Un amore non corrisposto

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Mi innamorai all'improvviso. Dal nulla, anzi, forse da quando lui entrò nella mia classe per concludere una sua verifica.
Ricordo perfettamente quel giorno: era seduto lì, con la schiena inarcata verso il banco. Sguardo serio, concentrato sul foglio bianco, i capelli neri raccolti in un buffo codino, la barba incolta... Gli scattai una foto di nascosto. Era di una bellezza disarmante.
Ma il mio amore nei suoi confronti non nacque così: Partì tutto da una ragazza, con la quale feci amicizia nel coro che frequentavo lo stesso anno.
Ci conoscemmo così:
"Che scuola fai?" Mi chiese lei.
"Frequento il liceo classico". Risposi.
"Il classico? Davvero?! Allora conosci per forza *nome del ragazzo*, è il migliore amico di mio fratello!". Chiese lei sorpresa.
"No, non so chi sia. Hai una foto?". Le risposi io.
"Certo! Eccola". E mi mostrò dal suo cellulare il profilo Instagram del ragazzo;
"Niente male". Pensai. Capelli scuri, occhi rotondi, intensi, un viso squadrato, pronunciato da ossa grosse e sporgenti, e ricoperto da uno strato di barba corta e spessa.
Da quel momento cominciai a notarlo a scuola: era un ragazzo molto serio, dotato di parecchio carisma, dallo sguardo profondo e seducente, disegnato forse dalle sopracciglia folte, nere, e spesso aggrottate.
Si vestiva molto bene, era una persona molto curata: durante il periodo invernale indossava sempre camicie coperte da maglioni e gilet di lana scuri, sul nero e sul marrone, pantaloni classici e scarpe lucide, e quei capelli neri tirati all'indietro, ricoperti da uno strato di gel, gli donavano maggiore eleganza.
Ricordo che un giorno si presentò a scuola persino con un farfallino azzurro a righe bianche e nere, mi pare, attaccato al colletto di una camicia bianca. Era un sabato.
E più i giorni passavano, più mi innamoravo di lui. Trascorrevo intere ricreazioni a cercarlo nei corridoi della scuola, per rubargli uno sguardo, attenzione.
Cercavo di comunicargli con gli occhi e col corpo ciò che realmente provavo per lui e che lo desideravo, e certe volte mi vergognavo anche a guardarlo, per la paura di espormi troppo. E quando provavo a sorridergli sembrava che mi guardasse ancora più stranito di quanto non facesse quando lo osservavo e basta.
Passavo intere nottate ad immaginarmi tra le sue braccia, mentre venivo accarezzata dalle sue mani nodose e baciata dalle sue labbra lisce e carnose.
Immaginavo i nostri corpi caldi mentre si amavano, mentre si contorcevano tra le curve di un amore impossibile, non corrisposto; il mio. E l'incanto si spegneva in un istante, tornavo alla realtà, poiché lui non mi amava.
Ma un giorno, finalmente, successe che ci conoscemmo, ma devo veramente tutto all'amica del coro: è lei che mi presentò a lui.
Così ogni giorno a scuola finimmo per salutarci, sorriderci; qualche volta ci fermavamo a parlare insieme, baciandoci entrambe le guance: erano baci fugaci, veloci, che cercavo di gustare e godere al meglio per poi cercare di ricordarli quando le sue labbra non sfioravano più la mia pelle liscia e morbida. Ma invano, è come se avessi avuto bisogno di essi ogni istante della giornata, e mi mancavano da togliere il fiato. Scherzavamo, ridevamo, parlavamo...
Ma tutto finisce prima o poi: lui frequentava l'ultimo anno di liceo, per cui l'anno seguente sarei stata costretta a non vederlo più a scuola, e ciò mi dispiacque veramente tanto, troppo.
Ho pianto parecchie volte per lui, soprattutto in giorni in cui la sua mancanza era veramente troppo forte da sopportare; era quasi schiacciante. Lo desideravo veramente tanto, lo anelavo, in me bruciava un ardore selvaggio. Sapevo di desiderare lui, desideravo realmente una persona che mi amasse, ne avevo bisogno, un bisogno che veniva sempre mozzato dalla presenza di altre ragazze.
Eppure niente di quello che feci bastò per fargli comprendere i sentimenti che portavo in grembo per lui, come fiamme di un fuoco spavaldo, incontrollabile: un amore senza fine, un amore bizzarro, cresciuto solo da un piccolo sguardo regalato, un leggero sorriso appena fiorito nel bordo delle sue labbra, che si spense nel momento in cui addentò quel pezzo di pizza caldo, appena comprato al bar della scuola.

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