3. Inquietante.

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Nathan Moore è un uomo estremamente silenzioso ed elegante.
I suoi passi non si sentono nemmeno sul pavimento ed io continuo a pensare che questa è un'ottima dote per un killer.
Deglutisco e indico la piccola cucina, «Si accomodi», mi sforzo di fare un sorriso e abbandono la borsa sul divano.

Il moro perlustra la stanza con i suoi occhi blu, quindi il suo sguardo si posa sui mobili azzurri, sul frigo rosa ricoperto da foto e post-it e poi prende posto su una sedia, schiarendosi la voce.
Indossa un completo elegante scuro e la mia gola si secca quando si toglie la giacca e lascia intravedere le sue braccia muscolose fasciate da una camicia bianca.
Sta messo bene.
Molto, molto bene.

Sento le guance andare a fuoco ed il mio stomaco continua a contorcersi.
Per non parlare del mio cuore che sembra volere uscire dal petto...
Mi mette ansia.
Mi fa sentire la stessa agitazione che provavo al liceo prima di essere interrogata dalla professoressa Smith, la più acida e stronza insegnante dell'istituto.

Osservo la sua mano fasciata da una garza e mi avvicino al frigo per vedere se è rimasto qualche dolce da offrirgli.
«Cosa ha fatto alla mano, signor Moore? Era intera questo pomeriggio», fisso i cupcakes che ho preparato ieri sera e mi concedo un sospiro si sollievo nel notare che mio padre non li ha mangiati tutti.
Almeno ho qualcosa da offrire.
Questo tipo sembra un principe e stona un po' all'interno della mia piccola casa.
Per non parlare del fatto che è alto quanto la porta e si è dovuto abbassare per entrare nella stanza.

Sistemo i dolcetti su un vassoio e li poggio sul tavolo mentre aspetto una sua risposta.
«Mi sono tagliato», dice, «Mentre infilavo la mano nella sua borsa. Non mi aspettavo di trovare cocci di vetro e marmellata. Direi che è un metodo antifurto alternativo», i suoi occhi blu brillano e trattengo una smorfia.
Che imbarazzo.

«Oh, ehm, mi scusi», farfuglio e mi giro per recuperare la teiera, in modo da non fargli notare la vergogna sul mio volto, «Avevo i barattoli nella borsa e con la caduta si sono distrutti»
«Sono stato io a mettere le mani dove non dovevo, non deve scusarsi»
«Okay», forse non è antipatico e pauroso come sembra.
Forse è un uomo gentile.

«Dovrebbe scusarsi per tutto il resto, piuttosto», continua e mi rimangio tutto quello che ho pensato, «Non ha fatto altro che urlare, distruggere oggetti e terrorizzare due bambine»
«Io avrei terrorizzato loro?», indico il mio viso con un dito e mi scappa una risata nervosa, «Sono state loro ad urlare come due piccole bimbe indemo-», mi fulmina con lo sguardo e smetto di parlare.

Mi concedo un respiro profondo e verso dell'acqua all'interno della teiera, «Non volevo spaventarle», borbotto in fine.
«Per non parlare delle povere anziane che avete incontrato in giardino. Com'era la frase?», arriccia le labbra e corruga la fronte, «Ah, ecco: fuggite, sciocche. Ricordo bene?».
Sotterratemi.
«Non sono stata io a pronunciare quelle parole», mi difendo e metto la teiera sul fuoco, quindi mi giro a guardarlo e mi inchioda con il suo sguardo magnetico.

«Non m'importa sapere chi è stato a pronunciare cosa», sbraita, la sua mascella squadrata si irrigidisce immediatamente, «Ma sappiate che quelle povere donne sono scappate sul serio»
«Hanno fatto bene», lo dico di getto e mordo la mia lingua immediatamente.
Nathan assottiglia gli occhi, un sorriso inquietante aleggia sulle sue labbra rosse, «Come, scusi?».

Le mie gambe tremano e sono costretta a prendere posto su una sedia, quindi picchietto le dita contro la superficie del tavolo e cerco di apparire rilassata, «Con tutto il rispetto, signor Moore, ma la sua casa è un po'... Inquietante»
«Inquietante», ripete.
«Sì, credo sia il termine adatto», sospiro e poi torno al mio discorso, «Ad ogni modo, chi non è abituato ad un ambiente del genere può tendere ad esserne un po' terrorizzato. Tutto quel buio e quei candelabri», rabbrividisco al pensiero e la situazione peggiora quando mi accorgo dell'espressione seria di Nathan.

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