14

158 40 15
                                    

Sbuffando e marciando come un soldato arrabbiato attraversavo il corridoio diretta nella mia stanza.
La porta era ancora spalancata, la luce accesa, le ante dell'armadio aperte, l'atmosfera sembrava essersi congelata a pochi minuti fa come se stessi guardando una fotografia.
Sbuffai nuovamente, presi nervosa il cambio di vestiti, controllai l'orologio e potei amaramente notare di essere in ritardo.
Non era bastata Jette a rovinarmi il buon umore, bensì ci si era dovuto mettere anche Ethan con il suo carattere scontroso ed indecifrabile.
<< Ahh non lo sopporto! >> brontolai lanciando la sua maglia sul letto con rabbia ed uscendo da quelle quattro mura.
Andai dalle bambine, le preparai come ogni mattina e le portai a mensa, dove purtroppo trovai Ethan.
Ci ignorammo spudoratamente per tutto il pasto e per l'intero tragitto verso l'asilo.
<< Finiscila di comportati come una bambina. >> disse Ethan con tono dispregiativo dopo aver lasciato i bambini in balia delle maestre.

Quella fu la prima frase che mi rivolse, che, tranquillamente poteva evitarsi.
<< Menomale che ci sei tu allora, un uomo vissuto. >> argomentai guardandolo,
<< È inutile che assumi questo comportamento immaturo, se non fosse per merito mio staresti ancora urlando come un'isterica. >> disse con il suo solito tono calmo, colorato da una punta di giudizio, peggiore della cattiveria.
<< Si, un saggio maestro di vita. Ogni volta che compi una buona azione devi farti lodare?! >> ribattei fronteggiandolo con le mani sui fianchi,
<< Non avrei dovuto dirti niente ieri sera. >> sbuffò incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa,
<< Cosa c'entra adesso questo?! >> domandai con un tono della voce forse troppo alto,
<< Ti sei fatta prendere subito dal panico pensando al peggio, invece di trovare una soluzione. Se ieri non ti avessi parlato della storia di Jette questa mattina non avresti reagito in quel modo! Pensavo fossi diversa, credevo di poter contare su di te ma evidentemente mi sbagliavo... >>
Quelle parole mi ferirono, mi fecero sentire piccola e inaffidabile.
<< Perché al contrario tuo sono umana! Provo dei sentimenti, invece di quella freddezza con la quale gestisci la tua vita e tutto ciò che ti circonda! Quindi sì, probabilmente hai sbagliato a giudicarmi, strano per uno come te che non fa mai errori eh. >> gridai senza più rabbia nella mia voce, ma solo tristezza.
<< Non puoi dire che non ho sentimenti! >> urlò Ethan.
La voce bassa e graffiata dalla rabbia e forse dal dolore, gli occhi attraversati da fulmini e lampi, la mascella contratta e le braccia distese lungo i fianchi, con le mani ingabbiate in due pugni.
<< Sei stato tu stesso a dirlo. >> ribattei,
<< Saper controllare la situazione e gestire i problemi non significa essere insensibile. >> affermò arrabbiato,
<< Tu mascheri le tue emozioni! Non mostri mai i tuoi veri pensieri è come se costantemente cercassi di essere evasivo ed indecifrabile! >> urlai a mia volta,
<< Ma questo non significa che io non abbia sentimenti! >>
<< Ascolta quando parlo! Io non ho detto che tu non hai sentimenti ma che sei sempre freddo! Tra noi due, l'unico che insulta sempre sei tu. >> replicai guardandolo fisso negli occhi,
<< Quando ti avrei insultata sentiamo. >> domandò Ethan,
<< Anche adesso. >> ribattei, e notando la sua espressione confusa continuai spiegandomi meglio per farlo capire,
<< Mi hai appena detto che sono una persona immatura, che sono irresponsabile ed inaffidabile, mentre lo sai che non è affatto vero! >>
<< Ero arrabbiato, ho parlato senza pensare. Ho sbagliato va bene? >> disse avanzando, ed io di riflesso indietreggia, come se la sua vicinanza mi desse fastidio, e lui se ne accorse,
<< Certo, va bene. >> gli dissi terminando il discorso.
Mi voltai per andarmene,
<< Megan! Pensi di risolvere qualcosa andandotene?! >> urlò alle mie spalle,
<< Non ho altro da dirti. >> risposi senza girarmi e continuai a percorrere il marciapiede asfaltato senza una meta precisa.

Camminai per un po'. La rabbia ed il nervosismo passarono, ma molto lentamente. Le scuse di Ethan non cambiavano, né tantomeno potevano cancellare le parole che aveva detto, ma soprattutto che aveva pensato.
Quando raggiunsi il collegio tutto lo stress della mattinata aveva lasciato completamente la mia mente.
Passai un attimo in camera e poi mi diressi a pranzo.
Jeanette stava lavorando, quindi le avrei potuto parlare solamente nel pomeriggio.

HappensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora