שש עשרה

777 56 4
                                    

La pesca era morbida e soda, e quando riuscii a dividerla in due notai che l'interno arrossato mi ricordava non solo un ano, ma anche una vagina, così, tenendo una metà in ogni mano premuta contro il mio uccello, cominciai a strofinare, pensando a tutti e nessuno, compresa la povera pesca, che non aveva idea di ciò che le stavano facendo, doveva solo stare al gioco e probabilmente alla fine anche a lei sarebbe piaciuto.
[...]
Sentii che mi sarei potuto fermare oppure, con un altro colpo, sarei venuto, e così feci, con attenzione, indirizzando lo schizzo verso il cuore rosso della pesca aperta, come in un rito di inseminazione.
Che follia. Mi sdraiai, tenendo il frutto con entrambe le mani, per fortuna non avevo macchiato le lenzuola né di succo né di sperma. La pesca ammaccata e ferita, come la vittima di uno stupro, giaceva su un fianco sulla mia scrivania, vergognosa, fedele, dolorante e confusa, cercando di non versare ciò che le avevo lasciato dentro.
[...]
«Sono malato, vero?»
«No, non sei malato... magari fossero tutti malati come te. La vuoi vedere una cosa da veri malati?»
Che cosa aveva in mente? Esitai a rispondere sì.
[...]
Intinse un dito nel cuore della pesca e se lo portò alla bocca.
«No ti prego.» Era più di quanto potessi sopportare.
«Se fosse roba mia, non potrei mai. Ma questo è tuo. Spiegami perché non vuoi.»
«Mi sento malissimo all'idea.»
[...]
E invece di trattenermi, come prima con l'orgasmo, mi lasciai andare, anche solo per mostrargli un aspetto di me ugualmente intimo. Mi avvicinai e soffocai i singhiozzi sulla sua spalla.

Call me by your name Where stories live. Discover now