli occhi per guardarla. Profumo di sterpaglia, di suola di gomma sull'asfalto, di sedile – questa volta vuoto – e di stereo a ventitré; profumo delle pagine dei quaderni consumati dall'inchiostro, della presa del telefono e della verità, che la sento che sta per arrivare. Profumo di patatine in plastica, scarpe da ginnastica e balsamo per capelli. Profumo di sgommata, del fuoco attorno a cui cantiamo, della cenere da cui rinasciamo – che poi è solo puzza di bruciato. Profumo di vita persa, di tempo che si dilata, di gambe rosse che si intrecciano.

Vorrei poter dire che sto imparando, che li distinguo davvero tutti questi profumi. Ma la verità è che sembro peggiorare, invece. E mi ritrovo a riconoscere solo quello del tabacco, dell'erba appena girata e... aspetta, forse anche quella puzza di bruciato. 

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⏰ Last updated: Jul 19, 2018 ⏰

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